Corriere della Sera - La Lettura
I tulipani coltivano api
Un’antologia dell’olandese Martinus Nijhoff
La prima raccolta di Martinus Nijhoff si intitola L’errante. Apparve nel 1916, quando il poeta olandese (L’Aia, 18941953) aveva 22 anni. L’errante, il solitario sono figure in cui l’autore si riconosce, con gusto decadente. Nel crescere della sua opera — la raccolta Forme è del 1924, le Nuove poesie del 1934 — il poeta prova però a forzare lo scacco della solitudine. Cerca di essere tramite di un possibile ritrovamento, che faccia sorgere dall’angoscia della perdita (soprattutto quella dell’adorata madre) un’epifania.
Sapiente per letture e ascendenze, in dialogo con la tradizione che va da Baudelaire a Eliot, e svolta in forme cesellate (vi ricorre il sonetto, ma anche il poemetto narrativo, come quello mirabile su San Sebastiano), l’opera di Nijhoff è ora con- densata in un’antologia edita da Raffaelli: La canzone delle api stolte e altre poesie (a cura di Marco Prandoni, traduzione di Giorgio Faggin: in precedenza lo stesso editore aveva pubblicato il poemetto Awater).
Uno dei sogni della poesia moderna è di essere ponte tra due mondi: il qui e l’Altrove, l’io e l’Altro. In effetti un’immagine ricorrente in Nijhoff è quella dell’avvicinamento: «[…] Due lontane rive / che prima si guardavano stranite / sono ora sorelle. […]». Così anche le api stolte dell’omonima poesia si avventurano verso «arcane rose». Le parole di questo poeta sono forse come quelle api: consce del prodigio del qui e ora, eppure tese verso una sponda distante. E perciò imbevute della nostalgia di una diversa pienezza.