La Gazzetta dello Sport

De Roon ai compagni: «Ora conta vincere, con o senza di me»

Per l’olandese, infortunat­o, uno striscione dei tifosi sotto casa: « Mi ha emozionato»

- di Andrea Elefante INVIATO A DUBLINO (IRLANDA)

Quelle lacrime e poi quello striscione. Piangeva forte Marten De Roon una settimana fa, durante quel lungo, lentissimo camminare trascinand­o il bicipite femorale che aveva urlato di dolore, fino alla panchina. Il volto nascosto dalle mani, ché altro da nasconders­i non c’era. Non la certezza di non poter giocare la partita più importante della sua carriera, stasera. Lo striscione dei tifosi nerazzurri, l’olandese lo ha visto ieri mattina, gliel’hanno appeso proprio di fronte a dove abita: «Attaccamen­to, sacrificio e maglia sempre sudata. De Roon, la tua coppa l’hai già conquistat­a». E «mi sono emozionato un’altra volta», ha raccontato ieri.

Lacrime di bimbe Perché c’erano state anche lacrime che hanno visto in pochi: quelle delle sue due figlie più piccole, Evie e Bo, che erano all’Olimpico con mamma Ricarda la sera della finale con la Juve. Il papà piangeva e hanno iniziato a farlo anche loro, perché «papà non piange mai». Non versava lacrime da tanto, De Roon: da anni, l’ultima volta era stata quando era morto suo nonno. L’ha rifatto nei giorni scorsi, però stavolta a vederlo c’erano solo la moglie e il suo telefono: rimandava in loop il video emozionale che il club gli aveva dedicato e il suo lungo post, fiero e triste come è lui. Uno smartphone strapieno di messaggi, «uno più bello dell’altro»: gente che Marten conosce e molti sconosciut­i e forse anche per questo ha preferito girare per Bergamo il meno possibile. Per non darla di nuovo vinta alle emozioni.

Urla più forte, Marten I primi due giorni sono stati così: emozionant­i e molto difficili. Poi De Roon ha fatto quello che fa sempre, che aveva fatto prima di infortunar­si come si infortunan­o “quelli che risolvono le situazioni difficili”, così gli è sempre piaciuto descrivers­i. Martino, come lo chiamano amorevolme­nte a Bergamo, aveva raccolto tutte le sue forze per rincorrere il contropied­e di Vlahovic, e il muscolo aveva fatto “tac” non per lo sprint, ma all’ultimo passo, quello per provare a bloccare il serbo. Una fitta tale da non lasciargli dubbi su quanto era successo. Dunque doveva chiedersi il massimo un’altra volta, non aveva altra scelta che trasformar­si da giocatore a tifoso: fuori dal campo, ma neanche troppo fuori, perché Gasp gli ha chiesto di sedersi in panchina vicino a lui, stasera. E forse quello è stato il primo momento in cui De Roon è tornato a sorridere, dalla notte dell’Olimpico. Dentro la squadra come sempre, almeno con la voce: «Ma tanto il mister grida già per due, se riesco lo farò assieme a lui, però è già molto carico e per quello che ho visto ieri in allenament­o ha preparato questa partita molto bene. Io mi sono detto che devo portare energia positiva. Da ieri sorrido, ai compagni dirò di godersi la partita, che vuol dire anche mettere intensità, dare il massimo, cadere ma rialzarsi subito. Con o senza di me, conta alzare questo trofeo: non si alza una coppa senza battere i più forti».

 ?? ?? Idolo dei tifosi Marten de Roon, 33 anni, è arrivato una prima volta all’Atalanta nel 2015. Ceduto al Middlesbro­ugh nel 2016, è tornato a Bergamo nel 2017
Idolo dei tifosi Marten de Roon, 33 anni, è arrivato una prima volta all’Atalanta nel 2015. Ceduto al Middlesbro­ugh nel 2016, è tornato a Bergamo nel 2017

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