Corriere della Sera - La Lettura
Il naufragio delle identità
L’ossessione dei liberal sulle tematiche minoritarie (razza, gender) ha spianato la strada alla nostalgia. E a Trump. Gli Usa visti dallo storico Mark Lilla
Aun certo punto della sua brillante carriera di storico e studioso del pensiero conservatore, Mark Lilla, docente alla Columbia University di New York, ha condotto un’indagine nella meravigliosa biblioteca del campus per capire quanti libri fossero stati scritti in Occidente sul pensiero rivoluzionario e quanti su quello reazionario. Il risultato è piuttosto impressionante: nel primo caso, il numero di testi raggiunge le migliaia, nel secondo si fatica ad arrivare a dodici. La disparità di trattamento non appartiene solo alla Low Memorial Library dell’università americana: «Non ci sono teorie sulla reazione — scrive Lilla nel suo nuovo libro The Shipwrecked Mind («La mente naufraga») —, ma il convincimento che le origini del pensiero reazionario siano da ricercare nell’ignoranza e nell’intransigenza, se non in motivazioni ancora più oscure». Un errore clamoroso, a maggior ragione se si considera che quando lo spirito reazionario riesce a prendere la carica rivoluzionaria, produce una forza storica imponente. È successo nel Medioevo mille anni fa e succede oggi con l’America che ha eletto Donald Trump. Professore, cosa unisce i reazionari del Medioevo a quelli della Middle America?
«Alla base dell’ideologia reazionaria c’è il valore della nostalgia del passato, l’idea che ordine e giustizia appar-
tengano a un tempo andato, un mondo felice che è stato rubato. È un sentimento che si ritrova ciclicamente nella storia dell’umanità: l’Eneide di Virgilio è una straordinaria opera reazionaria che doveva suscitare nostalgia verso le virtù repubblicane dopo la tragedia delle guerre civili. L’imperatore Augusto voleva architettare una propaganda della gloria passata della Repubblica, che lui sosteneva di aver restaurato, e voleva farlo attraverso il mezzo persuasivo della poesia. Anche i protestanti, nel loro essere riformatori, erano dei reazionari: avevano l’obiettivo di tornare a una Chiesa degli inizi». Qual è il rapporto dei reazionari con le altre forze, liberali o conservatrici, della società?
«Per i reazionari esistono sempre dei responsabili per il furto del passato: sono le minoranze certo, ma anche le élite, gli intellettuali che hanno corrotto la società. Esistono principalmente due gruppi: quelli che lavorano per ristabilire la grandezza del passato — come i terroristi di Isis che vogliono ripristinare lo Stato islamico e la Sharia, o i movimenti nazionalisti-populisti — e quelli che tendono a idealizzare ed estetizzare i tempi andati. Pensi ai movimenti fascisti: vivono il presente nella gloria cristallizzata e inattaccabile di un mondo basato su virtù militari e sangue». Cosa determina il moto reazionario nella società?
«Ricompare nella storia quando le persone vivono una situazione di “dislocazione”. Prenda la Rivoluzione francese, che spazzò via in pochi anni un ordine che aveva regnato per secoli, oppure la Repubblica di Weimar: eventi storici che distrussero il passato, lasciando vuoti e disorientamenti con le conseguenze che conosciamo. Oggi i cambiamenti sociali ed economici continui dovuti alla globalizzazione e alla tecnologia determinano uno stato di rivoluzione permanente. Le migrazioni, che ridefiniscono continuamente lo scontro di culture, minano la nostra stabilità» Gli Stati Uniti nascono dalle migrazioni.
«In realtà è un fenomeno piuttosto recente. Abbiamo
Missioni «Dobbiamo abbandonare la retorica della diversità e sposare quella dei diritti di base. La sinistra deve smetterla con i bagni transgender e ricominciare a parlare di solidarietà»
modificato la nostra idea di America — trasformandola in un teatro di migrazioni — basandoci su quello che è accaduto nel XIX e XX secolo. L’immagine degli Stati Uniti come nazione arcobaleno è frutto di dolorose battaglie ancora in corso. L’America è stata a lungo la nazione del movimento “nativista” (che vuole difendere lo stile e l’identità dell’America bianca ndr) e della schiavitù nera: i cambiamenti sono accaduti troppo rapidamente, lasciando le persone smarrite. I media conservatori, molto attivi nel Paese, hanno strumentalizzato tutto per spaventare la classe media». Come hanno reagito le forze progressiste-liberali?
