La Gazzetta dello Sport

Pioli, si decide a maggio L’Europa League è il bivio: con la coppa può restare

- di Marco Fallisi

Tra Stefano Pioli e la fine della sua quinta stagione al Milan ci sono tredici partite e un asterisco. Ecco, quell’asterisco può fare tutta la differenza del mondo: se Pioli riuscisse ad aggiungere altre cinque partite nell’agenda rossonera, aggiornand­ola fino alla notte del 22 maggio a Dublino, la sue chances di restare sulla panchina del Milan anche tra un anno aumentereb­bero in maniera considerev­ole. E se poi chiudesse col botto — l’Europa League alzata dai suoi giocatori — quelle chances schizzereb­bero verso l’alto: un trofeo, l’unico tra quelli internazio­nali che manca nella bacheca stellare di via Aldo Rossi, vernicereb­be la stagione del Milan e di Pioli. Dal grigio ai colori, dalla corsa scudetto già finita a febbraio al primo successo dell’era RedBird, tutto cambierebb­e, futuro della panchina compreso, ovviamente: ai vertici del Diavolo lo sanno ed è per questo che ogni giudizio definitivo sull’allenatore è stato rinviato a fine stagione.

Riflession­i Il presente, però, non si può ignorare, così come i giudizi di medio termine, pronunciat­i da Gerry Cardinale in persona alla vigilia di LazioMilan: «Io e Ibra non siamo soddisfatt­i del fatto che non siamo numero uno al momento in Serie A», ha detto il proprietar­io rossonero. Parole alle quali non è seguita una risposta di Pioli: «Non ho mai commentato le parole del proprietar­io: in quanto tale, la proprietà ha il diritto e il dovere di fare le proprie valutazion­i». La risposta, piuttosto, l’ha data il suo Milan all’Olimpico con la Lazio, vincendo una partita sporca, a tratti sofferta, vissuta sulle corde dei nervi e dell’orgoglio, tese sempre al punto giusto. La squadra, insomma, ancora una volta ha dimostrato di essere connessa a Pioli: è uno dei punti di forza del tecnico, anche agli occhi della proprietà. Ai vertici si riflette da tempo, ma le somme si tireranno solo fra tre mesi: se il primo dei cambiament­i evocati da Cardinale investirà la panchina, succederà solo a bocce ferme, cambiare in corsa non è nei piani del club, di sicuro non in questo momento.

Ribaltone coppa Sulla bilancia di Cardinale, di Ibra e del management finisce logicament­e ogni aspetto della stagione di Pioli. E i 13 punti di ritardo dall’Inter capolista, l’uscita di scena ai gironi di Champions, i 35 infortuni stagionali con i guai muscolari a farla da padrone (24 ko in tutto e il reparto dei centrali difensivi ridotto all’osso tra novembre e febbraio) sono criticità che pesano parecchio, al momento più dei lati positivi che pure ci sono. E dei quali la proprietà tiene conto, dalla zona Champions saldamente nelle mani dei rossoneri alla capacità della squadra di reagire in situazioni da “spalle al muro”. Quelle situazioni potranno ripresenta­rsi in Europa League: in una coppa contano i dettagli e il margine di errore è minimo (Rennes insegna). Pioli lo sa: la sua storia in rossonero sta viaggiando sulle montagne russe da agosto a oggi. Ma sa anche che quell’asterisco può diventare come la telefonata di un vecchio spot: può allungargl­i la vita e magari cambiargli­ela ancora una volta.

Possiamo fare più di così, possiamo fare meglio perché abbiamo una grande squadra

Davide Calabria Capitano del Milan

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GETTY Con Rafa all’Olimpico Stefano Pioli, 58 anni, e Rafael Leao, 24 prima di LazioMilan

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