La Gazzetta dello Sport

GIOIA DE ROSSI «ROMA REAL»

«Il segreto di una vittoria? Noi ci sentivamo magici...» Spiega: «Siamo stati bravi a difendere come gli spagnoli, anche con un uomo in meno. E in questa gara ci abbiamo messo pure un gran cuore»

- di Andrea Pugliese ROMA

Ha sofferto, corso, urlato. Non si è mai fermato, accompagna­ndo la squadra per tutta la partita e predicando spesso calma. Anche se poi dentro lui non poteva essere calmo, era impossibil­e esserlo, c’era troppo in palio. Tanto che alla fine Daniele De Rossi si è lasciato andare, ha sfogato tutta la sua gioia, per un traguardo che solo tre mesi fa si sognava in cartolina. Ed invece quella cartolina lì porta proprio la sua firma, quella di DDR, tanto per usare una sigla che in gialloross­o è storia da sempre e da ieri anche un po’ più di prima. Ed ora De Rossi si giocherà la semifinale contro il Bayer Leverkusen, la squadra delle meraviglie, proprio dove il 20 ottobre del 2015 segnò addirittur­a una doppietta in Champions League, in un 4-4 scoppietta­nte, una delle serate più belle della sua vita calcistica a livello europeo. Anche questo conta, perché poi le emozioni fanno sempre la differenza nella testa di Daniele.

Il disegno De Rossi ieri l’ha studiata proprio come all’andata, con quel 4-4-2 con El Shaarawy a destra che a San Siro aveva funzionato alla perfezione. E ieri forse anche di più, perché se poi non ci fosse stato l’infortunio di Lukaku e il successivo rosso a Celik, la Roma probabilme­nte avrebbe sofferto poco. Perché Daniele la partita l’aveva disegnata bene fin da subito, alla faccia di chi pensava che potesse venirgli il braccetto nel momento della gloria, ad un passo dal traguardo. Che poi il traguardo vero, per un vincente come lui, è altro e si trova direttamen­te a Dublino, dove il 22 maggio si giocherà la finale di Europa League. Del resto, le premesse erano state bellissime, con il rinnovo annunciato in mattinata. «È un attestato di fiducia importanti­ssimo – dice De Rossi -. In soli tre mesi io e il mio staff abbiamo convinto i presidenti a darci questa enorme dimostrazi­one di fiducia, farlo prima di una partita così delicata ha un significat­o importante. È una dimostrazi­one gigantesca di fiducia, ne sono onorato. Modo migliore per festeggiar­e non c’era, anche se avevo un po’ paura che questa notizia rovinasse il resto della giornata, visto che dovevamo pensare solo al Milan».

La partita Ed invece non è stato rovinato nulla, perché poi la Roma ha giocato una partita perfetta: prima tatticamen­te, poi con il cuore. «Per eliminare una squadra come il Milan c’è bisogno dell’eccellenza, quasi della perfezione – continua l’allenatore della Roma -. Loro sono fortissimi, abbiamo fatto due ottime partite. Stavolta abbiamo messo anche un grande cuore, una volta rimasti in dieci c’era da fare una partita intensa, ma anche tatticamen­te intelligen­te. Per me è un orgoglio essere l’allenatore di questa squadra. È capitato anche al Real di chiudersi un po’ bassi e difendersi. Noi siamo stati bravi a farlo nel momento giusto». Soffrendo un po’, ma godendo di gioia alla fine. «La sensazione è che avessimo qualcosa di magico addosso. Poi l’espulsione ha cambiato un po’ tutto. Ma il doppio confronto è stato equilibrat­o e questo per noi è già un grande merito, visto che negli ultimi anni il Milan ci aveva battuto quasi sempre e un po’ tutti ci davano

per sfavoriti. Ma noi puntiamo sempre ad attaccare lo spazio vuoto. Fa la differenza credere anche in ciò che non sembra possibile, a nessuno cade la corona se si fanno due metri di più di corsa e a volte il premio è bellissimo».

Il movimento E allora lui è la dimostrazi­one di quanto si possa far bene a livello di calcio italiano e di allenatori. «Il livello del nostro calcio è alto, a volte forse pensiamo a quando eravamo i migliori, ma ora sono 5-6 anni che stiamo tornando competitiv­i. L’erba del vicino non è sempre più verde. Con idee e ambienti come l’Olimpico e San Siro ai giocatori forti verrà sempre voglia di venire a giocare in Italia. E poi stiamo continuand­o a partorire allenatori che non sfigurano, a volte serve un’opportunit­à come la mia, che mi è cascata dal cielo. Abbiamo sempre pensato che la scuola italiana fosse la migliore, sbagliando. Ma quel che è certo è che partoriamo sempre tanti bravi allenatori». Come lui, appunto.

 ?? GETTY IMAGES ?? La gioia dopo lo spavento Evan N’Dicka, 24 anni, celebra insieme a tutti i compagni la vittoria per 2 a 1 contro il Milan nella sfida di ritorno dei quarti di finale dell’Europa League. Per il difensore franco-ivoriano il modo migliore per superare lo spavento del malore accusato a Udine
GETTY IMAGES La gioia dopo lo spavento Evan N’Dicka, 24 anni, celebra insieme a tutti i compagni la vittoria per 2 a 1 contro il Milan nella sfida di ritorno dei quarti di finale dell’Europa League. Per il difensore franco-ivoriano il modo migliore per superare lo spavento del malore accusato a Udine
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 ?? GETTY IMAGES ?? Daniele De Rossi, 40 anni, soccorre sorridendo Stephan El Shaarawy, 31 anni, colpito dai crampi nel finale della sfida dell’Olimpico contro il Milan
GETTY IMAGES Daniele De Rossi, 40 anni, soccorre sorridendo Stephan El Shaarawy, 31 anni, colpito dai crampi nel finale della sfida dell’Olimpico contro il Milan

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