Roger, Rafa e Nole finalmente hanno trovato il vero erede
Gioco completo, fisico eccezionale: a soli 20 anni Alcaraz può già puntare ai record dei più grandi
Qualcuno ha sostenuto che il tennis sopravvive sempre ai suoi campioni. C’è riuscito dopo Borg e McEnroe, dopo Lendl e Wilander, dopo Sampras e Agassi. Ma poi sono arrivati Federer, Nadal e Djokovic, e il mondo non è stato più lo stesso. Si pensava che la generazione dorata dei Fab Three avesse portato il loro sport in una dimensione semplicemente soprannaturale, irraggiungibile e irripetibile. Da ieri pomeriggio, però, abbiamo la consapevolezza che la loro eredità non cadrà nel vuoto, come si poteva forse immaginare per il livello che hanno saputo esprimere in questi meravigliosi vent’anni: Carlos Alcaraz, il nuovo campione di Wimbledon, sembra possedere la stoffa del fenomeno in grado non solo di segnare un’epoca, ma addirittura di avvicinare i risultati di Roger, Rafa e Nole.
Le qualità Basterebbe limitarsi al rendimento tenuto dallo spagnolo negli ultimi tre Slam (in Australia non ha giocato per infortunio) per supportare il pronostico: vittoria agli Us Open, semifinale al Roland Garros, dove stava facendo partita pari con Djokovic prima dei crampi, e vittoria a Wimbledon. A vent’anni appena compiuti. Un prodigio di tecnica e mentalità che rischia di scavare un solco profondissimo con il resto degli avversari per il prossimo decennio: al momento, se c’è qualcuno in grado di porsi come obiettivo la doppia cifra negli Slam, magari con il due davanti come i tre titani, non può che essere lo spagnolo. Che avesse doti speciali si era intuito fin dalle sue prime apparizioni, ma che in così breve tempo potesse già aspirare all’empireo del tennis non era forse prevedibile. Ci è riuscito perché sostanzialmente non ha difetti: è un giocatore dal bagaglio tecnico completo, fortissimo in tutti i fondamentali (è cresciuto molto anche in risposta), che tuttavia conosce tagli e variazioni di ritmo che lo rendono imprevedibile e gli forniscono più soluzioni nei momenti decisivi della partita, oltre a frequentare con profitto la rete. I suoi movimenti in campo, poi, sono straordinari e il suo fisico unisce potenza ed elasticità. Ma ciò che ha più sorpreso è stata la sua capacità di adattamento a ogni superficie, che ormai lo rende il punto di riferimento non solo sulla terra e sul cemento, com’era prevedibile, ma pure sull’erba. Dunque, non esiste più uno Slam nel quale farà più fatica ad interpretare il tappeto su cui si gioca.
Il futuro Insomma, dal successo di Wimbledon arrivano segnali inquietanti per la concorrenza. Chissà se i Rune e i Sinner, per rimanere a quelli della sua generazione, potranno elevare ancor di più il loro livello per costruire rivalità solidissime, oppure se i Medvedev e gli Tsitsipas avranno la forza di non farsi travolgere dal ciclone che arriva da Murcia: intanto Alcaraz si sta costruendo una corazza di imbattibilità, nei grandi appuntamenti, che spaventa. Chi e cosa potrà fermarlo? L’incognita più grande è rappresentata dagli infortuni, che in qualche occasione gli hanno già chiesto il conto. D’altronde, in questo anno e mezzo, ha dovuto spingere molto, in campo e in allenamento, per costruirsi una solida piattaforma da cui elevarsi verso la cima del mondo. Il suo è un gioco molto dispendioso, sempre teso alla ricerca della massima velocità di esecuzione, e dunque per il futuro sarà fondamentale preservarne i preziosi muscoli per garantirne l’incolumità. Insomma, malgrado la giovanissima età, Alcaraz deve fare già adesso quello che Federer, Nadal e Djokovic hanno attuato per anni: scegliere gli obiettivi massimi, cioè gli Slam e i Masters 1000, e poi contornarli con qualche torneo di preparazione. Se Nole ha detto che i 36 anni sono i nuovi 26, per Carlos dovrà valere il ragionamento contrario: i 20 saranno i nuovi 30. Sotto il profilo del gioco, poi, mi aspetto un’evoluzione, un po’ come accadde per Nadal: l’esperienza e la maturità gli insegneranno a modulare gli sforzi, a non tirare sempre a tutto braccio, a cercare la soluzione più semplice e non quella che strappa gli applausi del pubblico ma complica lo scambio. Insomma, siamo di fronte a un fenomeno che ha ancora margini di miglioramento. Ecco perché l’eredità dei Fab Three non è mai stata così in buone mani.