La Gazzetta dello Sport

La svolta vegana e tutti i record L’eterna forza di un guerriero

Dal Da 2011 un cammino fatto fat di successi che ch gli ha permesso di superare Federer e Nadal: e la corsa non n è ancora finita

- INVIATO A TORINO ri.cr.

Quando, con gli occhi di un bambino, sei costretto a vedere da vicino gli orrori della guerra, si creano inevitabil­mente degli anticorpi che fortifican­o il carattere, rendendolo immune dalla paura e dallo stress di una semplice partita di tennis. Fin dal suo esordio sul circuito, sul suo valore e sulla possibilit­à di diventare numero uno al mondo c’erano stati pochi dubbi, nonostante sul suo destino di gloria gravasse l’ombra ponderosa dei Dioscuri Federer e Nadal, che parevano inavvicina­bili. Lo scatto definitivo arriva nel 2011, dopo aver vinto alla fine dell’anno prima la Coppa Davis, il trionfo che lo mette definitiva­mente al centro del villaggio e gli offre l’amore perenne di una nazione orgogliosa come la Serbia, di cui diventa eroe nazionale. Negli stessi mesi scopre di essere intolleran­te al glutine, cambia la dieta scegliendo il veganesimo e diventa un atleta più forte, leggero e resistente. Da allora Nole ha elevato anno dopo il suo gioco a vette sublimi, superando pure la crisi del 2017 (che lo aveva portato dal n.1 al n.12 in pochi mesi) tra l’infortunio al gomito destro e l’amicizia discussa con il guru Ymaz, quello di «pace e amore». Piccole scorie di un percorso che lo candida, senza dubbio, al ruolo di più grande di sempre. C’è chi dice che i numeri non rappresent­ino tutto, c’è chi dice che il tocco divino di Federer e la forza brutale di Nadal restino inimitabil­i, ma lo sport che, non mente mai, ha bisogno di oggettivit­à, non di stati d’animo.

L’eredità

Novak è arrivato a 24 Slam, a 7 Finals, a 400 settimane da numero uno, ha frantumato tutti i record, ma continua a dimostrare, poiché non ha alcuna intenzione di mollare se il fisico lo sosterrà ancora per due o tre stagioni, che cosa siano la completezz­a e la compiutezz­a, la vittoria e la forza, l’eleganza e il coraggio, il sorriso e la rabbia, la solidità mentale e la capacità di non cedere mei momenti delicati del match: lo spirito infinito di andare a cercare l’ultima stilla di energia quando tutti sentono e pensano che non ne abbia più. Da ragazzino aveva un sogno, arrivare dov’è arrivato. Ce l’ha fatta con il talento e la volontà, con la mente e il cuore. Non gli è riuscito (per ora?) di eguagliare Don Budge e Rod Laver, di aggiudicar­si il Grande Slam, ma statene certi che ci riproverà finché avrà la forza di riuscirci. Succede a tutti, di fallire un traguardo, ma a lui è successo sempre di rinascere, di vendicarsi, di tornare numero uno del mondo, di rimarcare che il passaggio di consegne non è ancora avvenuto. A New York, mentre alzava la Coppa del 24° Slam al cielo, tutto il team, insieme alla famiglia, indossava la giacca con il numero 24 stampato sul petto. Tra loro c’era anche il piccolo Stefan che, qualche mese prima scrisse queste parole in un compito in classe dedicato al suo eroe: «Quando Federer e Nadal erano numero uno e due del mondo, è apparso Novak Djokovic. Da qui il mio cognome. Sono suo figlio e mi ha ispirato a essere tenace e giocare meglio a tennis». Stefan ha nove anni. Magari un giorno…

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