Corriere della Sera - La Lettura
Reazionario o protestatario Il populismo ha due facce
Il politologo spagnolo Luis Moreno parla del suo Paese e della crisi europea. Ora il governo Rajoy è abbastanza stabile ma i socialisti rischiano di pagare cara la scelta dell’astensione. Podemos assomiglia al M5S, però non si schiera contro l’Unione. Se
MAURIZIO FERRERA — La Spagna si è da poco ripresa da una lunga crisi politica. Ci sono volute due elezioni e lunghissimi negoziati per arrivare, lo scorso luglio, a un nuovo governo guidato dai popolari, con l’appoggio esterno dei socialisti del Psoe. L’instabilità è davvero finita?
LUIS MORENO — Oggi il governo di Mariano Rajoy è relativamente stabile, anche se non ha la maggioranza alla Camera. La sua formazione è stata possibile grazie all’astensione dei socialisti. Per il Psoe si è trattato di una scelta difficile: 12 deputati hanno votato contro Rajoy. La ripresa dell’economia e l’evoluzione politica nella Ue saranno due fattori fondamentali per mantenere la stabilità del governo. La pietra angolare sarà però la capacità da parte del Partido popular di orchestrare il consenso in Parlamento almeno tra il Pp, Ciudadanos (la nuova formazione di tendenza moderata, ndr) e il Psoe.
MAURIZIO FERRERA — Ma perché è stato così difficile arrivare a una sorta di grande coalizione? Dopo tutto le grandi coalizioni fra centrosinistra e centrodestra stanno diventando sempre più frequenti in Europa.
LUIS MORENO — L’intesa fra Pp e Psoe è stata difficoltosa per vari motivi. Il Pp ha perso molti voti a causa dei «tagli» e dell’austerità. Il Psoe temeva che Podemos rimanesse l’unico partito di opposizione a sinistra. Podemos (la nuova formazione di estrema sinistra, ndr) non è stato disponibile a formare una coalizione con il Psoe e Ciudadanos, come aveva proposto il leader socialista Pedro Sánchez. Gran parte della base del Psoe considerava un eventuale governo di coalizione con il Pp come un inaccettabile tradimento storico. Nei prossimi mesi ci sarà un congresso e il Psoe dovrà chiarire la propria strategia futura.
MAURIZIO FERRERA — Veniamo a Podemos, che costituisce su scala europea forse la maggiore novità del panorama politico spagnolo. Che cosa spiega il suo successo?
LUIS MORENO — L’irruzione sulla scena di Podemos è stata la più grande novità politica spagnola dai tempi della transizione democratica. Questo gruppo si è formato sulla scia dei movimenti di protesta contro la corruzione dei partiti tradizionali. Il movimento degli Indignados ha fornito la spinta per la costituzione di Podemos nel 2014. Il crollo finanziario e bancario ha avuto conseguenze particolarmente dure per la classe media e lavoratrice spagnola. Podemos è stato molto abile nel catturare lo scontento verso i due principali partiti (Pp e Psoe). Adesso i sondaggi danno Podemos al 23% e il Psoe al 18%.
MAURIZIO FERRERA — Che differenze vedi fra Podemos, Cinque Stelle in Italia e Syriza in Gracia?
LUIS MORENO — La grande differenza tra Podemos e il M5S riguarda senza dubbio l’integrazione europea. Anche Podemos vuole «un’altra Ue», ma il partito non è antieuropeo, come si pensava anche di Syriza quando arrivò al governo (ora Tsipras ha aggiustato la rotta).
MAURIZIO FERRERA — Possiamo inquadrare la nascita e il rafforzamento di Podemos nel più ampio fenomeno del neopopulismo?
LUIS MORENO — Direi di sì. Mi preme però sottolineare il fatto che bisogna definire e «qualificare» il populismo. Mettere tutte le sue manifestazioni nello stesso sacco genera solo confusione. Per me il populismo è una pratica politica che cerca consenso sotto la guida di un leader carismatico, formulando proposte in linea con ciò che i cittadini vogliono sentirsi dire, ma che sono prevalentemente irrealizzabili o non desiderabili. È chiaro che Donald Trump è un populista: ma bisogna aggiungere l’aggettivo «reazionario», per motivi di chiarezza. Il suo slogan elettorale è stato «Make America Great Again». Reazionarie sono le proposte politiche volte a re-instaurare uno stato di cose anteriore a quello presente. Di contro, il populismo dei Cinque Stelle, di Syriza o di Podemos è «protestatario», mira a cambiare lo status quo. La sfida per queste formazioni è però quella di perseguire il cambiamento tramite proposte che siano credibili ed efficaci.
MAURIZIO FERRERA — Il populismo «di sinistra» ha una lunga tradizione nei Paesi latinoamericani.
LUIS MORENO — Sicuramente, pensiamo all’esperienza argentina e alla retorica anticapitalista di Evita Perón. Ma soprattutto pensiamo alla nuova ondata di movimenti «di liberazione» come quello di Chávez in Venezuela, di Correa in Ecuador o di Morales in Bolivia: acerrimi nemici non solo delle oligarchie locali ma anche del cosiddetto Washington Consensus e delle politiche neoliberiste. Questi movimenti restano populisti in quanto imperniati su leader forti e carismatici, che cercano il contatto diretto con le «masse». MAURIZIO FERRERA — Un’altra anomalia spagnola è l’assenza di formazioni di destra di matrice «sovranista» e xenofoba, come il Front national in Francia oppure la Lega Nord. LUIS MORENO — Questo è probabilmente e
Barcellona versus Madrid «Stiamo assistendo a una rotta di collisione tra nazionalismo secessionista catalano e nazionalismo centralista spagnolo. Il governo catalano propone un referendum come quello scozzese per il settembre 2017»