POGACAR SENTI NIBALI «SEI UN FENOMENO MA IL GIRO D’ITALIA TE LO DOVRAI SUDARE» A
L’analisi del re 2013 e 2016. «I rivali? Bardet è uno creativo, Thomas all’ultima chiamata. In un grande giro nulla è semplice»
nche un fenomeno come Tadej Pogacar «dovrà sudarsi la vittoria finale del Giro d’Italia. In un grande giro non c’è mai niente di veramente facile...». E se lo dice una autorità in materia come Vincenzo Nibali, c’è da crederci. Dall’alto delle sue quattro vittorie (due Giri d’Italia, un Tour, una Vuelta), più altri sette podi e due quarti posti, lo Squalo ha vissuto ogni ruolo: promessa, outsider, campione da battere. Nelle 27 grandi corse a tappe che ha disputato tra il 2007 e il 2022 ha visto di tutto.
► Ma c’era mai stato, Nibali, un favorito così chiaro per la maglia rosa come è adesso il fuoriclasse sloveno?
«Sì. Penso ad Alberto Contador al Giro 2011, per esempio (lo spagnolo in effetti dominò, poi fu detronizzato per il controverso caso clenbuterolo, ndr). Pure io arrivai benissimo al Giro 2013, perché vinsi sia Tirreno-Adriatico sia Giro del Trentino, anche se contro avevo Wiggins che l’anno prima aveva conquistato il Tour de France».
► Come si fa a non partire già battuti contro Pogacar?
«Devi toglierti dalla testa la convinzione che sia imbattibile, anche se può sembrarlo. Il discorso è anzitutto mentale. Io a volte nelle interviste, per dire, tentavo di destabilizzare qualche rivale, e pure loro lo facevano, con qualche dichiarazione particolare. Tipo ‘Quello va già troppo forte, magari avrà un calo’. Erano tentativi, poi magari non succedeva niente...».
► Sì, ma i rivali di Pogacar chi possono essere?
«Guardi, sinceramente: se anche ci fosse stato Vingegaard al via, io avrei detto che il percorso del Giro era molto più adatto a Pogacar, sulla carta, per come è stato disegnato. Ci sono parecchi traguardi e percorsi fatti per lui. E poi, ancora una volta, all’ultima Liegi è stato impressionante. Fenomenale. Forte ovunque».
► Allora, torniamo alla domanda di prima: chi c’è?
«Guardiamo i confermati alla partenza: Romain Bardet è molto creativo, non ha paura di muoversi da lontano, si può buttare all’attacco pure in discesa. Ha esperienza, corre bene, sa gestirsi. Per me farà un bel Giro. Geraint Thomas è all’ultima chiamata, l’anno scorso ha perso la rosa nel finale quando nelle tappe precedenti avrebbe potuto guadagnare più vantaggio su Roglic».
► Che trama si aspetta?
«Pogacar già nei primi giorni qualche tappa la vincerà, e si avvantaggerà. Non bisogna demoralizzarsi e capire lungo la strada, che è lunga, dove e come si potrà fare qualche cosa di diverso e provare a recuperare. Poi c’è un altro aspetto».
► Quale?
«Devi essere perfetto per 21 giorni, 20 non bastano. Ora, non auguro nessun imprevisto a Tadej, ci mancherebbe. Ma, parlando in generale, un singolo giorno storto, che può capitare a chiunque, può cambiare tante cose. Esempio: ci potrebbe essere freddo estremo, al Giro capita, e a quel punto devi solo portare la pelle al traguardo. Pure i grandi campioni, sempre in generale, hanno le loro difficoltà. E allora la differenza la fanno gestendo i momenti negativi senza andare alla deriva».
► Lo scenario che prevede Pogacar vincitore a mani basse?
«C’è, certo. Ma ricordate il Tour 2014? Io ho portato la maglia gialla 19 giorni su 21, però mica è stato semplice. Il contrario. In un grande giro non puoi mai avere tutto sotto il tuo controllo. Ai rivali di Tadej dico: nell’uno contro uno la vedo durissima, bisogna inventare. E il percorso e il contesto del Giro, più del Tour, aiutano l’inventiva».