La Gazzetta dello Sport

S ALCARAZ NUOVA ERA DOMA DJOKOVIC SBANCA WIMBLEDON E RESTA NUMERO 1

Nole inizia forte, Carlos rimonta ma si va al quinto set e il 20enne spagnolo non trema davanti al Re di Spagna «Spero venga ancora, porta fortuna...»

- di Riccardo Crivelli INVIATO A LONDRA

plendore nell’erba. Wimbledon e il tennis hanno un nuovo re, Carlos di Spagna. In tribuna ci sono le vere teste coronate, il sovrano del suo paese, Felipe, e il principe di Galles William (con i figli George e Charlotte e la consorte Kate, patrona del circolo) che un giorno regnerà anche su Wimbledon, ma in un pomeriggio che profuma di rivoluzion­e il prato più famoso e più agognato del mondo si inchina deferente a un solo eroe, il prodigioso Alcaraz da Murcia, il ragazzo di vent’anni che in 4 ore e 42 minuti di una battaglia aspra, palpitante e spettacola­re batte Sua Maestà Djokovic, sette volte campione a Church Road, riscrive la storia e raccoglie con il sorriso l’eredità di una genia di titani che pareva insuperabi­le e irraggiung­ibile, quella dei Fab Three: le sue spalle larghe, nonostante la giovane età, ma soprattutt­o il suo talento e la sua enorme forza mentale garantisco­no di un approdo in mani sicure, fino a spingere i pronostici verso il sogno dell’immortalit­à: signori, ieri nel giardino del tempio è sbocciato il dominatore del prossimo decennio.

L’abisso e il paradiso Non è il numero uno del ranking conservato, seppur importante, a parlare, perché il duello con Novak proseguirà per tutta la stagione e magari nella corsa finirà per inserirsi pure il redivivo Medvedev, bensì il modo con cui Carlitos si annette il secondo Slam in carriera (su due finali...) in quello che era appena il suo quarto torneo in carriera sull’erba e diventa paladino del tanto atteso ricambio generazion­ale che sotto i suoi colpi sembra destinato a diventare irreversib­ile. Perché i primi 34 minuti di partita, quanto dura il primo set, si snodano come il peggiore degli incubi: Djokovic è padrone della scena, senza fatica va subito avanti 4-0, mentre il giovane pretendent­e al trono, spaesato, non tiene in campo un colpo ed è stritolato dalla tensione. Ci risiamo, riecco il film di Parigi, quando Carletto si arrese ai crampi e alla pressione di una sfida così gigantesca. Ma i fenomeni imparano in fretta la lezione, Alcaraz aggiusta il braccio e pure la testa, torna al centro del villaggio, comincia a spingere, a cercare le righe, a tenere il ritmo del Djoker e anzi ad accelerarl­o, anche se spreca subito il break iniziale: «Dopo il primo set mi sono detto che dovevo salire di livello altrimenti sarebbero stati tutti delusi». A ogni modo, sarà il tie-break a decidere il secondo set, e con un minibreak di vantaggio, sul 3-2, Nole gioca una smorzata senza logica. È il segnale: lo spagnolo gli è entrato nella testa, la sua capacità di difendere ogni centimetro di campo, la sua progressio­ne costante da fondo hanno richiesto allo stratega più raffinato della storia di trovare soluzioni che non gli appartengo­no. Insomma, Novak superato sul suo terreno prediletto. E c’è un altro snodo cruciale, il quinto game del terzo set: Carlos è già avanti di un break, potrebbe concentrar­si sui suoi turni di servizio e invece gioca come se non ci fosse un domani, 26 minuti e 32 punti per ottenere il secondo break e gridare in faccia al signore dei 23 Slam che non si cede di un passo. Il Djoker si concederà sei minuti di toilet break all’inizio del quarto set per raggruppar­e le idee, la pausa lo ristora, il servizio e la risposta ritrovata nonché il calo del ragazzo lo rimettono in piedi, ma la volée sconclusio­nata di dritto con cui non sfrutta la palla break per il 2-0 nel quinto è la crepa in cui si infila quel satanasso di Alcaraz: break del 2-1 e poi, quando va a servire per il match e il primo passo verso la leggenda, infila un pallonetto imprendibi­le e una volée in allungo da spellarsi le mani: «Non ha tremato - riconosce ammirato il rivale sconfitto — e ha giocato un paio di colpi straordina­ri: ha meritato di vincere».

Sorriso regale Il passaggio di consegne al figlio di Carlos senior, il papà che non riuscì a diventare campione e gli mise in mano la racchetta a tre anni, sperando che il piccolo gli desse le soddisfazi­oni che lui non aveva raccolto. E adesso saltella felice insieme alla moglie Virginia, mentre Carlitos si stende sull’erba e, incredulo, lancia quelk «Vamos» che è diventato l’ormai tradiziona­le urlo di battaglia. Fino alla simpatica gag con re Felipe VI, raggiante in tribuna: «È speciale giocare davanti ai Reali, sono davvero orgoglioso che il mio Re sia qui per fare il tifo per me. Spero venga più spesso, perché ho vinto due volte su due con lui». La sensazione è che Sua Maestà potrà avere l’agenda piena almeno per i prossimi dieci anni.

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Felipe VI di Spagna in tribuna a tifare per Carlos Alcaraz che lo ha ringraziat­o
Il re tifoso Felipe VI di Spagna in tribuna a tifare per Carlos Alcaraz che lo ha ringraziat­o
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