ATALANTA, PER LA COPPA SERVE TUTTA LA MUSICA DEL CALCIO DI GASPERINI
Una squadra piena di senso e che i sensi riempie: una squadra che nelle sue partite riuscite si può vedere e perfino sentire per quel suono distinto che fa quando attacca, precipitando verso la porta avversaria, come se l’avesse piegato, il campo, come se fosse in discesa verso il gol. L’Atalanta è stata questo varie volte in questi otto anni, spesso per pezzi interi di stagione, altrimenti in qualche partita inclinata nel modo giusto. L’ultima qualche giorno fa, contro la Roma. Momenti di potenza affascinante, di furore collettivo ma limpido, lineare, sai dove andrà la palla, ma ci arriva svelta, decisa, indifendibile. E fa rumore, alza il volume spostandosi in avanti, scendendo a valle, come una valanga.
A Dublino serve questo stordimento, non c’è il Siviglia in finale (che ci ha tolto le due vittorie nelle uniche presenze da quando la coppa è stata ribattezzata - nel 2009) ma i più forti sono gli altri, gli imbattibili di Leverkusen.
Le tensioni di una finale di solito diminuiscono le esibizioni, impastano le trame, penalizzano il coraggio preoccupandolo dei danni (irreparabili). Ma questo vale sia da un lato che dall’altro, sono due squadre che vogliono determinare la partita, nessuna delle due sa viverla di speculazione, di quell’atteggiamento che può allearsi all’ansia della finale.
Dunque, l’Italia affida a Gasperini il terzo tentativo degli anni Duemila di vincere una Coppa che manca dal millennio scorso, vittoria del Parma di Malesani, e che nel decennio precedente era sostanzialmente un torneo su misura per esaltare la forza del nostro calcio, con tante vittorie e addirittura quattro finali di sole squadre italiane, e otto squadre diverse capaci di raggiungere l’ultimo atto. Da allora, solo le due finali di Inter e Roma, perse entrambe con il Siviglia, appunto: squadra mitica che ha vinto 7 delle ultime 18 edizioni, ha messo la tenda in Europa League. Ma, appunto, il Siviglia non c’è e curiosamente Leverkusen e Atalanta trovano nella primavera del 1988 il loro maggiore ricordo nelle competizioni continentali: il Bayer vinse proprio questa coppa, detta Uefa, l’Atalanta arrivò alla semifinale di Coppa delle Coppe, eliminata dai successivi vincitori del trofeo, i belgi del Malines. L’Atalanta ha già sostituito quel ricordo con questo (e prima ancora con i quarti nella Champions del 2020). In generale la squadra di Gasperini ha ormai un posto nelle cose che resteranno del nostro calcio, un’importanza e un immaginario superiore ai risultati (comunque massimi). Perché dall’autunno del 2016 ha imposto una velocità nuova al campionato. Ha costretto tutti a misurarsi con un’aggressività e una mentalità più simile ai ritmi europei. E da quella stagione Gasperini è diventato una specie di Zeus con filiazioni sparse, legittime e meno, un documento d’identità da presentare («Quel tecnico è stato allenato dal Gasp», a un certo punto si poteva dire delle panchine di quasi mezza Serie A). Più sensato vedere tecnici distanti come modulo ma intenzionati a replicare quel tono nel gioco, quella cadenza, quella battuta forte nella musica della partita. Gasperini si è diffuso e così questo giovanissimo 66enne ha dovuto aggiornarsi per restare superiore (ci sono state le stagioni degli esterni in doppia cifra, quelle dei due giocatori dietro il centravanti primatisti di dribbling vinti e dominatori del gioco, quella delle incursioni delle mezze ali, e spesso un po’ di
Contro il Leverkusen la Dea dovrà giocare con quell’intensità diventata il marchio di fabbrica del tecnico E che ha già fatto scuola
tutto, insieme). Ma questa divulgazione ed espansione di un “modo” di giocare ha indubbiamente cresciuto tutti ed è - teoria personale - uno dei motivi della ritrovata competitività del nostro calcio nelle coppe europee. Negarlo significa essere sordi, non sentire quel rumore, quel precipitare a valle della squadra, quel salire in cielo con il gioco. Se c’è un uomo che merita di riportare quella Coppa perduta in Italia è il figlio di Giuseppe, operaio Fiat, e di Antonietta. Ma non è un obbligo, e non sarà una sconfitta, in nessun caso, perché Gian Piero Gasperini ci avrà comunque lasciato quel rumore, la sua musica.