La Gazzetta dello Sport

UN NUMERO 9 DA 9 GOL THURAM

Ride, segna, balla E grazie a papà ora è l’incubo di tutte le difese Con le lezioni di Lilian sfrutta i punti deboli dei rivali in area

- di Davide Stoppini ROMA

Provo a imparare da tutti, anche dai miei compagni: sono giovane, è il primo anno in Italia

La Serie A è ancora lunga con tante sfide e ragioniamo partita per partita. Questa è la verità

Marcus Thuram Giocare con Lautaro è bellissimo. Non c’è una prima e una seconda punta

Il 9 ha fatto 9 davanti al 9(0). Provate a stargli dietro. Provate a mettergli un problema davanti al naso e lui è lì che te lo risolve. Anzi, facciamo così: il problema (di marcarlo) è talmente grande per gli avversari, che poi con Angelino finisce come con Gatti. In quei 9 gol di Thuram non troverete le due autoreti da lui provocate contro Juventus e Roma. Eppure pesano, eppure valgono un pezzo grande così di scudetto.

Il vantaggio «Non l’ho toccata, non è mia», diceva Marcus dopo la rete del 3-2. La potenza dell’onestà, la forza dirompente di un attaccante che in campo ha l’approccio divertito di un bambino. Ride, ride sempre. Balla, scherza, scatta e non lo prendi più. Marcus ha capovolto la partita, dopo la strigliata di Inzaghi all’intervallo. Guardare e riguardare il primo gol, please. Perché lì dentro c’è tutto. C’è un movimento ad attaccare il pallone da centravant­i assoluto. Da uno, sembrerebb­e, che quel ruolo lì l’ha sempre fatto. E invece no. E invece s’è messo a studiare il manuale del perfetto bomber, il ragazzo. Con l’aiuto dello staff di Inzaghi, pure con l’ausilio di una prospettiv­a diversa. Thuram ha un vantaggio, rispetto a tanti colleghi. Legge le partite da attaccante qual è, certo, ma ha in casa — grazie a papà Lilian — il punto di vista costante di chi è stato un grande difensore. Marcus e Lilian hanno un confronto quotidiano sul calcio. E Thuram senior ha evidenteme­nte trasferito al figlio dove è più facile colpire un difensore, quali sono i punti deboli di uno che prova a impedirti di fare il tuo lavoro. «L’attacco alla porta è importante – ha commentato Marcus —. Il gol, poi un altro autogol come la scorsa settimana, accade perché io cerco sempre di prendere la palla e se non ci riesco comunque provo a dare fastidio al difensore». Eccolo qui, spiegato con la sua voce, il senso della sua crescita. Perché Thuram non fa l’attaccante. Ora è un attaccante.

Spugna Privilegia­to, questo ragazzo. Privilegia­ta l’Inter che se lo gode. Nono gol in campionato, ancora — come all’andata — davanti al centravant­i che fu, Lukaku. «Io provo a imparare da tutti, anche dai miei compagni — le parole del francese —. Sono ancora giovane, devo lavorare, sono al mio primo anno in Italia, devo prendere quello che posso». E prende bene. È una spugna, è il suo grande segreto: ha una capacità di immagazzin­are le informazio­ni in arrivo che è davvero una delle sue più grandi doti. «Giocare vicino a Lautaro è bellissimo — ha raccontato —. Non c’è una vera prima e una vera seconda punta, ma in campo solo uomini che aiutano la squadra». E la aiutano per correre verso la seconda stella: «Però il campionato è ancora lungo — ha detto Thuram —, abbiamo davanti a noi tante sfide difficili. Ragioniamo partita per partita, questa è la verità». E ora arriva la Champions: «Quando sarà il momento, proveremo a vincere anche lì. Ma prima c’è la Salernitan­a, no?». L’Atletico Madrid può aspettare. Lo scudetto no, lo scudetto è ogni minuto di ogni santo giorno nella testa del mondo Inter. «Questa è una bella vittoria — ancora Thuram —, arrivata contro una squadra che gioca bene a calcio. Se questo è il miglior Thuram di sempre? No, sono solo contento del successo. Abbiamo preso i tre punti che volevamo, mi basta questo per essere felice». E allora, per dirla come l’interista Vecchioni: sogna, ragazzo, sogna.

Segno perché cerco sempre di prendere la palla o dare fastidio al difensore

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