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L’ADDIO A IMOLA TRENT’ANNI FA IL SUO VIAGGIO NON È MAI FINITO
Sono passati trent’anni. Se ci fosse ancora, Senna oggi potrebbe essere tutto. Il presidente del Brasile, perché il suo carisma aveva già allora conquistato il Paese. Il capo della sua Fondazione benefica, un team manager in F.1, o più semplicemente un uomo di 64 anni che si gode vita e famiglia da qualche parte nel mondo. Invece Ayrton non c’è più. Eppure resta nel cuore e negli occhi di tutti, come se quel 1° maggio 1994 a Imola fosse un incubo da cui prima o poi ci si dovesse risvegliare.
Nuvole basse Giorni di ansia e paura
Quello del GP di San Marino fu il più tragico fine settimana nella storia della F.1 moderna. Il pilota brasiliano ci era arrivato in un periodo difficile della sua vita. In inverno aveva lasciato la McLaren, con cui aveva vinto i suoi tre Mondiali, per la Williams. Ma era una monoposto difficile e nelle prime due gare Senna non aveva visto il traguardo, mentre Michael Schumacher vinceva con la Benetton. Ayrton era convinto che la monoposto del tedesco avesse ancora il controllo di trazione vietato per il 1994. Arrivò sul Santerno con 20 punti da recuperare e i sospetti in testa. In più, in quei giorni, ebbe uno scontro durissimo con il fratello Leonardo riguardo la fidanzata Adriane. Lui la amava, ma non piaceva alla sua famiglia. Il suo animo era in subbuglio. E qualcosa in quella F.1, di quelle monoposto, non andava. Nelle libere, venerdì, Barrichello si capottò con la sua Jordan alla Variante Bassa: un volo pazzesco. Fu estratto con pochi danni. Il giorno dopo toccò all’esordiente Ratzenberger. Nelle qualifiche perse l’ala anteriore della Simtek e finì contro il muro a velocità enorme. Non sopravvisse allo schianto.
L’alba Una mattina diversa
Prima del via, lui era in macchina e sorrideva sotto il casco. È l’ultimo contatto visivo
Gerhard Berger
Per arrivare in F.1 aveva lottato, e si godeva la vita. In caso avrebbe rifatto tutto allo stesso modo
Eddie Irvine su Ratzenberger Prima della gara parlò a lungo con Alain Prost, il grande rivale
Domenica 1° maggio il telefono, nella stanza di albergo di Senna, suonò alle 7.30 precise come da accordi. Era il comandante del suo aereo privato, Owen O’Mahoney, che doveva ritirare i bagagli per la partenza dopo il GP. Ayrton fece colazione, salutò il proprietario dell’hotel e salì sull’elicottero che lo aspettava per portarlo in circuito. Nel warm-up del mattino andò fortissimo, rifilò 9 decimi al compagno Damon Hill e più di un secondo agli altri. Poi, in modo inatteso, volle passare del tempo con il suo grande rivale Alain Prost. I due rimasero mezz’ora seduti al tavolo del motorhome della Williams a chiacchierare, prima del briefing dei piloti e di un incontro con Gerhard Berger per parlare di sicurezza. Il brasiliano arrivò sulla griglia presto e rimase per oltre 15 minuti nell’abitacolo, preparandosi mentalmente alla gara.
Fine corsa L’anima se ne va
Diciassette minuti dopo le due del pomeriggio la Williams di Ayrton abbandonò la pista finendo contro il muro all’esterno della curva del Tamburello. Colpì le barriere con un angolo di 45 gradi, una ruota rimase incastrata tra il telaio e il muro, un braccio della sospensione si infilò nel casco colpendo il brasiliano. Il professor Sid Watkins, responsabile medico ai GP e grande amico del brasiliano, arrivò sul luogo dell’incidente con l’auto di soccorso. «Come l’abbiamo adagiato per terra ha emesso un sospiro. Anche se sono agnostico ho avuto la
Sul nostro sito uno speciale su Senna: imprese, record, ritratto, la sua eredità, l'inchiesta sull'incidente, le auto e moto con il suo nome sensazione che in quel momento la sua anima se ne andasse», raccontò Watkins. I soccorsi frenetici per tenerlo in vita, il trasporto in elicottero all’ospedale Maggiore di Bologna, non servirono. Alle 18.40 Senna era morto.
L’arrivo a casa Un milione di orfani
Il martedì mattina, dopo l’autopsia, iniziarono i preparativi per riportare Senna a casa, in Brasile. Un aereo dell’Aeronautica militare italiana fece la prima tratta fino a Parigi, da lì avrebbe proseguito per San Paolo su un volo Varig. L’intenzione era di far viaggiare il feretro in cabina, ma il regolamento della compagnia aerea non lo permetteva e il pilota si oppose. Finché arrivò una telefonata dal Brasile e venne fatta un’eccezione. I passeggeri della business vennero spostati in prima classe e smontando alcuni