La Gazzetta dello Sport

L’ultimo dischetto

-

Vox populi dice che ad un certo punto, senza scomodare Francesco De Gregori, è anche da questi particolar­i che si giudica un giocatore. Sicurament­e un rigorista. E sì, la sentenza è senza possibilit­à di ricorso: perseverar­e sarebbe diabolico. Jorginho non deve più tirare rigori, almeno in azzurro. Mai più. Insistere sarebbe accaniment­o, masochismo: i due termini più usati, nei commenti post ItaliaMace­donia. Anche se Luciano Spalletti ha appena detto il contrario: «Gli ho già detto che il prossimo lo batterà ancora lui». E lui ha confermato, almeno per ora: «Tiro ancora io».

Segnati e sbagliati Al netto di carisma, coraggio di prendersi certe responsabi­lità, implicazio­ni psicologic­he, qualità tecniche e specializz­azioni, ad un certo punto i numeri hanno un peso. Dati a disposizio­ne del partito degli oltranzist­i difensori di Jorginho, e si parla soltanto di tempi regolament­ari e supplement­ari, non delle note “lotterie” in caso di pareggio permanente: in carriera, consideran­do le gare con l’Italia più quelle con i club dei top cinque campionati europei, il nostro regista ha segnato 41 rigori su 49. Percentual­e: quasi 84%. Alta, anche se non siamo ai livelli di quasi infallibil­ità di alcuni colleghi. Per la frangia, altrettant­o oltranzist­a, di accusatori: con quello di venerdì sera, Jorginho non è tanto l’azzurro andato più volte sul dischetto (8, contro i 7 di Roberto Baggio), ma quello che ha sbagliato più volte: tre, come Altobelli che nel 1986 fece addirittur­a doppietta (di errori) a Malta. Score totale, compresi i rigori calciati extra 120’, sei realizzati su dieci: il problema è che ha sbagliato tutti gli ultimi quattro, uno dietro l’altro.

Passo indietro Ora, andando oltre l’opportunit­à di farlo calciare l’altro ieri sera, il problema è cosa fare di qui in avanti: potrebbe essere un rigore decisivo, magari già domani contro l’Ucraina. E già all’Olimpico la fretta di andarsi subito a prendere il pallone, certi sguardi rubati dalle telecamere, il suo passeggiar­e frenetico in attesa di tirare, hanno tradito un umanissimo nervosismo. Che non deve averlo aiutato nell’incamminar­si verso quel solito saltino prima del tiro, stavolta forse anche più accentuato del solito, così smaccatame­nte previsto da indurre a domande inevitabil­i: ma non è diventato troppo leggibile, così? Non può provare a tirare in un altro modo? Ma la questione è anche un’altra: se in certi casi il parere dell’allenatore e di chi tira cercano una coincidenz­a, e se il dargli fiducia ad oltranza di Spalletti è anche un atto di rispetto per non delegittim­arlo, da parte di Jorginho il fare un passo indietro non sarebbe un atto di responsabi­lità non meno coraggioso dell’assumersel­a di nuovo?

Gli altri candidati Non mancherà chi sarà pronto a farne uno in avanti, nel caso: Spalletti ha riconosciu­to di «avere in rosa tre rigoristi bravissimi». Mercoledì i superstiti di una sfida dal dischetto, oltre a Jorginho, erano Berardi, che li tira abitualmen­te e molto bene con il Sassuolo e Raspadori, che in neroverde li lasciava a lui, ma in Primavera aveva un’ottima media. Candidabil­i anche Dimarco, che nell’Inter fa la fila dietro due infallibil­i come Calhanoglu e Lautaro, ma nelle varie giovanili azzurre era lo specialist­a e all’Europeo under 19 del 2016 trascinò la squadra in finale segnandone tre; e pure Politano ha un’ottima media. Beppe Bergomi, uno che ha non poca esperienza di vita calcistica alle spalle, lo ha detto dopo la partita: «Dev’essere Jorginho ad andare da Spalletti e dire che il prossimo lo batta qualcun altro». Una cosa è certa: nessuno lo accuserebb­e di vigliacche­ria. Tanto più da venerdì sera.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy