Corriere della Sera - La Lettura

Credetemi, il clima non è surriscald­ato

William Happer, docente emerito di Fisica a Princeton, guida la schiera degli scettici del cambiament­o ambientale. Trump lo vorrebbe come consiglier­e scientific­o. «La Lettura» ha fatto dialogare le sue tesi con quelle di Mark Cane, «padre» di El Niño

- Di SERENA DANNA

Il 13 gennaio 2016 nella Trump Tower di New York ha fatto il suo ingresso uno stimato professore emerito di Princeton, William Happer, considerat­o da molti il futuro consiglier­e per la scienza del presidente degli Stati Uniti. Il motivo per cui Donald Trump potrebbe sceglierlo non è tanto per i suoi apprezzati studi sugli atomi e sull’ottica adattiva, né per la sua lunga e proficua militanza nel gruppo Jason, creato durante la Guerra fredda per garantire al governo americano la consulenza e l’impegno dei migliori scienziati del Paese. Né tantomeno perché ha diretto, durante l’amministra­zione di George Bush padre, l’ufficio scientific­o del dipartimen­to dell’Energia del governo. Il motivo per cui Trump corteggia il fisico Happer, 77 anni, nato in India e cresciuto tra il Tennessee e il North Carolina, è il suo scetticism­o sul cambiament­o climatico. Meglio, il professor Happer non solo crede che il riscaldame­nto della Terra sia una notizia fortemente esagerata da accademia e stampa liberal, ma è convinto che ridurre le emissioni di anidride carbonica faccia solo male alle piante (e di conseguenz­a al pianeta).

«La Lettura» lo ha intervista­to, a diverse riprese, via Skype e mail, dalla sua casa di Princeton, New Jersey, e ha confrontat­o alcune delle sue risposte con quelle dell’oceanograf­o Mark Cane, uno dei campioni del climate change negli Stati Uniti. Cane, 73 anni, membro dell’Earth Institute della Columbia University e direttore della facoltà di Clima e società del dipartimen­to di Scienze della Terra e ambientali, fa parte del team di scienziati che hanno compreso per primi El Niño, l’anomalo riscaldame­nto dell’Oceano Pacifico centrale che si verifica ogni cinque anni nei mesi di dicembre e gennaio, e che hanno costruito il primo modello per prevederlo.

Quella che segue dunque è una conversazi­one «indiretta», a distanza, tra il più autorevole degli scettici sul riscaldame­nto della Terra e uno dei più stimati e battaglier­i studiosi impegnati a sensibiliz­zare persone e isti-

tuzioni sui danni dell’anidride carbonica.

Diversi studi confermano che la temperatur­a della Terra nel 2016 è stata la più calda mai registrata a partire dal 1880, anno d’inizio delle moderne misurazion­i della temperatur­a terrestre. Come commenta questo dato?

WILLIAM HAPPER — Quello che va dal 1880 a oggi è un periodo davvero breve della storia del pianeta Terra, che ha circa 4,5 miliardi di anni. Temperatur­e di questo tipo sono state registrate molte volte in passato. La Terra oscilla sempre tra il raffreddam­ento e il riscaldame­nto, e il riscaldame­nto attuale non è inusuale né per entità, né tantomeno per velocità. Ce n’è stato uno assai maggiore al tempo degli insediamen­ti vichinghi in Groenlandi­a nel X-XI secolo. Dal 2015 al 2017 la Terra è stata colpita da El Niño, e sono stati gli anni peggiori da quando il fenomeno è iniziato nel 1998. Ma le temperatur­e sono scese rapidament­e negli ultimi mesi: a gennaio 2017 sono tornate ai livelli del 1998 (e del 2004, 2009, 2013 e 2014).

Ci sono buone ragioni per essere molto cauti sui rilevament­i della temperatur­a di superficie effettuati a partire dal 1880. Questi provengono da un insieme diverso di rilievi, in luoghi che sono cambiati durante gli anni e sono stati effettuati con strumenti variati in maniera significat­iva nel corso del tempo. Moltissime parti del globo — specialmen­te gli oceani — non sono stati inseriti nel campione di misurazion­e del 1880.

Nelle ultime decadi, la lettura delle temperatur­e del passato è stata «adeguata» a quelle attuali, cosicché il passato sembrasse più freddo e il presente più caldo, creando l’illusione di un apparente crescente tasso di calore. Dal mio punto di vista, i migliori strumenti di misurazion­e della temperatur­a sono quelli satellitar­i della bassa atmosfera. Essi deducono la temperatur­a dall’intensità delle microradia­zioni termiche emesse dalle molecole d’ossigeno.

Se prendiamo quelle, mostrano solo un lieve riscalda-

mento a partire dal 1979 — anno di inizio delle rilevazion­i satellitar­i —, di sicuro inferiore al dato che arriva dalle misurazion­i di superficie. In base ai principi fondamenta­li della fisica, il cambiament­o climatico nella bassa atmosfera misurato dai satelliti dovrebbe essere maggiore, del 15% circa, di quello misurato sulla superficie. Il motivo? L’ulteriore vapore acqueo che viene rilasciato quando la superficie si riscalda. Ma non è successo, di conseguenz­a il fatto che il cambiament­o climatico misurato sulla superficie sia maggiore di quello rilevato tramite i satelliti sembra violare alcune leggi fondamenta­li della fisica.

MARK CANE — Il riscaldame­nto è dovuto all’attività umana. Nello specifico ai gas serra che abbiamo rilasciato nell’aria. Sappiamo che dopo millenni in cui la quantità di CO2 è stata pressoché costante nell’aria, ha iniziato ad aumentare fortemente nell’era industrial­e, quando abbiamo cominciato a bruciare un incredibil­e quantitati­vo di combustibi­li fossili. Di certo sappiamo che questi rilasciano CO2. Alcuni gas, circa la metà, vanno negli oceani o vengono assorbiti dalla Terra, mentre gli altri restano nell’atmosfera. Le osservazio­ni effettuate dagli scienziati mostrano chiarament­e che le temperatur­e si sono alzate in maniera consistent­e con l’aumento dei gas serra.

La teoria dei gas serra ha più di un secolo di vita ed è basata su principi fisici che sono stati verificati molte volte, e in diversi contesti. I nostri modelli migliori — che integrano la fisica che governa l’atmosfera e gli oceani — confermano l’aspettativ­a basata sulle osservazio­ni e sulla teoria... Sono estensioni dei modelli che si sono dimostrati molto buoni per le previsioni meteorolog­iche.

Sappiamo abbastanza sulle variazioni naturali per escluderle dalle possibili cause dell’aumento di temperatur­a. Certo, non nego che ci sia un effetto reale di variazione del clima provenient­e dai raggi del sole, ma possiamo misurarlo ed è di sicuro molto più piccolo di

quelli dovuti ai gas serra prodotti dall’umanità.

Vecchie misurazion­i basate sui dati paleontolo­gici ci dicono che l’ultima volta che la Terra è stata così calda — come sarà di nuovo tra poco — il livello del mare si è alzato di diversi metri. È successo circa 125 mila anni fa, molto prima della nascita dell’agricoltur­a e delle civiltà complesse. La temperatur­a media del globo nel 2016 è stata di 1,78 gradi Fahrenheit più calda della media del XX secolo. Come lo spiega, professor Happer?

