La Gazzetta dello Sport

« GIRO E ITALIA NEL EL CUORE»

FELICITÀ POGACAR «IO VIVO DI SFIDE E IL PIANO È CHIARO PANTANI UN SOGNO»

- di Ciro Scognamigl­io

Ragazzo Venivo a correre in Italia già da allievo: pasta, prosciutto e parmigiano, bei momenti

Passione Se fosse stato per me, sarei venuto a fare il Giro già cinque anni fa...

Doppietta In tanti ci hanno provato e non ci sono riusciti. Una tappa alla volta

Il fenomenale sloveno pronto al debutto rosa e alla doppietta col Tour: manca dal Pirata 1998 «Grazie a voi sono diventato corridore»

Finalmente. Finalmente Tadej Pogacar al Giro d’Italia. «Ma vi devo rivelare che se fosse stato solo per me, ci sarei venuto già cinque anni fa…». Da neoprofess­ionista talentuoso e promettent­e, quindi. Invece le strade della bici e della vita hanno voluto che al momento del debutto nella corsa rosa – sabato il via dell’edizione 107 con la Venaria Reale-Torino – lo status del ragazzo di Komenda sia radicalmen­te diverso. Sia quello del numero uno al mondo, che ormai non fa più mistero di voler diventare «il migliore della storia». Anche per questo è attesissim­o, oltre al fatto che ha deciso di tentare quell’accoppiata GiroTour che non riesce da Pantani 1998: merita un applauso gigante. «Sono troppo giovane per ricordare Pantani dal vivo, ma sarebbe un sogno fare come lui». Il resto degli omaggi conta di prendersel­i sulle strade del Giro, grazie alle meraviglie che è in grado di mettere in scena sulla sua Colnago: in questa sesta stagione tra i pro’ – già la sesta, sì – è apparso più forte che mai. Ha dominato Strade Bianche, Catalogna e Liegi-Bastogne-Liegi, ha chiuso terzo la Sanremo. L’Italia lo ama, Tadej ama l’Italia (con pizza e pasta, “espresso” è una delle prime parole che ha imparato): le premesse sono ottime dopo gli ultimi giorni tra allenament­i e un po’ di relax, come il kart con Matthews, Wellens e Covi o le coccole al gatto dei genitori che sono andati a trovarlo a Montecarlo.

► Tadej, cominciamo… dall’inizio. Ricorda quando ha scoperto la prima volta il nostro Paese?

«Non so dire esattament­e, ma di sicuro sono venuto a correre in bici in Italia, è stato quello il motivo. Già tra gli allievi mi è capitato davvero dav spesso. Erano gare molto dure dur per me, perché i ragazzi italiani lian erano molto forti, lo ricordo bene, ben più di noi. Già un posto nei primi prim dieci era come vincere, e lo festeggiav­amo. fest Mi innamorai di queste que corse, volevo sempre venire in Italia. A mezzogiorn­o mangiavo ma pasta, prosciutto, parmigiano, mig e due ore dopo c’era la gara. gar Per tornare a casa in macchina chin si faceva tardi, arrivando di notte. not Tanti bellissimi momenti. Mi ssono fatto tanti amici».

► ►L’ L’Italia è stata una culla ciclistica stic e il suo secondo Paese?

«PePenso di sì. Certamente mi sono divertito sempre tanto, c’era un livello più alto ed è grazie alle corse cor in Italia che si sono aperte le porte por del grande ciclismo».

► ►E E il Giro d’Italia dei grandi lo seguiva seg in television­e da ragazzo? Ha qualche ricordo?

«SìSì, uno su tutti ma non è legato alla tv. Una domenica, c’era una corsa in Austria a cui partecipai. Al mattino. Non ricordo come andò, poi il nostro allenatore prese l’auto e ci portò a Trieste per l’ultima tappa del Giro 2014. La vinse uno sloveno, Luka Mezgec! Non lo dimentiche­rò mai. Andammo a farci dare le borracce dal team, fu come un sogno che si avverava. Ce l’ho nel cuore».

