MIGRANTI, MELONI MEDIA MA DA EST RESTA IL VETO RINVIO DEL MES E PNRR: LE TENSIONI SUI DOSSIER
Il Consiglio Ue si conclude senza l’unanimità sui ricollocamenti La premier non convince Polonia e Ungheria: «Li comprendo» Salva-Stati, ratifica “congelata” 4 mesi. Terza rata: sprint finale
1 La questione dei migranti, il rinvio sul Mes, i fondi del Pnrr. Il Consiglio europeo si intreccia con i dossier italiani.
Partiamo dai migranti. Dopo l’entusiasmo di giovedì, con le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni e la promessa di nuovi fondi (12 miliardi) della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, la trattativa sui ricollocamenti si è scontrata, ancora una volta, con il veto di due Paesi a guida sovranista: l’Ungheria di Orban e la Polonia di Morawiecki. Una critica già espressa l’8 giugno, quando i ministri dell’Interno dell’Ue – in Lussemburgo – avevano gettato le basi (con il sì a maggioranza qualificata e alcuni distinguo) all’intesa che dovrà essere approvata dal Parlamento europeo. In cosa consiste? Rivede e semplifica le procedure d’asilo (e i migranti potranno essere rimpatriati anche nelle nazioni di transito). Prevede il ricollocamento di 30 mila migranti tra gli Stati (cifra destinata a crescere), in base al Pil e agli abitanti. Fissa un meccanismo di solidarietà, a favore dei Paesi di primo approdo (quelli più esposti nel Mediterraneo, Italia in primis). In sostanza, prevede il ricollocamento negli altri Paesi dei migranti in arrivo: o accogli, o paghi 20 mila euro per ogni persona che non accetti. Regole che Ungheria e Polonia avevano contestato già tre settimane fa, tornando a criticarle ieri. «Il presidente francese Macron ha dovuto lasciare il vertice per affrontare i disordini, le auto in fiamme, le vetrine rotte: non sono immagini che vorremmo vedere in Polonia», ha detto Morawiecki, alludendo alle banlieu.
2 A nulla è servita la mediazione di Giorgia Meloni.
Tre leader sovranisti, ma con interessi diversi, perché l’Italia è più esposta, nel cuore del Mediterraneo. La foto della numero uno di Fratelli d’Italia, a colloquio con Orban e Morawiecki, è l’immagine simbolo di ieri. Proprio Meloni, alleata nel Parlamento europeo dei partiti che governano Ungheria e Polonia, ha tentato la difficile trattativa, senza convincerli. Meloni, però, non ha criticato l’intransigenza di Budapest e Varsavia. «Non sono mai delusa da chi difende i propri interessi nazionali», ha detto la premier, prima di aggiungere: «Le loro posizioni, che non sono peregrine, non riguardano le mie priorità, che si concentrano sulla dimensione esterna. Il Patto (quello dell’8 giugno, ndr) non ne esce ammaccato perché quello non era in discussione al Consiglio, non viene riaperto». Anche il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, spiega che il veto da Est non intacca il cammino dell’intesa siglata. «Abbiamo fatto molti progressi. Fino a qualche anno fa era tutto bloccato, oggi il sostegno al testo dell’intesa è stato espresso da 25 Paesi su 27», ha sottolineato Michel.
3 Nessun passo indietro, in ogni caso.
L’accordo unanime sui ricollocamenti non c’è e non finisce nelle conclusioni finali del Consiglio europeo, ma questo non dovrebbe inficiare il cammino avviato l’8 giugno in Lussemburgo. «Ci sono 25 Paesi pronti a sostenere il Patto sulla migrazione, come è stato deciso democraticamente», ha sottolineato ancora Michel. Dall’altra parte restano Polonia e Ungheria, «in dissenso per due ragioni principali: sono contrari alla sostanza del Patto sulla migrazione e disapprovano l’utilizzo della maggioranza qualificata, come previsto dai trattati», ha detto sempre Michel. Nulla quindi è compromesso, dopo ieri. «Dobbiamo mantenere la calma, continuare a fare passi avanti per mettere in atto il Patto sulle migrazioni», ha aggiunto Michel in conferenza stampa. Intesa unanime, invece, sull’aiuto economico alla Tunisia, per evitare che la crisi riversi migliaia di disperati verso l’Europa.
4 Poi ci sono i dossier interni: sul Mes si temporeggia.
Il centrodestra chiede il rinvio di 4 mesi del dibattito sulla possibile ratifica del Meccanismo europeo di stabilità, il fondo per i prestiti ai Paesi dell’Eurozona che si trovassero in difficoltà finanziarie. Ieri mattina alla Camera è iniziata la discussione generale sulla proposta di legge dalle opposizioni sulla ratifica dell’accordo sul Mes. Solo l’Italia, tra tutti i Paesi dell’Ue, non lo ha ancora ratificato, passaggio necessario perché il Meccanismo sia fruibile per tutti gli Stati membri. La seduta di ieri ha fatto molto discutere per la scarsissima partecipazione: solo una ventina di deputati in Aula. I gruppi di maggioranza hanno presentato la sospensiva per non procedere all’esame per 4 mesi, meno dei 12 prospettati in passato. Se ne riparlerà in autunno, dunque. «Abbiamo sottolineato più volte che la ratifica del Mes
non è una prerogativa urgente del Paese», ha ribadito il capogruppo di FI alla Camera, Paolo Barelli. E il vicepremier Matteo Salvini ha confermato la linea della premier Meloni: «Il Mes non è un argomento di attualità, in questo momento non ci serve. E io penso non ci serva neanche in futuro, onestamente», ha detto il leghista a Rai Radio1. Dall’opposizione, una pioggia di critiche. «Mai visto una maggioranza disertare un’Aula e lasciare l’opposizione da sola a votare sull’importante ratifica di un trattato», ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein. «Con tutta l’Europa che attende, cercano di prendere tempo. Arroganti e aggressivi in Parlamento, in Europa Meloni è in preda al panico e non risponde», l’accusa del leader del M5S Giuseppe Conte. «Teatrino inutile, l’Italia perde faccia e credibilità» accusa Matteo Richetti, capogruppo di Azione-Iv alla Camera. Da Bruxelles, Meloni risponde: «Per il Mes, il tema qui non mi viene posto. Per cui, evidentemente, non si dà la stessa attenzione rispetto al dibattito italiano».
5 Infine il Pnrr: ieri abbiamo superato la scadenza per ottenere la terza rata.
È un altro dossier delicatissimo. Stando alle dichiarazioni della premier Meloni, da Bruxelles, l’Italia non dovrebbe correre il rischio di perdere la nuova fetta di aiuti, i 19 miliardi che l’Unione europea mette a disposizione del nostro Paese. «La situazione della terza rata del Pnrr non si sta aggravando. Continuiamo a lavorare, così come avete visto dalla comunicazione della Commissione Ue. Stiamo lavorando bene sulla terza rata e anche sulla quarta rata. È un lavoro lungo...», ha aggiunto Meloni, smentendo alcune ricostruzioni giornalistiche che raccontano di un flop italiano nella trattativa. E Palazzo Chigi smentisce che l’Italia abbia rifiutato un pagamento parziale della terza rata. Intanto, la Commissione parla di «scambi costruttivi» ma aggiunge che la conclusione non è ancora raggiunta. Terza rata erogata o no? Il tempo stringe, la risposta si avrà a breve. Infine, buone notizie dall’economia: inflazione in calo nell’Eurozona, e tasso di disoccupazione al 7,6%, dal 7,8% di aprile, il più basso da maggio 2009.