«Dando spazio a una forma di narcisismo che ha allontanato il liberalismo dalla capacità di interessarsi ai problemi comuni, e ha determinato un panico morale e identitario su genere, razza, identità sessuali, facendo perdere di vista le cose fondamentali: ad esempio che vincere le elezioni è la premessa necessaria di ogni retorica che voglia trasformarsi in azione politica. La retorica presidenziale si scontra con la realtà di un sistema che concede una notevole autonomia a livello locale, e moltissimi Stati sono controllati dai repubblicani. Dunque mi chiedo che strategia politica è concentrare gli sforzi su leggi che riguardano la comunità Lgbt o gli afroamericani, quando quegli stessi provvedimenti possono essere rigettati a livello locale dai governi conservatori?». Sta dicendo che esiste una gerarchia di valori?
«No, affatto. Voglio dire che se un ragazzo nero viene bloccato dalla polizia e trattato male, non è una questione di colore della pelle, ma di legge e di politica. Il centro della discussione è se il ragazzo è stato fermato in quanto afroamericano, quando dovrebbe essere se la polizia ha il diritto di fermarlo. È chiaro che se la questione viene affrontata su questo piano, tutti beneficeranno degli effetti, neri compresi. Dobbiamo abbando-
nare la retorica della diversità e sposare quella dei diritti di base, riacciuffare una visione comune per il Paese. La sinistra dovrebbe smetterla di occuparsi di identità e ricominciare a parlare di solidarietà».
Non crede che fosse più facile farlo in passato, quando la prosperità e la trionfale narrativa del «Sogno americano» erano forze unificanti?
«Questo è il trucco dei repubblicani. Anche se il contesto sembra cambiato, è necessario continuare a cercare i tratti comuni che creano benessere per un popolo. È un problema di strategia politica: nel momento in cui inizi a focalizzarti sulle differenze, rischi di perdere voti e basta. Non nego che sia storicamente giusto farlo, ma politicamente è un suicidio. Gli elettori oggi sono circondati da un filtro di spam alimentato dalla propaganda che arriva da Fox News, da siti e radio della destra. Questo filtro è difficilissimo da penetrare, impossibile direi: solo un messaggio unificante forte può farcela. Temo che non siano né i bagni transgender né tanto meno alcune battaglie femministe». Quello di Obama era la speranza, il cambiamento.
«Obama è stato eletto principalmente perché non era Bush. In generale, nel mio Paese — dopo otto anni di presidenza di uno schieramento politico — si passa all’altro. Nel suo caso, il messaggio di speranza è rimasto piuttosto vuoto. E sa perché? Perché se il Congresso è a maggioranza repubblicana il presidente può fare davvero poco, per questo insisto che i liberal devono smetterla con l’ossessione verso il presidente e concentrarsi sulla distruzione del Partito repubblicano». In realtà ci ha pensato Trump a distruggerlo, non crede?
«Esatto. Ma Trump è un demagogo che — come tutti i veri demagoghi — in realtà ha ben poco da dire».
E quale è stato allora il suo messaggio?
«La rabbia. Trump rappresenta alla perfezione dove si trova la nazione in questo momento: ignoranza, isteria, insoddisfazione. Rispecchia il peggio degli americani in questa fase storica». Aveva ragione Hillary Clinton quando ha definito i suoi elettori «un branco di miserabili»?
«Purtroppo sì. La nostalgia è molto più potente della speranza perché non può deludere. I progressisti pensano ed elaborano visioni per il futuro, i reazionari, esuli del tempo, reagiscono e basta. E così non si avanza, ma si vive in una condizione di miseria».
Distorsioni «Le forze progressiste hanno alimentato una forma di narcisismo che ha allontanato il liberalismo dalla capacità di interessarsi ai problemi comuni»