La Gazzetta dello Sport

LA FILOSOFIA DUCATI: GIOCARE IN ANTICIPO FA VINCERE DI PIÙ

- di GIANLUCA GASPARINI

Si dice sempre che vincere aiuta a vincere. E la Red Bull di F.1 lo dimostra ogni volta che si va in pista, a prescinder­e dalle lotte intestine tra Horner, Marko e Verstappen padre che avrebbero dovuto minare la forza della squadra. Lo stesso (la coazione a ripetere, che nasce dalla vittoria e lì torna) vale per la Ducati in MotoGP, con la differenza – non certo sottile – che a Borgo Panigale il clima è totalmente diverso da quello che si respira oggi a Milton Keynes. Il ciclo di successi che sta attraversa­ndo la rossa bolognese ha radici lontane ed è dovuto a scelte oculate e al coerente desiderio di rendere più forte il proprio lavoro e di alzare l’asticella degli obiettivi. In pratica una versione emiliana del kaizen giapponese, famoso a livello industrial­e e definibile come “il migliorame­nto continuo e graduale di una attività al fine di creare più valore”. Traduzione sintetica, applicata alle corse: vietato stare fermi, anche quando si portano a casa Mondiali in serie e tutto sembra molto facile. Ma facile non è. Ieri la Ducati ha annunciato l’ingaggio di quello che viene definito da molti il nuovo fenomeno della Moto2, ossia Fermin Aldeguer. Su di lui avevano messo gli occhi in tanti, ma certo finire su una moto super ha indirizzat­o la scelta dello spagnolo. Ma non è stato ancora ufficializ­zato in che struttura finirà il 18enne, se in Pramac o da qualche altra parte. Nel contempo, il direttore corse Gigi Dall’Igna, dopo

averlo voluto in sella a una Ducati contro parte dei vertici della squadra che non era della stessa idea, non nasconde da tempo il fatto di tenere d’occhio con attenzione il comportame­nto di Marc Marquez. Dopo la prima gara della stagione in Qatar si è lasciato andare a grandi compliment­i dicendo che lo spagnolo ha corso in modo intelligen­te ed è stato coraggioso, alla prima uscita con una moto che non conosceva e molto diversa da quella Honda con cui ha gareggiato per un decennio. Il processo di adattament­o è lungo, ma Marc a quanto pare sta già bruciando le tappe.

Il fine è quello, nemmeno troppo nascosto, di portare Marquez ad affiancare Bagnaia nel team ufficiale.

Così, agitando lo spauracchi­o dell’astro nascente da una parte e quello dell’otto volte iridato dall’altra, Dall’Igna mette tutti gli altri piloti di casa sua sulla graticola. Bagnaia escluso, visto che l’iridato in carica è l’unico degli otto ad aver già rinnovato

il contratto. Si corre il rischio che qualcuno scappi, a partire da Jorge Martin, ma visto che la Desmosedic­i (soprattutt­o quella 2024) resta la moto da battere in pochi a naso sarebbero felici di

fare le valigie. E qui, ragionando sulla forza della nuova moto disponibil­e al momento solo per Pecco, Bastianini e lo stesso Martin, arriviamo al secondo punto in grado di spiegare il dominio Ducati. Ossia, la volontà di non accontenta­rsi. Gli sviluppi tecnici – di motore e aerodinami­ci – adottati sulla rossa per il 2024 si portavano dietro una percentual­e di rischio che altri, forse, avrebbero preferito evitare. Non Dall’Igna e soci, di nuovo capaci nell’azzeccare la strada giusta pur avendo perso in inverno un paio di ingegneri-chiave. Segno che a contare più ancora degli uomini è la filosofia.

L’investimen­to sul giovane fenomeno Aldeguer, le prospettiv­e di Marquez e soprattutt­o il coraggio di cambiare. Il dominio della rossa si spiega così

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In Qatar La Ducati di Pecco Bagnaia, prima il 10 marzo sul circuito di Losail

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