PICCOLE NAZIONALI E SUPER GOLEADE DIFFICILE USCIRNE
Puntualissima a ogni goleada esagerata si riapre la discussione sul senso di partite come Francia-Gibilterra. Quattordici gol sono un’enormità, non c’è più nessun significato tecnico in quei novanta minuti. Soltanto spettacolo per i tifosi che vincono. Resta il dubbio se i francesi dovevano staccare la spina dopo un’ora, per evitare un’umiliazione storica ai rivali, oppure se era giusto che lo sport prevalesse sempre, e quindi il diritto di attaccare e segnare anche dopo la grande abbuffata. Ma non è questo il vero problema. La domanda che tutti si fanno, un po’ scontata ma inevitabile, è: perché Gibilterra, San Marino, Andorra, Liechtenstein e compagnia bella giocano in gruppi con Francia, Spagna, Inghilterra e Portogallo? Non sarebbe meglio un torneo tutto per loro o, almeno, una selezione preventiva per non rendere i gruppi finali così squilibrati e, come l’altra sera, quasi offensivi?
Una risposta che accontenti tutti non c’è. Una volta che nazionali piccolissime, a volte neanche Stati politicamente riconosciuti, sono ammesse nella Fifa e nelle federazioni continentali, i loro diritti sono gli stessi di Germania, Italia e Portogallo. Perché non dovrebbero aspirare a una qualificazione storica? Se la strada fosse sbarrata in anticipo, probabilmente non avremmo mai avuto all’Europeo Lettonia e Nord Macedonia, due squadre nate dalla disgregazione di Jugoslavia e Unione Sovietica. Con quale motivazione si impedirebbe alle Far Oer di iscriversi alle qualificazioni? E questi playoff tra le piccole quando si giocherebbero, visto che i tornei hanno un calendario così serrato che un paio di rinvii rischiano di far scoppiare il caos?
Non è che Fifa e Uefa non ci abbiano pensato (il Sudamerica no perché con dieci nazionali, più della metà con un posto al Mondiale, vive una dimensione separata e privilegiata). A Nyon si sono inventati la Nations League che ha il merito di aver quasi cancellato le amichevoli e, soprattutto, di aver creato quattro serie con promozioni e retrocessioni. I gruppi sono equilibrati e spettacolari. Questo scenario sfugge perché una visione un po’ snob fa sì che si parli del torneo con lo stesso trasporto con cui si racconta un’orticaria. Però in Nations le grandi nazionali si affrontano sempre in grandi sfide. E così crescono, migliorano, e se fanno male retrocedono perdendo privilegi finanziari (premi, incassi stadio) e sportivi (le posizioni nei playoff e nei sorteggi). In gioco, e in bilico, sempre.
Ma la Nations è un torneo parallelo all’Europeo che resta il più importante. Non ci sarebbe che una strada per risolvere il problema. Un “cartello” tra le piccole che, stanche di finire a zero punti, e spesso mortificate nei risultati, chiedano ai governi del pallone uno status speciale che consenta di affrontarsi tra loro e poi lanciare la migliore a lottare con le big. In cambio, si può immaginare, di una bella compensazione milionaria. Una prospettiva decisamente improbabile in un calcio che va verso un Mondiale a 48, non la metafora dell’equilibrio. E poi chissà se un 10-0 ogni tanto fa così male al calcio.