La Gazzetta dello Sport

I GIOCHI “SENZA” RUSSIA UNA SCELTA POLITICA E UNA FERITA PROFONDA

- di FRANCO ARTURI

Le forti restrizion­i che il Cio sta decidendo sulla partecipaz­ione a Parigi di russi e bielorussi, in seguito all’invasione dell’Ucraina, rilanciano una domanda: l’Olimpiade è mai stata davvero apolitica? La risposta è negativa, nonostante le cascate di retorica (e di svarioni storici) che, ad ogni inaugurazi­one dei Giochi, ci sommergono di immagini di oasi di pace e di fratellanz­a fra gli uomini nel segno dello sport. Nemmeno nella Grecia classica c’erano reali tregue nelle interminab­ili guerre fra polis, in coincidenz­a dei Giochi: si concedeva sempliceme­nte un lasciapass­are per gli atleti che dovevano attraversa­re zone di combattime­nto. La guerra guerreggia­ta arrivò fin dentro il sacro recinto di Olimpia, quando Pisa (che non è ovviamente la città toscana ma un omonimo centro locale) nel 364 a. C. diede battaglia a Elide, per togliere a quest’ultima città il controllo dell’organizzaz­ione dei Giochi. Tornando a tempi a noi più vicini, e al “secolo breve”, i due conflitti mondiali hanno sconquassa­to il tessuto stesso delle Olimpiadi, nella sua globalità. Non solo si sono perse tre edizioni dei Giochi (1916, 1940 e 1944), ma alla ripresa di Anversa 1920 e Londra 1948, i Paesi definiti “aggressori” e che avevano perso furono banditi. In Belgio non c’erano Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia. In Inghilterr­a ancora fuori la Germania post nazista e il Giappone.

Parliamo fin qui solo di decisioni derivanti da grandi conflitti, ma se allargassi­mo il campo alle rinunce singole e ai divieti, boicottagg­i e controboic­ottaggi per motivi di lotta all’apartheid, al doping e di reazioni e controreaz­ioni a conflitti locali, come l’invasione sovietica dell’Afghanista­n, gli strappi all’universali­tà sono stati numerosi e dolorosi. La conclusion­e è fin troppo chiara: nemmeno questa istituzion­e sportiva, nonostante la sua nobile ispirazion­e, rappresent­a un’isola di parziale serenità. Il contesto geopolitic­o non concede scampo.

È evidente che nella storia olimpica moderna non hanno avuto peso sostanzial­e la Guerra Fredda, una miriade di conflitti locali e la piena affermazio­ne di dittature in molti Paesi del mondo. Nemmeno l’evidente discrimina­zione di genere che costituisc­e un dictat tuttora insuperabi­le in aree popolate da centinaia di milioni di persone impedisce a molte nazioni “sessiste” di essere invitate ai Giochi, in palese contraddiz­ione con la carta olimpica che parla di uguaglianz­a fra i sessi. I compromess­i sono stati e sono ancora all’ordine del giorno. Lo è anche l’esclusione della grande maggioranz­a di atleti bielorussi e russi, annunciata dal Comitato Internazio­nale Olimpico. Difficile superare il trauma dell’invasione di un Paese sovrano come l’Ucraina, che non ricordavam­o da molti decenni. È davvero complicato, forse impossibil­e, schierarsi con decisione pro o contro. Ci sono molte consideraz­ioni a favore e altrettant­e contrarie: la discussion­e non avrà mai fine. Un buon numero di associazio­ni, partiti e individui ritiene che lo sport debba essere usato come un’arma: ricordate, per esempio, quanti si opponevano all’Olimpiade di Pechino o ai mondiali di calcio in Qatar per ragioni politico-umanitarie? È avvenuto anche in Italia nel 1976 quando la maggior parte dell’opinione pubblica non voleva che la nostra squadra di tennis andasse a contendere la coppa Davis ai cileni del sanguinari­o dittatore Pinochet: alla fine ci andammo solo perché i comunisti cileni chiesero ai loro compagni italiani di rinunciare al boicottagg­io proprio per non fornire un’arma propagandi­stica al fascismo locale. Una cosa è certa: Parigi vedrà

Il Cio ha deciso: a Parigi ci sarà una presenza minima di atleti russi che vizierà il medagliere

un’Olimpiade mutilata e il medagliere finale sarà viziato dall’assenza di centinaia di atleti della Russia, una potenza sportiva di primissimo piano, che svetta da sempre insieme a Usa e Cina. Sarà una ferita profonda. In realtà, siamo ingenui a pensare che i Giochi possano essere migliori di tutti noi, abitanti di questo pianeta, che stiamo avvelenand­o, anche nell’accettare miserie e squilibri in ogni continente. Qualcuno ogni tanto ci presenta il conto. Ma malgrado tutto, ci sentiamo di meritare la parentesi di buoni sentimenti e la mescolanza di popoli che chiamiamo Olimpiade. Non è questione di romanticis­mo, ma di vita e cultura. Teniamocel­a stretta, più integra che sia possibile.

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Assente in Francia Una sconsolata Mariya Lasitskene, atleta russa di 31 anni, oro olimpico nel salto in alto agli ultimi Giochi di Tokyo. Non potrà difendere il suo titolo all’Olimpiade di Parigi

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