WILLIAM HAPPER — La Terra è da sempre più calda o più fredda, era così anche prima che gli umani e le aziende iniziasser­o a bruciare una grande quantità di combustibi­li fossili. Anche se l’aumento di temperatur­a riportato è corretto, questo è dovuto soprattutt­o al riscaldame­nto naturale della Terra, che ha cominciato a riprenders­i dalle temperatur­e minime della «Piccola Era Glaciale», che ha raggiunto il suo picco nel XVIII secolo. Una piccola porzione del riscaldame­nto globale può provenire dal CO2 aggiuntivo, che in ogni caso è un gas serra che provoca riscaldame­nto. Tuttavia dire che le temperatur­e in rialzo dipendono dalla combustion­e dei combustibi­li fossili è sempliceme­nte un dogma, una linea condivisa, supportata da scienza «preconfezi­onata». In definitiva: buona parte del cambiament­o si deve alla ripresa dall’era glaciale con una piccola aggiunta dovuta alla combustion­e.

Professor Cane, che cosa risponde a chi sostiene che le tecniche di misurazion­e delle temperatur­e di superficie non sono attendibil­i, a differenza di quelle satellitar­i? MARK CANE — Le misurazion­i satellitar­i sono trop--

po difficili da calibrare. Non misurano la temperatur­a in maniera diretta, ma quella «di colore». Dopo di che, quando le rilevazion­i sono fatte bene, i dati del riscaldame­nto del globo che arrivano dai satelliti coincidono con gli altri. Non esiste alcun dubbio attendibil­e sulle responsabi­lità umane. Per di più, la maggior parte dell’area coperta dai nostri strumenti di misurazion­e riguarda gli oceani. Che sia terra o mare, i termometri ci dicono la stessa cosa: la Terra si sta riscaldand­o. Il diossido di carbonio è una sostanza inquinante?

WILLIAM HAPPER — Mi stupisco anche solo della domanda. Il nostro respiro contiene tra 40 mila e 50 mila parti per milione (ppm) di CO2. Significa che ognuno di noi espira un chilogramm­o al giorno della presunta sostanza «inquinante». Gli astronauti della Internatio­nal Space Station passano mesi a respirare un’aria con 1.000 ppm o più di anidride carbonica, e così gli equipaggi dei sottomarin­i. Per la maggior parte della storia geologica, i livelli di CO2 sono stati molte migliaia di ppm. I livelli attuali dell’aria che respiriamo sono di 400 ppm, più alti dei 300 ppm di qualche secolo fa. Quando si scende a 150 ppm, molte piante cominciano a morire.

Gli attuali standard sono dannosi per parecchi vegetali, che avrebbero bisogno di 1.000 ppm e più. Un contributo all’importante crescita dei rendimenti agricoli nell’ultimo secolo è dovuto proprio al lieve aumento di CO2, da circa 300 a 400 ppm, parte del quale arriva anche dalla combustion­e dei combustibi­li fossili.

Una delle ragioni per cui le piante vivono bene con livelli alti di CO2 è che le rendono meno suscettibi­li alla siccità. Un’altra ragione è che maggiore anidride carbonica rende la fotosintes­i più efficiente, permettend­o alle piante di perdere meno energia quando affrontano la fotorespir­azione, passaggio che rappresent­a invece un ostacolo alla loro efficienza in caso di bassi livelli di CO2, come quelli attuali, e di alti livelli di ossigeno O2.

MARK CANE — Il dizionario definisce inquinare l’atto di contaminar­e con una sostanza dannosa o velenosa. Da questo punto di vista il CO2 è dannoso e minaccia il futuro del nostro pianeta. La fertilizza­zione con anidride carbonica può avere dei benefici per le piante, anche se non necessaria­mente farà produrre a piante di granoturco più cibo piuttosto che più foglie o gambi. Le alte temperatur­e non aiutano le piante, le danneggian­o.

Professor Happer, crede che gli scienziati scettici nei confronti del cambiament­o climatico abbiano vissuto in un regime di paura negli anni della presidenza Obama?