► La decisione di correre il Giro è più sua o della Uae-Emirates?

«Beh, la mia idea per la verità sarebbe stata quella di venirci subito, al primo anno… Ma poi la mia carriera si è sviluppata troppo velocement­e, in un certo senso, e non si era ancora creata l’opportunit­à. Ora sono abbastanza ‘grande’ da poter pensare di partecipar­e a due grandi giri nello stesso anno. Non vedo l’ora che inizi questa, di sfida. La sfida del Giro. Sarà un bellissimo maggio. Ne avevo parlato con Van der Poel dopo la Liegi, lui ha potuto andare in vacanza a Dubai, a me sarebbe piaciuto, ma ho del ‘lavoro’ da fare in questo mese…». Nota: al debutto alla Vuelta, Tadej chiuse terzo, il primo Tour lo vinse. Chiudesse sul podio pure il primo Giro, eguagliere­bbe Felice Gimondi e Bernard Hinault, pure loro sempre nei primi tre da debuttanti in tutti e tre i grandi giri.

► Tentare la doppietta è la sfida più difficile della sua carriera?

«Penso… che quanto è successo lo scorso anno lo sia stato di più. Più duro. Il 2023 è stato davvero esigente per il fisico e la mente, affrontare il Tour dopo l’infortunio (frattura di uno scafoide e stop alle competizio­ni per due mesi, ndr) alla Liegi. Ho sofferto tanto. Stavolta ho obiettivi chiari, e una visione altrettant­o chiara su cosa fare. Mentalment­e, è più facile. Magari dopo il Tour risponderò in maniera diversa. Vedremo quanta ‘benzina’ sarà rimasta nel serbatoio».

► Finora ha vestito la maglia di leader in tante corse. Si ricorda se qualche volta qualcuna di queste fosse stata di colore rosa?

«Sì, è vero, ne ho indossate parecchie. Spesso gialle, poi c’erano pure quelle delle altre classifich­e. Punti, giovani, montagna. Quando finirà la carriera sarà un bell’impegno mettere tutto in ordine. Rosa, però, non mi pare».

► E ha qualche oggetto speciale di colore rosa a casa?

«Una borraccia del Tour de France femminile, mi pare. Per ora!».

► Del Giro ha visto già diverse tappe in ricognizio­ne, giusto?

«Sì, le due cronometro e lo sterrato in Toscana. Poi c’è la giornata di Livigno, e lì non avevo bisogno di rivedere il tracciato perché conosco molto bene quelle salite. Penso che sarà la tappa regina. Ho deciso di non andare in quota dopo la Liegi, avendo già fatto quasi tre settimane a Sierra Nevada dopo il Catalogna».

► Sarà il chiaro favorito.

«Ma a questo aspetto non penso tanto. Ci sono tanti rivali forti e io non sottovalut­o nessuno. Così come non penso alla doppietta adesso, è una prospettiv­a lontana al momento, nel senso che tanti ci hanno provato e non ci sono riusciti. Mi concentrer­ò su una tappa alla volta. Il Giro parte con giornate impegnativ­e, bisogna farsi trovare pronti da subito».

► Tadej Pogacar ha sempre bisogno di nuovi stimoli: è vero?

«Sì, è così. È un aspetto importante porsi sfide differenti, cambiare, affrontare gare nuove. Cimentarsi nel Tour dopo il Giro lo è, mentre non penso che l’Olimpiade quest’anno sia troppo adatta a me. Il Mondiale, già di più, è un obiettivo. Ora, comunque, nella testa c’è il Giro. Per dare il meglio. Per fare il meglio».

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Tadej Pogacar, 25 anni, ha vinto 2 Tour e 6 classiche Monumento
BETTINI Fa la storia Tadej Pogacar, 25 anni, ha vinto 2 Tour e 6 classiche Monumento

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