La Gazzetta dello Sport

SCOPPIA IL CASO ARBITRI LA CRISI DEL SISTEMA CHE PERDE CREDIBILIT­À

- di STEFANO AGRESTI

Arbitri che smarriscon­o la lucidità, innervosis­cono le partite, le rovinano. Dovrebbero essere guidati dal regolament­o e dal buon senso: non seguono né l’uno né l’altro. Sono lo specchio di un sistema che non funziona, che va cambiato. Sono state due serate nere, nerissime per la squadra guidata da Rocchi. Prima LazioMilan, poi Torino-Fiorentina: un doppio disastro. Il designator­e cerca di barcamenar­si, di migliorare i giovani che ha a disposizio­ne, ma gli sforzi sono vani: la sua missione sta fallendo, è troppo modesto il materiale umano con cui si trova a lavorare e lui non riesce a incidere quanto dovrebbe. Di Bello e Marchetti ne hanno combinate di tutti i colori, non c’è da stupirsi se alla fine delle gare di Roma e Torino gli animi in campo erano accesi. In palio ci sono posizioni in classifica, qualificaz­ione alle coppe europee, prestigio sportivo, introiti economici. Impossibil­e immaginare che certi errori non abbiano conseguenz­e e vengano accettati serenament­e, a maggior ragione nel calcio di oggi, tutto Var e tv, immagini e moviola. Come si può pensare che quegli sbagli scivolino addosso ai protagonis­ti, i quali possono verificare l’entità delle ingiustizi­e subite pochi istanti dopo che sono avvenute, sempliceme­nte guardando uno smartphone o un tablet in panchina? E lo stesso vale per i tifosi: anche loro hanno a disposizio­ne la tecnologia, anche loro sugli spalti osservano, vedono, comprendon­o. Subito. L’arbitro commette un errore marchiano; il Var lo asseconda, non lo corregge nonostante abbia il privilegio di poter rivedere l’episodio a velocità ridotta e da più angolazion­i; tutti sanno immediatam­ente che hanno sbagliato entrambi. I re sono nudi. I re delle sviste. Degli errori commessi da Di Bello e dai suoi assistenti – inclusi Var e quarto uomo – abbiamo raccontato sulla Gazzetta di ieri. In quella di oggi parliamo degli sbagli di Marchetti. Incredibil­e l’espulsione di Ricci, la decisione che ha cambiato gli equilibri di una partita che il Torino stava giocando meglio della Fiorentina. Ammonito per un gomito largo, il centrocamp­ista granata pochi secondi più tardi ha ricevuto un altro cartellino giallo per proteste. E cioè per avere detto – come hanno raccontato i bordocampi­sti delle tv, situati a pochi metri dall’episodio – sempliceme­nte questo: «Ma come fai a non ammonirlo?». Si riferiva a Arthur, che lo aveva appena placcato e nei confronti del quale Marchetti sembrava non voler prendere decisioni disciplina­ri (poi lo ha fatto, forse rendendosi conto a tempo scaduto che non poteva cacciare dal campo un calciatore che aveva subito un fallo plateale e farla passare completame­nte liscia a chi quell’intervento lo aveva commesso). Un’espulsione senza senso, una decisione senza buon senso, che fa seguito al gol annullato a Zapata per una spinta come tante. Un’altra partita che è cambiata non per la prodezza di un campione, ma per una decisione sbagliata dell’arbitro. Che tristezza. La crisi della classe arbitrale è la crisi di un sistema. Il calcio italiano deve cambiare in modo profondo, definitivo: quanto sta accadendo toglie credibilit­à, spettacolo, fiducia, appeal. In ballo non c’è, non può esserci la riduzione della serie A da venti a diciotto squadre: questi sono dettagli quasi insignific­anti, anzi dannosi. Serve di più, molto di più. Nelle ultime settimane la Lega di serie A ha parlato della scissione dalla Federcalci­o: vuole andare per conto proprio per migliorare il prodotto da offrire ai tifosi e ai media, anche a quelli internazio­nali. Il modello è la Premier League, che da quando corre da sola, come entità indipenden­te, è cresciuta a dismisura: era decisament­e dietro di noi, meno importante e meno ricca, e ora ci è balzata davanti e ci ha staccato, nemmeno fosse il Pogacar della Strade Bianche. Quanto può crescere il calcio italiano se segue lo stesso percorso? Quanti limiti,

quanti difetti possono essere superati cambiando mentalità e organizzaz­ione, e aumentando nello stesso tempo la libertà di scelta dei club di serie A, quelli che producono la ricchezza con cui vive non solo il calcio, ma gran parte dello sport italiano? Le società, unite, stanno tracciando una strada alla fine della quale appare un calcio nuovo e diverso. Migliore? Migliore, sì: è difficile immaginarn­e uno peggiore.

 ?? ?? ROSSO È la fine del primo tempo, il momento dell’espulsione di Ricci. L’arbitro Marchetti è circondato dai giocatori granata che protestano per la sua decisione
ROSSO È la fine del primo tempo, il momento dell’espulsione di Ricci. L’arbitro Marchetti è circondato dai giocatori granata che protestano per la sua decisione
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