Patto Spalletti-Sinner gemelli di normalità La battaglia di Giulia
Luciano Spalletti che si inchina davanti a Jannik Sinner, l’abbraccio, l’applauso dei calciatori azzurri schierati, le parole di Gigi Buffon. L’incontro tra il giovane tennista e la Nazionale è stato uno dei momenti più significativi della settimana sportiva. In particolare, quello tra il tecnico di Certaldo e il ragazzo di San Candido. L’abbraccio divertito, spontaneo, senza imbarazzi, ha sancito un’intesa spirituale che Jannik ha spiegato nella preziosa intervista al nostro Fabio Licari: «Io e Spalletti ci somigliamo. Siamo riusciti, almeno io ci sto provando, a fare una cosa bella, che non è vincere o perdere, ma appassionare gente nuova, ragazzi, adulti. E non soltanto con i successi, ma con la normalità». Normalità è parola calda dei nostri tempi. Frigge nell’aria un desiderio di normalità e di autenticità che è stato intercettato soprattutto dai giovani. Per esempio, dal rapper Alfa che al Festival di Sanremo si è presentato con una T-shirt nera e un cuore giallo al petto, in mezzo a colleghi che hanno saccheggiato il guardaroba della Famiglia Adams. Davanti all’affannata e prevedibile ostentazione degli eccessi, l’outfit minimal di Alfa è risultato di gran lunga il più trasgressivo. Pochi giorni dopo, il ragazzo di Genova, tifosissimo del Grifo, ex studente bullizzato, ha riempito il Forum di Assago come pochi cantanti di Sanremo possono permettersi, perché ha dato voce al desiderio di normalità della sua generazione, un bene rifugio in un mondo in guerra, come l’amore che Alfa canta insieme alle ansie dell’età. Si può essere rapper anche senza infamare e invocare rabbia. Il duetto con Roberto Vecchioni è stato uno dei momenti più cool del Festival: «Sogna, ragazzo, sogna». Generazioni diverse a contatto. SpallettiSinner è un duetto del genere, due sognatori, due cantori di normalità che, poi, in concreto, significa: fai quello che sei. Sei un calciatore? Fai il calciatore. Il c.t. ha provato a spiegarlo in tutti i modi a Scamacca, prima di depennarlo dai convocati. Se sei sul lettino dei massaggi, molla il cellulare, perché sei lì per rilassare i muscoli e invece lo smartphone, è scientificamente provato, crea tensioni. Se il giorno dopo devi giocare, non fare l’alba alla playstation, perché, se riposi male, poi lo paghi in campo. Molla le distrazioni, non
L’incontro tra il c.t. e il tennista che vogliono ispirare, oltre che vincere Come la nuotatrice paralimpica
isolarti, goditi il gruppo e ogni momento del ritiro azzurro che è il sogno di tutti i bambini, parla con i tuoi compagni, se vuoi giocare, gioca a carte con loro, è anche così che si fa squadra. Osserva le foto sulle pareti di Coverciano, riempiti di storia e di sogni, impregnati di azzurro. Come ha spiegato Luciano: «Non si è nazionali solo nelle due ore della partita, anche nelle altre 22». Sinner gli ha fatto eco: «Che vinca o perda, per me non cambia nulla. Il giorno dopo mi alleno. Il tennis è la mia ossessione. Se non lavoro per migliorarmi, sto male». Soltanto tennis. Dopo il trionfo australiano, Jannik si è inabissato come un delfino ed è rispuntato a Rotterdam mesi dopo. È stato bello aspettarlo come il Natale e non vederlo rispuntare prima, altrove: a Sanremo a stonare qualche brano o in un talk-show a fare qualche E poi c’è la normalità di Giulia, ragazza di Parma, che è un altro tipo di battaglia. Aveva 16 anni quando perse l’uso delle gambe per un incidente sul tappeto elastico. Vertebra frantumata. Stava preparando i Mondiali . Dopo intervento e riabilitazione, Giulia Ghiretti ha immerso in piscina la sua passione per lo sport e per la vita. Tra Olimpiadi paralimpiche, Mondiali ed Europei, ha vinto 24 medaglie, record del mondo inclusi. A Parigi sarà una delle nostre atlete di punta. Mercoledì a Milano ha presentato il suo libro, scritto con Andrea Del Bue, “Sono sempre io” (Piemme). Non una biografia per piangersi addosso, ma una finestra aperta sugli altri che trasforma la propria esperienza in ispirazione per chi ha una battaglia da vincere e che fa riflettere sulle barriere che esistono nella testa delle persone, prima che in strada. L’«ossessione» per lo sport, di cui parla Sinner, ha aiutato Giulia a ripartire in carrozzina e ad aggredire la vita: si è laureata in Ingegneria Biomedica, era nel Comitato scientifico per Parma capitale della cultura, fa teatro, nelle scuole e nelle aziende trasmette il suo messaggio motivazionale. Che parte dal un sorriso solare, come quello di Jannik, specchio della serenità e della pienezza di una vita “normale”, che non ha un prima o un poi. Quel salto non ha interrotto nulla. È il senso della battaglia di Giulia, «Sono sempre io»: «Io sono Giulia e ho i tuoi stessi sogni, dolori, gioie e obbiettivi. Ci muoviamo tutti qui, nello stesso mondo, anche se la mia è una strada un po’ più in salita e con qualche curva in più. Ma in cima ci posso arrivare lo stesso». E poi cos’è la normalità? Chi ha il diritto di riconoscerla? «Chissà perché, quando parliamo di normalità, ci riferiamo sempre a noi e non a qualcosa al di fuori da noi. Normale per chi? Diverso per cosa? No, la normalità non esiste, facciamone una ragione». Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico, auspicava alla presentazione del libro: «I giovani avrebbero bisogno di influencer di valori, come Giulia». Come Giulia e come Jannick. Vero.