Gasp chiude la serie no Il primo stop di Calzona è la resa del Napoli
Battuti gli azzurri, vincitori degli ultimi 4 confronti La Dea elimina così definitivamente un’eurorivale
Il Napoli ha masticato il successo, ma non ne sente più il sapore. Anche se è la prima sconfitta in campionato nella gestione Calzona, ha il significato di una resa. Totale. La vittoria serviva per scavalcare l’Atalanta e per non scendere del tutto dal treno che corre verso la nuova Champions. Invece ai 50 mila del Maradona è stata proposta una prestazione avvilente da una squadra che non ha più un’anima e neanche un carattere. Un gruppo che viene fischiato e sbeffeggiato, tanto che neanche la contestazione fuori monta feroce. E’ Pasqua, non si esagera, e poi la conclusione non è una sorpresa, pesando tutta l’annata, i tre allenatori, gli sbagli e gli obblighi dovuti al presidente, tipo Zielinski in castigo, come se servisse a modificare la sua partenza per l’Inter. La manifestazione contro il razzismo, con tutti i giocatori del Napoli inginocchiati prima del via per solidarietà a Juan Jesus, resta la fotografia migliore della squadra di casa.
Il salto in avanti L’Atalanta non vinceva in campionato dal 17 febbraio. Elimina una concorrente per la grande Europa, si butta con entusiasmo nel suo mese verità: mercoledì sarà a Firenze per la prima semifinale di Coppa Italia, l’obiettivo più desiderato. Non è un’Atalanta supersonica, non poteva esserlo dopo una sosta di mezzo mese (ultima gara il 14 marzo, poi rinvio per Barone e pausa nazionali), uno stop in cui Gasp ha visto alcuni giocatori partire sani e tornare infortunati, vedi De Ketelaere, come dall’altra parte Kvaratskhelia. Ma l’Atalanta cancella la serie nera con il Napoli – 4 sconfitte consecutive – con la concretezza in ogni settore, la scaltrezza nel capire e nell’approfittare degli orrori altrui: i doni non soltanto vengono accettati, ma vengono anche forzati. Vero che nel 2-0 Juan Jesus regala palla a Scamacca, che poi segna dopo scambio con Miranchuk, ma il centravanti quel pallone l’aveva perso, con un controllo sghembo. Qui sta la differenza: una squadra rimedia alle imperfezioni, l’altra se ne duole e non ha capacità di reazione.
I motivi E’ perfino troppo facile per i nerazzurri in rosso chiudere il primo tempo avanti 2-0, perché a una fase difensiva friabile, impaurita e lamentosa che chiede falli inesistenti per qualsiasi contatto, Gasp può opporre i piedi raffinati di Miranchuk (palo, gol, assist), la dinamica saggezza di Pasalic, cui basta anche un colpo di tacco per aprire il campo, l’aggressività quasi ferina di Scamacca , uno che forse ha bisogno di venir messo a terra per incattivirsi, in senso positivo. Nemmeno il Napoli migliorato - fuori giustamente Raspadori e Traore, dentro Ngonge e Zielinski - riesce a ribaltare il suo destino (due pali del polacco e di Osi) a inizio ripresa, quando c’è ancora tempo. E se Osimhen riesce a liberarsi dalle grinfie di Hien, c’è Carnesecchi che non accetta di rimettere tutto in gioco. Il finale è ancora più rovinoso, mentre la gente perde la pazienza e Koopmeiners a mezzo servizio trova il modo di far aumentare il suo prezzo, con un sinistro filante. L’uragano di fischi è inevitabile, mentre i bergamaschi saltano per la gioia di un orizzonte ancora con vista Champions. Giusto così.