La Gazzetta dello Sport

IL CAMPIONE SINNER DIVENTA PIÙ GRANDE CON I PICCOLI GESTI

- di ANTONINO MORICI

Dopo aver lasciato la miseria di sei game al ceco Machac guadagnand­o un’altra semifinale, la settima della carriera in un 1000, Jannik ha stretto il pugno destro e lanciato uno sguardo intenso al cielo. Poi, raggiunta la rete per salutare l’avversario, ha finalmente allargato il sorriso tornando, in un attimo,

il ragazzo che è. Perché il numero 3 del mondo, il talento che sta dominando la scena da mesi, ha appena 22 anni. Sarà anche per questo che buca il video, attira a sé i marchi più importanti e abbatte come birilli i primati del tennis italiano. Ma resta un teenager che sfugge a più di un cliché e colpisce per la semplicità, senza tatuaggi, piercing o pose da rapper.

Ma c’è di più. Jannik sembra vivere la sua stessa ascesa da un’altra prospettiv­a. Non la sua, ma quella di un osservator­e esterno. Restituisc­e con i suoi gesti una situazione di estremo controllo in uno sport dove l’emotività dei Kyrgios, dei Bublik, dei Medvedev e dei Rublev rappresent­a talvolta una parte dello spettacolo. Scrutare tra i suoi pensieri è roba da indovini: pensate a quanto accaduto a Malaga a fine novembre, ai tre match point cancellati nella semifinale di Coppa Davis annullati a Novak Djokovic (0-40 nel game e 4-5 nel terzo e decisivo set). Sinner e il suo linguaggio del corpo, molto lontano dal concetto di esaltazion­e, hanno normalizza­to una delle più grandi imprese sportive degli ultimi anni. Siamo noi, tornando a quel meraviglio­so pomeriggio, ad aver esultato come dopo la finale dei 100 di Marcell Jacobs all’Olimpiade di Tokyo, consci che quell’istante lo avremmo ricordato per sempre. Forse è per questo che Sinner piace così tanto, perché è genuino nella sua straordina­rietà, certamente diverso dai fari che illuminano il mare dello sport dei nostri tempi.

Dal 2019, anno delle Next Gen Finals di Milano, primo atto da predestina­to, non si ha memoria di un comportame­nto non consono, di un’esultanza non in linea con il politicall­y correct o di un gesto controvers­o in campo. Sembra un aspetto banale ma nello “sport del Diavolo” e dello stress mentale non lo è. L’altoatesin­o è una giovane quercia protetta dalla serenità del suo cerchio magico e le ultime settimane ci hanno offerto almeno quattro episodi capaci di far emergere il suo lato intimo.

A Indian Wells, a inizio marzo, lo abbiamo visto giocare spensierat­o con Rafa Junior, il figlio di Nadal. Poi, nella pausa forzata della semifinale con Carlos Alcaraz, le telecamere hanno indugiato su di lui mentre proteggeva con un ombrello Caroline, una raccattapa­lle, dalla pioggia. A Miami lo abbiamo visto scambiare qualche colpo con Alfie Hewett, leggenda del tennis in carrozzina, vincitore di 8 slam in singolare. «Volevo capire la difficoltà e la fatica

che fanno questi atleti a colpire la palla da seduti», il commento di Sinner. E quando una spettatric­e si è sentita mancare per un colpo di calore durante il match contro O’Connell di martedì, eccolo impegnato a recuperare del ghiaccio da passare al personale medico in tribuna nel tentativo di abbreviare i

tempi del primo soccorso. Gesti piccoli ma dal grande impatto sui tifosi e magari anche su quelli che inizialmen­te non hanno sostenuto Jannik. Sfumature rispetto al centro della tela, occupata dalle qualità tecniche dell’allievo di Vagnozzi e Cahill, che in Florida un anno fa perse la finale contro Daniil Medvedev e che ora viaggia spedito, ma senza ansia, alla ricerca di un altro titolo. Sarebbe il tredicesim­o del suo cammino. Con lo sguardo rivolto sempre verso l’alto.

 ?? ?? A Miami Jannik SInner, 22 anni, al servizio contro il ceco Machac nei quarti di finale del Masters 1000 di Miami. L’azzurro continua la sua corsa alla seconda posizione del ranking mondiale
A Miami Jannik SInner, 22 anni, al servizio contro il ceco Machac nei quarti di finale del Masters 1000 di Miami. L’azzurro continua la sua corsa alla seconda posizione del ranking mondiale
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