IL FUTURO DELLA JUVE PASSERÀ DALL’INTESA TRA ALLEGRI E GIUNTOLI
Il rischio che i direttori sportivi possano finire presto nel ripostiglio dei mestieri estinti, accanto a spazzacamini e accenditori di lampioni, esiste eccome. In qualche modo, la sorte toccata a Paolo Maldini e Ricky Massara nel Milan di RedBird ha anticipato i tempi. C’era una volta la saga degli Allodi, Moggi, Braida, Marotta... profondi conoscitori del gioco, in genere ex calciatori, che ricevevano dai proprietari un tesoro da investire e, insieme all’allenatore, si preoccupavano di progettare la squadra. Ora la fase di costruzione rischia di spostarsi molto più a monte. Il fondo d’investimento, che decide di rilevare la proprietà di un club, si presenta con un suo progetto tecnico, con un suo team di esperti, più o meno dotato di algoritmi, che individua i giocatori da acquistare. Al nuovo d.s., degradato dall’antico fascino carismatico di mammasantissima del mercato con pieni poteri e outfit abbagliante, resterà solo il compito di fare la spesa per conto terzi. Questo in un futuro prossimo, già cominciato. Intanto però l’ultimo scudetto, quello del Napoli, è nato sull’antica direttrice direttore sportivo-allenatore.
Nella solidissima intesa tra Cristiano Giuntoli e Luciano Spalletti, nell’empatia tecnica e umana tra i due toscani, è rinchiuso il senso più profondo di un trionfo clamoroso. In sede di bilancio, Giuntoli ha sperperato incenso sul mister: «Spalletti ha fatto un lavoro straordinario. Si è messo con la testa dentro il carrarmato. Voleva a tutti i costi questo risultato. Ha toccato il massimo tra la bellezza e la semplicità. Non l’ha trovato per caso, l’ha cercato. Grazie, Luciano». Spalletti ha ricambiato con altrettanto miele: «Quando si mette mano pesantemente a una squadra, occorre sostituire giocatori forti con altri altrettanto forti. Magari sono sconosciuti, ma ci si informa, ci sono i video, oggi ormai si arriva dappertutto. I meriti principali sono di Giuntoli, che ha grande qualità in queste operazioni». Della serie: «Merito tuo», «No, tuo». Alla recente festa nella sua Montalone, Giuntoli, ormai distante dal Napoli, era presente. Spalletti e Giuntoli hanno scommesso insieme sugli “sconosciuti” Kim e Kvara; hanno condiviso operazioni non banali come quelle di Raspadori e Simeone; Cristiano ha lottato per abbattere le resistenze a un acquisto oneroso come quello di Osimhen, Luciano lo ha trasformato in un diamante puro; hanno collaborato, tirando un po’ per uno, nella gestione di un presidente dal carattere non facile da maneggiare. Da tutto questo è nato il terzo, storico, scudetto del Napoli. Ora Giuntoli dovrà lavorare con un altro allenatore toscano, Max Allegri, che, nel corso dell’ultima stagione, ha sfilacciato il rapporto con Spalletti. Dalla ricorsa di Luciano per stringere la mano a Max, dopo il sonoro 5-1 del San Paolo; alla battuta acida di Allegri, sconfitto anche al ritorno: «Finalmente avete vinto uno scudetto...». Da vedere, poi, se pesano più 5 scudetti, arrivati dopo 3 di fila, o uno atteso per 33 anni. Non ci sono dubbi invece su un altro punto: il futuro della nuova Juve si giocherà sull’intesa Giuntoli-Allegri, sulla capacità di entrambi di ricostruire quella empatia tecnica e umana che ha fatto grande il Napoli. La Signora viene da un lungo Medioevo gestionale, oscuro e confuso: prima si punta sul giocatore (CR7), poi sul gioco (Sarri); dal mister d’esperienza (Sarri) a quello debuttante (Pirlo), al cavallo di ritorno (Allegri); la faida ParaticiMarotta, le inchieste giudiziarie... Bufera
L’empatia tra il d.s. e Spalletti alla base dello scudetto. A Torino, altra coppia di toscani. Luciano ci mise il gioco, ora tocca a Max
continua in cantiere, impossibile costruire una nuova Juve credibile. Ora ci prova Giuntoli, con le stesse urgenze di Napoli: contenere le spese, individuare giovani e profili alternativi. Cristiano e Max dovranno essere bravi a condividere le stesse scommesse e a decidere dove puntare il
grosso della spesa. Allegri, come dice Giuntoli, dovrà «mettersi con la testa nel carrarmato», ritrovare il carisma e il tocco magico dopo due tristi stagioni a zero tituli. E, soprattutto, dovrà trovare «il massimo tra bellezza e semplicità», cioè la forza e la poesia di un gioco vincente che è stato il vero segreto di Spalletti. Per quanto sia bravo Giuntoli, il gioco non si compra al mercato.