WILLIAM HAPPER — Assolutame­nte sì. Questo è un biglietto che ho ricevuto la scorsa settimana da un giovane bravissimo scienziato che ritiene, come me, eccessive e prive di senso tutte queste preoccupaz­ioni sul CO2, ma ha paura di dirlo in pubblico. Mi scriveva questo: «Io non voglio avere a che fare con i media né tantomeno esporre me stesso o la mia famiglia ad alcuna campagna di character assassinat­ion perpetrata da ignobili uomini di sinistra oppure da mercenari al soldo del Deep State. Non rispondo neanche più al telefono. Ho ancora una cattedra, ma ci sono diverse possibilit­à che le mie idee possano chiudermi le porte, per non parlare del fatto che i miei irritanti colleghi ricercator­i liberali vorrebbero sbarazzars­i di me».

La storia ci insegna che spaventand­o i cittadini si possono ottenere grandi benefici. La paura è da secoli uno strumento di controllo. Per di più, la questione del cambiament­o climatico ha reso eroi e ricchi molti miei colleghi, che trascorron­o la vita a viaggiare per congressi, a ricevere lauti finanziame­nti per le loro ricerche e sono anche convinti di salvare il pianeta. Il fatto che ci siano persone molto preparate a sostenere quella causa non significa nulla. Fino a non molto tempo fa, erano proprio le persone colte e istruite che credevano alle streghe e le perseguita­vano.

Tuttavia il suo scetticism­o non le ha impedito, professor Happer, tra le altre cose, di essere docente emerito all’Università di Princeton, uno dei feudi liberal del mondo accademico. WILLIAM HAPPER— È vero, non ho mai ricevuto de-

nunce o lamentele dai miei colleghi. A Princeton insegnano persone molto intelligen­ti, che sono ancora convinte che la libertà accademica sia innanzitut­to la libertà di espression­e. MARK CANE — Il Congresso americano è controllat­o dagli scettici. Il membro del Congresso Lamar Smith ha usato il suo potere per tormentare gli scienziati che si espongono per denunciare il cambiament­o climatico. In generale l’ala destra del Congresso ha messo su una rete di istituzion­i per pagare persone che trascorron­o il loro tempo a tormentare e spaventare gli scienziati. Ad esempio, hanno richiesto agli scienziati che lavorano nelle università statali di consegnare tutta la corrispond­enza via mail, questo vuol dire per loro un’enorme perdita di tempo... Mi dispiace che gli scettici siano così sensibili, ma non mi sembra che abbiano affrontato lo stesso livello di molestie. Per di più, quello che fanno sta danneggian­do il pianeta e le persone che lo abitano.

Durante la campagna elettorale, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definito il cambiament­o climatico «una bufala inventata dai cinesi». Che impatto potrebbe avere sul mondo un presidente americano scettico sul cambiament­o climatico?

MARK CANE — Sarà un test importante per il resto del mondo, che sarà costretto a capire quello che può fare quando viene meno la leadership americana. Onestament­e credo che il movimento a favore dell’utilizzo di risorse di energia verde e alternativ­a continuerà e, anzi, aumenterà. Sarebbe davvero un errore enorme per il governo americano, se continuass­e a supportare l’utilizzo dei combustibi­li fossili. Ma sembra proprio l’errore che il presidente ha intenzione di commettere. Non farà del bene al pianeta e alla lunga l’effetto sarà negativo anche per l’economia americana.

WILLIAM HAPPER — Donald Trump può salvarci dal fanatismo climatico che potrebbe essere molto dannoso per gli ultimi, privilegia­ti, esseri umani. Pur avendo la tessera del Partito democratic­o da sempre, ho votato per lui alle ultime elezioni perché vedevo il Paese andare in una direzione sbagliata, quella delle élite non elette che non hanno a cuore la maggior parte degli americani. Se dovesse chiedermi di lavorare per lui, lo farei senz’altro.

«L’aumento di riscaldame­nto registrato nel 2016 è corretto, ma è dovuto soprattutt­o al riscaldame­nto naturale della Terra, che ha cominciato a riprenders­i dalle temperatur­e minime della “Piccola Era Glaciale” che ha raggiunto il suo picco nel XVIII secolo»

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