La Gazzetta dello Sport

Addio a Musiello L’attaccante con la valigia piena di gol

L’ex gialloross­o si è spento ieri a 70 anni. Iniziò con la Spal, giocò anche con Juve e Atalanta

- di Germano Bovolenta

Lo chiamavano Pel di Carota, perché aveva i capelli rossi. Poi Hitchens, perché era centravant­i e somigliava all’inglese Gerry, ex giocatore di Inter e Torino. Era nato in Friuli, a Cervignano, un posto pieno, allora, di caserme e soldati. Si è spento ieri, dopo una breve malattia, a 70 anni (li aveva fatti pochi giorni fa), Giuliano Musiello. Aveva giocato con Atalanta, Juve (solo in Coppa Italia), Avellino, Roma, Genoa, Verona, Foggia, Novara, Ravenna, Cuneo, Savona. Attaccante con la valigia, si diceva. Ma piena di buoni gol. Aveva vinto anche la classifica dei cannonieri di Serie B.

Gli inizi Friulano come Fabio Capello, comincia alla Spal come Fabio. Ma in Serie C. Due anni di giovanili a Ferrara, dove conosce il calcio e tanti amici. Uno in particolar­e, il polesano Rossano Baratella, una mezzala, con il quale resterà sempre in contatto. Giuliano dirà: «Rossano era un vero talento. Purtroppo si è fatto subito male». An

che lui è un talento, una roccia. Tosto, non altissimo, 1.82. «Sodo, ben fatto, proporzion­ato, simpatico, intelligen­te ed educato», scrivono i giornali di cinquant’anni fa. Musiello va all’Atalanta e vede la sua prima Serie A in una domenica di simpatica follia. È il 15 ottobre 1972, terza giornata. L’Atalanta gioca a San Siro contro il Milan, Giuliano va in panchina con il numero 13. Ma non entra, meglio così. La Dea è travolta, mangiata da un Diavolo irrispetto­so: 9-3. Giuliano dirà: «Mamma mia, se questa è la Serie A…».

Il suo viaggio E invece la sua prima A dal primo minuto è tutta un’altra cosa, una bella partenza. Musiello torna in squadra, non in panchina, alla sesta giornata. Ha 18 anni e 306 giorni. Debutto contro il Torino e gol al «Giaguaro» Castellini. In panchina quel giorno c’è Gaetano Scirea. L’Atalanta è nella galassia Juve e Musiello è coccolato dalla Signora. Una sola stagione, l’allenatore Cestmir Vycpalek, zio di Zeman, gli offre poco: solo Coppa Italia. Un golletto al Cesena e ciao Juve. Ritorno alla Dea, inizio di un lungo e tortuoso percorso in Serie A e B. Si esalta all’Avellino, poi è scelto da Nils Liedholm a Roma. «Buon jocatore, non ha paura di Bellugi e Morini», dice il Barone. Diventa Pel di Carota. L’attacco della sua prima partita, a Marassi contro il Genoa, recita così: Bruno Conti, Di Bartolomei, Musiello, De Sisti, Prati. Mica male. Non male anche il resto. Buoni spostament­i, poche polemiche, calcio di mestiere. «Ho sempre lottato, non mi sono mai dato per vinto», dirà nelle sue poche interviste. Sincero, chiaro, onesto. Un centravant­i pieno di coraggio.

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ANSA All’Olimpico Giuliano Musiello festeggia un gol con la Roma

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