«La Ryder Cup che successo E sono pronto a ripartire»
Pallavolo da tecnico, Juventus e Roma da dirigente, infine l’avventura nel golf: lo sport visto da ogni prospettiva
Cercasi nuova sfida per uno dei tecnici-manager più vincenti dello sport italiano... Gian Paolo Montali, 64 anni, viene dall’avventura di Ryder Cup, durata sette anni , che si è conclusa con il fragoroso successo dell’Europa e gli applausi del mondo. Da fine anno è scaduto il suo contratto ed è tornato a Parma, il porto quiete da cui parte ogni nuovo progetto. Montali ha avuto una prima “vita” come tecnico di pallavolo per vincere 5 scudetti e 17 Coppe in 4 città diverse. A cui si aggiungono due ori europei e l’argento dei Giochi Olimpici di Atene 2004 con la Nazionale. Poi lo ha chiamato John Elkann, che cercava volti e idee nuove per la Juventus del dopo Calciopoli, e Montali ha messo a disposizione del calcio la sua saggezza concreta… Prima con i bianconeri e poi alla Roma. Nel 2016 era a Londra per lanciare la scalata al calcio inglese col Leyton Orient, quando Malagò e Chimenti, presidente di Coni e Federgolf lo hanno voluto alla guida del progetto Ryder. Gian Paolo Montali è uomo di sport a tutto tondo; appena conclusa una partita non vede l’ora di giocarne una nuova.
«Ho liberato il mio ufficio a Roma ed è stato come un trasloco - dice Montali-. Ho lavorato 7 anni a quella che sembrava una missione impossibile e invece l’organizzazione della più importante manifestazione golfistica si è trasformata in un successo che lascia una grande eredità al Paese».
► Quali sono i complimenti più belli che ha ricevuto per la “nostra” Ryder?
«Voglio citarne almeno tre. Quelli dei dirigenti della PGA americana, quelli di Ryder Cup Europe: tutti m’hanno detto che questa resterà l’edizione più iconica nella storia. E poi mi hanno fatto molto piacere i complimenti di Antoine Arnault, di Luis Vuitton, che era a capo della Ryder di Parigi 2018».
► Che esperienza è stata?
«Ho accettato l’offerta di Chimenti e Malagò mentre stavo per diventare direttore generale del Leyton Orient, squadra londinese che voleva crescere e puntava alla Premier. Avevo già trovato l’allenatore: Giampaolo… Ma la sfida della Ryder, che Chimenti aveva già assicurato all’Italia, era troppo stimolante. Quando però ho messo gli occhi nel progetto ho pensato che fosse una pazzia. Lo dissi a Malagó e Chimenti e la loro risposta fu un laconico: “per questo abbiamo pensato a te…”. Negli anni abbiamo fatto un lavoro pazzesco e sono orgoglioso perché abbiamo dato prova di tenacia, efficienza, rigore e partecipazione. E vado anche fiero del fatto che alla fine non abbiamo toccato un euro delle garanzie del governo, grazie allo spettacolare lavoro di squadra. E al termine dei 12 anni di progetto lasceremo un’eredità economica quantificabile in un miliardo di euro di indotto».
► Come ex atleta e allenatore, che cosa le rimane?
«Per formazione e indole io sono focalizzato alla ricerca del risultato. E di solito riesco a fare squadra. Così è stato anche sulla strada della Ryder. Ho chiesto a tutti di passare la palla, ho fatto capire a tutti che in certi momenti avrebbero dovuto rinunciare a qualcosa a vantaggio di un compagno. In questo modo si sviluppa un forte senso di responsabilità e appartenenza. Per me è stata un’opportunità di crescita sul piano delle relazioni. Ho lavorato con 5 governi di colore diverso e ho lottato anche contro chi si era incatenato fuori da Palazzo Chigi contro le garanzie. Mi ha molto aiutato il fatto che io non sono un politico, ma un uomo di sport. E devo ringraziare l’attuale governo, e in particolare il ministro dello sport Abodi che ci ha dato un aiuto decisivo».
► La “squadra”, un concetto molto “sacchiano”.
«Sì, mi sono spesso ritrovato nella filosofia di Sacchi. Il talento senza lavoro e senza organizzazione a sostenerlo non va da nessuna parte. Credo molto nel concetto della partitura da seguire, nel fare squadra prima ancora di fare gruppo».
► Che cosa le dato il volley?
«L’importanza della condivisione. Passarsi, bene, la palla è il principio base della pallavolo».
► Velasco, il suo grande rivale, è ancora in panchina della Nazionale femminile...
«Ho una grandissima stima per Julio. Accettare di mettersi in discussione e allenare ad oltre 70 anni è solo per le persone speciali. Chapeau!».
► E il calcio?
«La necessità di un’organizzazione che dia credibilità alla squadra e dia contenuto ai progetti».
► In quale ruolo si vede nel futuro?
«Ho grande rispetto per chi mi offre un’opportunità di lavoro e per principio non escludo mai nulla. Sono attratto dalle sfide. Più sono alte, più sono complicate e più mi danno stimolo. E di solito mi chiamano proprio quando c’è qualcosa che non funziona, quando bisogna ripartire. E io ho la valigia pronta».
Sulla Ryder Tutti mi hanno detto che quella di Roma resterà l’edizione più iconica nella storia
Su Sacchi
Mi ritrovo nella sua filosofia. Il talento da solo non va da nessuna parte «Alla fine del progetto, la Ryder avrà portato un miliardo di indotto»
Su Velasco
Accettare di allenare a più di 70 anni è solo per le persone speciali. Chapeau!