POGACAR RILANCIA «CORRERE IL GIRO È UN MIO SOGNO AI GIOCHI PER L’ORO»
Lo sloveno alla vigilia della nuova stagione: «Non ho ancora deciso i miei programmi, la corsa rosa merita rispetto»
Avederlo così – maglioncino e pantaloni neri, capelli quasi a spazzola, il viso da bambino senza l’ombra di barba – sembra più giovane della sua età. Eppure, il venticinquenne dalla faccia da liceale che ci troviamo di fronte alla festa che Alex e Johnny Carera, i suoi agenti a capo dell’agenzia A&J All Sport, hanno organizzato per celebrare gli atleti da loro seguiti prima che la stagione entri nel vivo, ha già vinto due Tour de France, tre Lombardia, il Fiandre e la Liegi. Il tutto nelle ultime tre stagioni, dopo essere diventato professionista l’anno precedente, il 2019. La repentina rivelazione dell’onnivoro talento che permette a Tadej Pogacar di primeggiare nelle corse a tappe come in quelle di un giorno, e che sembra circondarne la figura, altrimenti a rischio di passare inosservata, di una luce abbagliante e ipnotica, giustifica la processione di amici, conoscenti e semplici appassionati che più volte lo hanno avvicinato per una foto, o solo per toccarlo, durante questa intervista. E rende inevitabile, di fronte a questo talento e la conseguente bulimia di vittorie, il partire con le domande chiedendogli quali obiettivi abbia messo nel mirino per la prossima stagione. «I principali sono Tour, Olimpiade, Mondiale. In ordine cronologico, non di importanza. Gare difficili, complicate da vincere, ma affascinanti, a partire dai Giochi. A Tokyo, due anni fa, nella prova in linea sono arrivato terzo: vedremo di fare meglio. Ma ci sono tante altre corse che mi interessano e che non ho intenzione di lasciare indietro».
► E in questo programma così impegnativo, può trovare posto anche il Giro?
«Correrlo fa parte dei miei sogni, ma adesso non posso dire che parteciperò. Coi tecnici della Uae, la mia squadra, non ho ancora parlato nei dettagli di quello che farò. Definirò con loro il programma di gare a dicembre: potrei trovarmi di fronte a un calendario di impegni troppo fitto per metterci dentro anche il Giro».
► Quante possibilità ci sono che alla fine dica sì?
(sorride) «Non lo so. Iniziate a chiederlo ai manager».
► Eppure sembra un Giro tagliato su misura delle sue caratteristiche tecniche, con tante salite impegnative.
«Il Giro è particolare soprattutto per le condizioni atmosferiche, che, forse più che altrove, possono cambiare velocemente da un giorno all’altro, a seconda che si corra sul mare o all’interno, in pianura o in montagna. Devi essere fortunato, perché, se incontri troppi giorni di fila di maltempo, è un casino. Le salite dure ci sono in tutti i grandi Giri, anche se, è vero, da voi ce ne sono alcune veramente toste. Comunque vada quest’anno, il Giro e l’Italia conservano un posto speciale nel mio cuore».
► Perché finora, nella sua carriera, non ha mai trovato spazio la Corsa Rosa?
«Perché il Tour è un po’ più grande. Se vuoi avere una possibilità di vincerlo, devi concentrarti bene su di esso. Il Giro merita rispetto, per questo devo capire bene se si creeranno le condizioni che mi permettano di correrlo al meglio delle mie possibilità. Ma il Tour l’ho già fatto quattro volte e due l’ho vinto. Se parliamo di grandi Giri, il Tour è il mio obiettivo principale ogni anno».
► A proposito di Tour: Jonas Vingegaard l’ha spodestata dal gradino più alto del podio nelle due ultime stagioni. Per alcuni, in questo momento il danese è invincibile, almeno sulle strade della Boucle. È davvero così?
«Lui è un super atleta, forse il miglior scalatore in circolazione. Poi è molto bravo a prepararsi per andare a tutta per un mese. Luglio, quando si corre il Tour».
► Lei però era abituato a vincere: com’è il sapore della sconfitta?
«Ma io ho già perso delle corse prima che arrivasse Vingegaard! La sconfitta fa parte della vita e del ciclismo, non mi ha colto di sorpresa. E non mi ha messo a terra».
► Rispetto al suo rivale, lei è un ciclista vecchio stampo: corre da inizio a fine stagione, e mai soltanto per partecipare.
«A me piace andare in bicicletta. Mi piace correre. E non mi piace concentrarmi, accendere il focus, su una gara o un tipo di gare soltanto. Ogni prova mi suscita emozioni esclusive, richiede una preparazione differente, propone percorsi, difficoltà e avversari diversi. Per tutti questi motivi, preferisco variare».
► Ma, da grande, meglio le classiche o i grandi Giri?
«Giuro, non lo so. Non ci ho mai riflettuto sopra. Spero di continuare a essere nelle condizioni di prendere tutto quel che viene».
► Intanto, si è preso per tre volte una classica Monumento come il Lombardia. Ha dato una spiegazione al feeling che lega lei e questa corsa?
«No. Non credo ci sia un segreto particolare. Mi piace un po’ tutto di quella corsa, dal tracciato all’ambiente che circonda la corsa».
► In quattro anni ha bruciato le tappe, in senso reale e metaforico: ma qual è il primo ricordo che le torna in mente pensando a sé stesso in sella a una bicicletta?
«A otto anni, quando sono salito per la prima volta su una bici da strada».
All’Olimpiade due anni fa arrivai terzo, a Parigi voglio fare meglio
A me piace andare in bicicletta, ogni gara mi suscita emozioni esclusive
Tadej Pogacar 25 anni
Vingegaard è un super atleta, il miglior scalatore in circolazione. È molto bravo a prepararsi per andare a tutta per un mese: luglio, quando si corre il Tour de France
Tadej Pogacar 25 anni, corridore Uae Emirates