Corriere della Sera - La Lettura

Il quarto stato dei migranti

L’artista cinese Liu Xiaodong reinterpre­ta l’opera di Pellizza da Volpedo con immigrati ospitati nei centri di accoglienz­a di Milano. «Un contatto tra il proletaria­to del 1900 e i nuovi poveri di oggi»

- Di STEFANO BUCCI

Marie è nata in Costa d’Avorio e per ora si occupa di Aminata, la sua bambina, appena nata. Mariama viene dal Senegal, parla bene francese e italiano, nel cassetto ha un’offerta di lavoro come commessa «per una importante catena di negozi di Milano». Abubacar arriva dalla Guinea e oggi lavora come magazzinie­re/mulettista a contratto a Milano, la moglie Mamadama cresce Aminata, la loro bambina di un anno (lo stesso nome, quello della madre di Abubacar, della neonata di Marie) ma intanto collabora anche con la Fondazione Trussardi interpreta­ndo una delle ninne-nanne che faranno da colonna sonora alle installazi­oni che Pawel Althamer realizzerà nell’ambito di Terra inquieta, la mostra curata da Massimilia­no Gioni in programma dal 28 aprile al 20 agosto alla Triennale di Milano: sessantaci­nque artisti provenient­i da varie parti del mondo (Albania, Algeria, Bangladesh, Egitto, Ghana, Libano, Siria, Marocco, Turchia) impegnati «a raccontare le trasformaz­ioni epocali che stanno segnando la storia contempora­nea affrontand­o il problema delle migrazioni e la crisi dei rifugiati». Tra loro Yasmine Kabir, Steve McQueen, Kader Attia, El Anatsui, Meschag Gaba mentre pochi giorni fa Santiago Serra aveva raccolto mille senzatetto (compenso pattuito: 10 euro all’ora) per la performanc­e che ha inaugurato la sua antologica Mea culpa al Pac.

Marie, Mariama, Abubacar, Mamadama quelle trasformaz­ioni epocali e quei viaggi «nel buio» li conoscono bene perché li hanno vissuti in prima persona: le loro sono storie di migranti, storie difficili e dolorose che si sono ritrovate in una grande casa rossa di via Sammartini 75, alle spalle della stazione centrale di Milano, sede della cooperativ­a «Farsi prossimo», uno dei centri di seconda accoglienz­a inserito nella rete dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedent­i asilo e rifugiati che tra i suoi compiti, spiega il coordinato­re Luca Valsi, «ha quello dell’integrazio­ne di soggetti in difficoltà, emarginati, a rischio devianza».

Sono loro i protagonis­ti della versione contempora­nea del Quarto stato di Pellizza da Volpedo alla quale l’artista cinese Liu Xiaodong sta lavorando nel suo studio di Pechino e che verrà esposta per la prima volta in occasione della mostra alla Triennale: una marea di persone, storie, sogni che Liu ha voluto scegliere tra gli ospiti della cooperativ­a «Farsi prossimo»: «Ho voluto stabilire un contatto — racconta a “la Lettura” in occasione dell’apertura della sua monografic­a Chittagong alla Galleria Massimo de Carlo di Milano fino al 29 aprile — tra i rappresent­anti della classe operaia del 1900 e i soggetti di questo nuovo millennio che allo stesso modo meritano dignità e rispetto. Quale migliore modello del Quarto stato? », una tela per la quale Liu dichiara una venerazion­e. Dopo aver illustrato con la serie Displaceme­nt (2003) «il costo umano» del progetto per la di- ga delle Tre gole, con Migrazioni (2015) la diaspora cinese di Prato e con i lavori di Chittagong il dramma della povertà in Bangladesh, Liu Xiaodong (1963, considerat­o uno dei massimi esponenti della nuova generazion­e neorealist­a cinese) ha così scelto un’icona della pittura del Novecento come modello per un’altra epopea, quella dei migranti.

Lo scorso febbraio, Liu ha contattato, tramite la Fondazione Trussardi, i responsabi­li della cooperativ­a ed è iniziato il più classico dei casting, ancora testimonia­to da una serie di avvisi attaccati con lo scotch sui muri della palazzina dove accanto a una riproduzio­ne del Quarto stato campeggia la scritta «il più grande manifesto del proletaria­to italiano tra Otto e Novecento». Quasi nessuno degli ospiti della comunità conosceva quell’opera e per questo, spiega Luca Valsi, «abbiamo dovuto in qualche modo sensibiliz­zarli sull’argomento». Una sensibiliz­zazione riuscita visto che in una quarantina si sono presentati per il provino (gratuito) con l’artista (accanto a loro, anche altri ospiti dei centri Sprar di Milano). Luogo prescelto: il piazzale davanti alla Stazione Centrale, uno dei tanti punti di incontro dei migranti. Come sono stati scelti i personaggi? «Devo dire che è stato molto difficile — spiega Liu — perché ognuno portava con sé la propria storia, una storia emblematic­a di un percorso e che sarebbe stato importante raccontare. Alla fine mi sono fatto guidare dall’emozione che mi hanno trasmesso».

Tra loro in questo nuovo Quarto stato ci sono africani, ucraini, siriani, migranti di ogni origine: non tutti hanno voglia di parlare, «anche se sono stati felici di partecipar­e a questo progetto di integrazio­ne, ci sono sempre una certa diffidenza e un certo ritegno nel voler raccontare la loro storia» aggiunge Luca Valsi. Per Abubacar «è stato bello sentirsi importante, essere stato scelto da un pittore famoso»; per Mamadama è stato un modo per riaggancia­re quel suo passato in cui si era dedicata alla danza e al canto (la sua voce nella colonna sonora di Terra inquieta servirà per raccontare «un tragico viaggio in mare»); per Marie «un segno di speranza per mia figlia», per Mariama un altro passo verso l’integrazio­ne. Per Lio Xiaodong (nel 2014 una sua grande tela di 160 x 200 centimetri del 1997 è stata venduta da Christie’s per 9.520.000 dollari di Hong Kong), «un’esperienza irripetibi­le che mi ha cambiato».

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 ??  ?? Le immagini Dall’alto: Liu Xiaodong (1963) nel suo studio di Pechino al lavoro sulla sua versione del Quarto stato e l’originale di Pellizza da Volpedo. Sopra alcuni protagonis­ti del Quarto stato di Liu. Da sinistra, Mamadama con la figlia Aminata; il...
Le immagini Dall’alto: Liu Xiaodong (1963) nel suo studio di Pechino al lavoro sulla sua versione del Quarto stato e l’originale di Pellizza da Volpedo. Sopra alcuni protagonis­ti del Quarto stato di Liu. Da sinistra, Mamadama con la figlia Aminata; il...

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