La Gazzetta dello Sport

PEP E ANCELOTTI DIVERSI E VINCENTI CITY-REAL MADRID È SFIDA DA MAESTRI

Per la terza volta di fila i due tecnici si incontrano in Champions. Stasera si riparte dallo spettacola­re 3-3 dell’andata

- Di Davide Chinellato INVIATO A MANCHESTER

Così diversi, così vincenti. In campo ci andranno i giocatori, come ha sottolinea­to Carlo Ancelotti alla vigilia, ma il ritorno di Manchester City-Real Madrid alle 21 sarà anche, se non soprattutt­o, la sfida in panchina tra lui e Pep Guardiola. Due maestri capaci di lavorare sulla testa dei loro giocatori, di trovare la chiave giusta per vincere partite importanti come il ritorno di un quarto di finale di Champions League, in quello che è diventato un nuovo classico d’Europa, visto che le due squadre si affrontano per la terza stagione di fila e nelle due precedenti edizioni chi l’ha vinto ha sempre alzato il trofeo della Champions. Il loro atteggiame­nto è diverso, il loro credo calcistico pure, anche se nel Milan di Sacchi Ancelotti ha la palestra in cui ha vinto e imparato il mestiere di allenatore e Pep, pur cresciuto nel mito di Cruyff, il suo maestro al Barcellona, una delle squadre nella storia che ha ammirato di più. Entrambi possono mettere lo zampino su questo City-Real in modi determinan­ti quanto un gol di Erling Haaland o una magia di Jude Bellingham. «Pep stia tranquillo, ci conosciamo bene e non c’è niente da inventare» ha detto Ancelotti sollevando beffardo il suo sopraccigl­io nella pancia dell’Etihad, solo qualche ora dopo che Guardiola, nel meraviglio­so centro sportivo del City di fronte allo stadio, aveva detto che studiare le mosse di Carlo nella partita di andata e provare a prevedere quelle del ritorno era uno dei suoi compiti dopo la vittoria sul Luton che ha rimesso la Premier nelle sue mani.

Maestri Lo stile in panchina è la differenza più grande tra questi vincitori seriali. Ancelotti è il signore della Champions: l’ha vinta 4 volte da allenatore, due col Milan e due col Real Madrid. Guardiola potrebbe diventarlo, visto che ha aggiunto alle due conquistat­e col Barcellona quella sollevata lo scorso anno col Manchester City. Passando sopra, tra l’altro, anche al Real. Anche in quella occasione Ancelotti è sempre rimasto calmo, distaccato ma mai lontano dalla partita: la sa leggere, la sa cambiare, soprattutt­o sa trovare il modo giusto per tenere motivati i suoi giocatori. Pep in panchina è meno zen, meno calmo, più preso dalla partita quasi come quando giocava. È filosofo fuori, rivoluzion­ario nel creare uno stile e replicarlo con successo prima al Barcellona, poi al Bayern Monaco e ora al Manchester City, così bene che sono in tanti, critici e non, a giurare che sia lui il miglior allenatore di sempre. Ancelotti magari non avrà rivoluzion­ato il calcio, ma è sempre riuscito a sfruttare al meglio le sue squadre, a tirare fuori il meglio dai campioni che ha avuto, a farli diventare ancora più grandi. La stessa cosa che sta facendo a Madrid con Jude Bellingham. «La firma dei grandi allenatori è quella di saper far credere ad un giocatore di essere migliore di quanto lui stesso pensa di essere - ha detto la 20enne superstar inglese di Ancelotti -. Lui mi dà quella fiducia ogni giorno, la libertà di scendere in campo ed essere il più efficace possibile. Con me è stato incredibil­e, mi ha aiutato a capire il mio potenziale. Il merito è sicurament­e suo per quello che ho fatto al Real e sono estremamen­te grato di averlo come allenatore». Un po’ lo stesso disco dei giocatori di Pep, Haaland in testa, che sottolinea­no sempre quanto lavorare sotto Guardiola ha fatto loro vedere il calcio con altri occhi.

Decisivi Tocca a loro, adesso, trovare la chiave giusta per vincere questa partita, per andare in

quella semifinale di Champions che conoscono così bene e che hanno entrambi la fiducia di poter conquistar­e. Sono loro a dover preparare la partita, a trovare gli aggiustame­nti per fare la differenza. Ancelotti lavora sul 4-31-2 con Bellingham dietro le punte e sul come giocare «una partita completa». Pep, uno che sguazza nella pressione di queste grandi partite, deve scegliere quale dei mille assetti del suo City è quello giusto. Certo, quando Orsato fischierà l’inizio saranno i giocatori a dover fare la differenza. Ma questo attesissim­o quarto di Champions potrebbe non essere deciso da un gol, ma da un’idea, dalla capacità di reagire alla mossa di un avversario, dalla fiducia instillata nei giocatori, dalla scelta giusta, Quelle in cui Guardiola e Ancelotti hanno dimostrato non da oggi di essere maestri.

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