La Gazzetta dello Sport

Di buona famiglia, brasiliano... d’Italia odia le ingiustizi­e

In passato aveva denunciato le offese di Higuain: le sue battaglie contro il razzismo

- s.v.

Sbaglia chi, con superficia­lità, si immagina che Juan Jesus venga da una qualche favela brasiliana, da un posto carico di violenza, fame e disperazio­ne. Il difensore del Napoli è nato a Belo Horizonte, una città dell’interno del Brasile, capitale dello Stato di Minas Gerais, piena di cittadini d’origine italiana. Perché Belo Horizonte è stata e in gran parte rimane una città industrial­e a forte impronta italiana, il bastione sudamerica­no della Fiat, specie con il marchio Iveco, e della Magneti Marelli. Juan Jesus è cresciuto nei dintorni, a Betim, dove campeggia la fabbrica della Fiat: l’Italia nel destino. Un ragazzo di buona famiglia, con papà titolare di un’agenzia di viaggi: «Non sono stato così bravo sui libri come mio fratello, che è ingegnere, e mia sorella, che studia moda - raccontò in una delle prime interviste da giocatore dell’Inter, nel 2012 -. Se non avessi sfondato, sarei andato a lavorare con mio padre, che di certo non mi avrebbe lasciato tutto il giorno a casa a giocare alla Playstatio­n».

Verso sud

Il Cruzeiro, fondato nel 1921 da un gruppo di immigrati italiani, è la squadra più importante di Belo Horizonte, ma Juan Jesus non ne ha mai indossato la maglia “azul Savoia”, blu Savoia. Giocava in un altro club della città e a 15 anni, con un amico, prese un pullman verso sud, con destinazio­ne Porto Alegre, quasi al confine con l’Uruguay, per un provino con l’Internacio­nal, la squadra da cui la Roma nel 1980 acquistò Falcao: «Quasi un giorno e mezzo in autobus - ha ricordato in una lunga intervista al sito della Roma -. Se fosse andata male, sarei tornato indietro senza problemi. Invece venni scelto». Arrivato a Porto Alegre come mezzala, se ne andò nel gennaio 2012 da difensore polivalent­e, con un’altra Inter come destinazio­ne, l’Internazio­nale di Milano: «Il mio giocatore preferito è sempre stato Lucio e a Milano mi sono ritrovato ad allenarmi con lui, un sogno. Dopo qualche settimana eravamo compagni di stanza, per me era il massimo».

Spalletti

In realtà il massimo per Juan Jesus sarebbe stato Luciano Spalletti, il tecnico che più lo avrebbe allenato: 80 partite tra Roma e Napoli. Nel 2023 Spalletti gli ha fatto vincere lo scudetto con la maglia “azul Napoli”. Spalletti gli ha trasmesso un’infinità di conoscenze, lo ha reso un centrale moderno, bravo nelle due fasi. «A Spalletti tengo molto - ha detto Juan Jesus -. mi ha concesso tante opportunit­à e mi ha insegnato che prima di essere bravi calciatori bisogna essere brave persone».

Senso di giustizia

Juan Jesus è un uomo sensibile e intelligen­te, lo si capisce anche da come parla la nostra lingua. Domenica, al microfono di Diletta Leotta, ha esibito un italiano quasi perfetto, senza l’accento e le sviste di tanti suoi connaziona­li. Legge la Bibbia e ha un forte senso di giustizia. Quel che gli è capitato in Inter-Napoli gli era già successo nel 2012 in un’amichevole tra Argentina-Brasile, nel New Jersey, Usa: «Ho sottratto una palla a Higuain con una giocata normale e corretta – ricostruì a posteriori Juan Jesus su Globoespor­te –. Lui mi ha detto: “Vai via negretto, vai via scimmietta”. Sulle prime sono rimasto interdetto, mi sono chiesto perché un ragazzo conosciuto in tutto il mondo, per le sue qualità e per la persona, facesse così. Mi ha intristito, sono rimasto impotente, non sapevo che cosa fare». Lo smarriment­o del 2012 è evoluto nella rabbia e nell’orgoglio di domenica sera, una volta ascoltate le offese o presunte tali di Acerbi. «Quello che faccio non è solo per me - scrisse anni fa Juan Jesus sui social in risposta a un ragazzo che lo aveva offeso -, ma per tutti quelli che subiscono insulti per il colore della pelle e devono chinare la testa. Non abbassatel­a mai, la testa, tenetela alta». Juan Jesus considerav­a chiuso il caso, ma le spiegazion­i di Acerbi lo hanno ferito una seconda volta e così il difensore di Belo Horizonte ha riaperto la controvers­ia, con diritto.

Di fronte agli insulti per il colore della pelle tenete la testa alta

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