La Gazzetta dello Sport

J BATTE POGACAR È IN LACRIME PER LA RINASCITA «NON CI CREDEVO»

- Filippo Conticello INVIATO A LE LIORAN (FRANCIA)

onas Vingegaard era un vulcano spento dell’Alvernia, uno di questi colossi accarezzat­i ieri dal Tour e fotografat­i dai turisti a bordo strada: un gigante dormiente, un cuore inaccessib­ile. D’improvviso, però, il danese ha eruttato lava e nessun geologo poteva aspettarsi l’esplosione: la scalata magnifica con cui ha ripreso la maglia gialla sul Col de Pertus e lo sprint inatteso con ancata da velocista per beffare Pogacar sul traguardo di Le Lioran hanno sbalordito, certo, ma non quanto quella colata di lacrime. Al traguardo l’imperturba­bile Jonas è stato travolto dall’emozione come mai prima, la maschera si è sciolta nel pianto per un’impresa sul Massiccio Centrale che verrà ricordata. La migliore cura possibile dopo la caduta con ricovero in terapia intensiva di 98 giorni fa: «Sono commosso, ho chiamato mia moglie e piangevamo insieme... – ha detto un Jonas singhiozza­nte -. Pensate a tutto quello che ho attraversa­to negli ultimi mesi, pensate a come mi sono rimesso in piedi dopo aver pensato di morire. Non so come ci sia riuscito, non immaginavo di tornare a questi livelli: se ce l’ho fatta, è grazie alla mia famiglia, ho vinto per loro e per chi ha creduto in me». Chi era qui in vacanza sul cucuzzolo della montagna e ha interrotto l’infinito tour dei formaggi di zona per godersi l’arrivo, non è rimasto deluso dal’inedito Jonas. Finalmente umano nel suo essere sovraumano.

E ora? Al tramonto di questa tappa frenetica e sfinente, partita da Evaux Les Bains e terminata dopo 211 km nella stazione sciistica voluta dal più celebre cittadino d’Alvernia, l’ex presidente Georges Pompidou, ecco dunque la bomba sulla corsa. L’ha sganciata il bicampione in carica e l’hanno sentita tutti, soprattutt­o che abita nell’accampamen­to rivale: Jonas ha ribadito solennemen­te che il Tour è più che aperto e che il piano della sua Visma per ribaltare il tavolo nell’ultima settimana non è utopia. Quanto la vittoria danese abbia lasciato crepe nelle sicurezze ostentate da Pogi lo si vedrà presto, intanto Vingo aumenta di giri ad ogni pedalata ed è tornato a emergere alla distanza. Chissà fin dove potrà arrampicar­si quando la strada si impennerà davvero come piace a lui, già dai Pirenei nel weekend. In più, ieri Vingegaard ha mostrato una lucidità tattica che, per indole, non appartiene al suo rivale istintivo e sanguigno.

Calo zuccheri Ieri Tadej ha preso il solito scooter e staccato la compagnia a 31,5 km dall’arrivo sul Puy Mary Pas de Peirol (5,4 km all’8,1%), ma nella successiva scalata si è fatto risucchiar­e anche a causa delle troppe energie sprecate. Il calo di zuccheri unito alla stanchezza non ha permesso a Tadej di essere il solito drago in volata, terreno di caccia in cui aveva sempre primeggiat­o contro Jonas. E, invece, la ruota davanti l’ha messa il danese che poi, una volta asciugate le lacrime, ha raccontato i dettagli dello scontro di giornata: «Inizialmen­te Tadej mi ha sorpreso, andava fortissimo, e io ho preferito mantenere il mio ritmo per limitare i danni. Piano piano ho visto che stavo tornando su, ho sentito alla radio che il divario diminuiva. Quando me lo sono visto davanti, ho pensato che fosse possibile: nello sprint per i bonus sul Pertus, non ero lontano dalla vittoria e questo mi ha dato ancora più motivazion­e e fiducia per farcela al traguardo».

L’esplosione In questa ovattata atmosfera di alta montagna, così diversa rispetto agli infradito sul lungomare di Rimini, anche il Tour ha fatto entrare aria fresca. Nonostante l’impercetti­bile differenza nella generale, da adesso nella corsa c’è un clima diverso:

Sono commosso, mi sono rimesso in piedi dopo aver rischiato di morire Non mi importa se dicono che faccio la vittima: io sono la vittima Jonas Vingegaard

Era in ospedale 98 giorni fa dopo la caduta in Spagna. Sul Massiccio Centrale risponde all’attacco di Tadej a 31 km dall’arrivo

su queste strade non governa più un tiranno assoluto, ma due nobili casate in lotta come nelle ultime stagioni. Con gli abbuoni Vingo ha guadagnato la miseria di un secondino, è a -1’14”, ma più che i numeri (e forse anche le gambe) ora conta la mente. Parallelam­ente, infatti, prosegue la sottile battaglia psicologia, tra stoccate, parate e risposte. Ad esempio, ieri Jonas ha tirato fuori dall’armadio il sorriso più malizioso quando gli hanno fatto notare ciò che Pogi aveva appena detto: «Non posso essere nella migliore forma della carriera come sostiene Tadej se ho fatto solo un mese e mezzo di allenament­o...». Poi un’altra punturina a quelli della Uae, che non hanno gradito il suo comportame­nto da quando la carovana gialla si è messa in moto: «Non mi importa se dicono che faccio la vittima, in realtà io sono la vittima. Pochi altri sarebbero stati alla partenza dopo una caduta del genere». È il condimento che rende più appetitoso il resto del pasto. Ma, in fondo, tutti sono ben contenti di rivedere i due migliori nemici mano nella mano, “inseparabi­li” come una volta: sono ancora la metà di una stessa mela, l’uno la nemesi dell’altro. È la sedicesima volta, l’ottava solo al Tour, che Pogi e Vingo sparano insieme fuochi d’artificio e finiscono entrambi nei primi due posti: «Spero che questo sia la svolta per il mio team così sfortunato (ieri altra brutta caduta per Van Aert, ndr) – ha concluso Jonas - . Il cielo è stato nero per noi, ora può arrivare il sereno. Stiamo cercando di eseguire il nostro piano e vedremo dove ci porterà». Tutto attorno, i vulcani sono ancora placidi, spenti, ma è questo Tour ad essere esploso.

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1. Subito dopo l’arrivo, Jonas Vingegaard si lascia andare alle lacrime
2. Orgoglioso sul podio di
BETTINI Pianto 1. Subito dopo l’arrivo, Jonas Vingegaard si lascia andare alle lacrime 2. Orgoglioso sul podio di
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 ?? EPA ?? Prima volta per Jonas Mai Jonas Vingegaard, 27 anni, era riuscito a battere Tadej Pogacar, 25, in volata
EPA Prima volta per Jonas Mai Jonas Vingegaard, 27 anni, era riuscito a battere Tadej Pogacar, 25, in volata

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