Gustiamoci quest’Italia di grandi ristoranti e di giocatori stellati
La Guida Michelin 2024, appena presentata, è stata generosa con l’Italia che vanta ben 13 ristoranti a Tre Stelle, dopo la promozione degli chef Norbert Niederkofler (Brunico) e Fabrizio Mellino (Nerano, Costiera Amalfitana). Un ulteriore riconoscimento all’eccellenza della nostra cucina. Proveremo lo stesso orgoglio, se (tocchiamo ferro) e quando ci confronteremo calcisticamente con il resto d’Europa a Germania 2024? Proviamo a considerare le nostre portate, alla luce dell’ultima esibizione contro la Macedonia del Nord.
Tre Stelle ne abbiamo? Certo, almeno quattro. Gigio Donnarumma è stato intossicato all’Olimpico da una polpetta avvelenata di Acerbi, ma il miglior giocatore di Euro ’21 resta una garanzia assoluta, anche perché è cresciuto nelle difficoltà: prima l’estenuante ballottaggio con Navas al Psg, poi gli errori decisivi in Champions, infine la contestazione dei tifosi del Milan. Ha superato tutto corazzando la propria personalità e guadagnando agli occhi di Mbappé e dei compagni, ma anche di Spalletti, una stima superiore. La fascia al braccio è anche un premio a questa maturazione. Non invidiamo i pali degli altri. E neanche i terzini sinistri. Federico Dimarco vale i due che hanno appena ricevuto la Terza Stella, quella dell’eccellenza. Il ragazzo di Porta Romana non è più solo corsa selvaggia e tuono mancino. Ha raggiunto una continuità di rendimento e, soprattutto, una maturità tattica che ha confermato venerdì, giocando da centrocampista, anche all’interno del campo. Non soffre minimamente il passaggio dalla difesa a 3 a quella a 4. La stagione sta dimostrando che non c’è più luce tra lo stellato Theo Hernandez, vicecampione del mondo, e l’interista. Anzi… Nicolò Barella, la Terza Stella, l’aveva già guadagnata: protagonista nel trionfo europeo degli Azzurri e nel secondo posto in Champions della sua Inter, unico italiano tra i primi 30 eleggibili al Pallone d’oro. Non ha ricevuto voti, ma la sensazione forte è che al prossimo giro potrebbe riceverne, perché la sua crescita tecnica è costante. Contro la Macedonia ha rifinito due gol, di cui uno di tacco, e il terzo assist, non andato a segno per poco, è stato il più bello: una carezza
Nella Guida Michelin 2024, 13 chef col massimo della valutazione Ma abbiamo anche azzurri a Tre Stelle
d’esterno da numero 10 che ha liberato Scamacca solo davanti al portiere. Oggi Barella ricopre ogni centimetro di campo e, in ogni zona, può fare una cosa decisiva. Con o senza palla. Anche la Terza Stella di Federico Chiesa è una conferma. Se l’era guadagnata a Euro ’21, con i gol decisivi e con gli strappi che hanno sfinito l’Inghilterra nella finale di Wembley. Il suo problema era solo ritrovare la piena efficienza fisica e la giusta collocazione tattica. Tornato nelle condizioni di esprimere al meglio il suo talento, senza dover fare il terzino di fascia o la prima punta spalle alla porta, Chiesa, all’Olimpico, si è mostrato subito decisivo, come gli aveva chiesto Spalletti alla vigilia.
Queste sono le eccellenze sulla tavola, ma abbiamo un buon contorno di Seconde Stelle che possono crescere ancora. Giovanni Di Lorenzo, per esempio, da Euro ’21 allo scudetto del Napoli, è stato un Terza Stella. L’ha persa negli ultimi mesi, come certi ristoranti che, agli occhi degli ispettori Michelin, hanno registrato un calo di qualità. Darmian è uno di quei piatti di cucina povera che, rivisitati da chef stellati, merita i menù più esclusivi. Lo stesso Bastoni, se sfronda certi eccessi di sicurezza che lo portano al limite della presunzione e della distrazione, può scalare l’ultimo gradino. Anche a centrocampo c’è parecchio margine di crescita al fianco del tristellato Barella. Jorginho, rigore a parte, ha dimostrato quanto faccia bene al piatto azzurro un briciolo di qualità in più, che i più giovani Locatelli e Cristante, con altre caratteristiche, faticano a garantire. Domenico Berardi continua a somigliare troppo a quei prodotti a chilometro zero che regalano il sapore migliore se consumati sul posto (Sassuolo). Venerdì è stato tra i meno convincenti. Ancora una volta non è riuscito a trasportare in Nazionale la versione stellata che mostra spesso nel club. Il mancato passaggio nel grande club e a scenari più prestigiosi non lo ha aiutato a crescere. Ma la parte più sofferente del nostro menù, inutile negarlo, resta l’attacco. Qui la concorrenza europea, da Kane a Mbappé, è molto più attrezzata. Raspadori ha ritrovato il gol azzurro che cercava da oltre un anno. Alla quattordicesima presenza, Scamacca ne ha segnato solo uno. Il tramontante Immobile è stato lasciato a casa, il giovane Kean non ha ancora battuto un colpo in campionato. Però l’ottima prestazione di Raspadori all’Olimpico è più che confortante. Raspa è pronto, al dente, un piatto completo, con tutti gli ingredienti che servono per meritarsi l’eccellenza: tecnica raffinata, senso del gol, movimento e duttilità tattica che garantiscono imprevedibilità, disponibilità al sacrificio, età ed umiltà per crescere ancora. In crescita, nella sapiente cucina del Gasp, è anche Scamacca, e potrebbero affacciarsi presto nuove proposte del giorno, tipo il monzese Colombo. Non siamo messi così male, insomma. Anche perché il nostro chef, Luciano Spalletti, è un maestro a tirare fuori il meglio dagli ingredienti a disposizione. Però domani, a Leverkusen, cerchiamo di evitare frittate, per favore.