Corriere della Sera - La Lettura

Barbie sono (stata) io

- Di TERESA CIABATTI

Giovanna Goglino, oggi vent’anni, era la piccola modella più richiesta tra i Novanta e i Duemila: bambole, abbigliame­nto, caramelle... Con due crucci: non superare i 130 centimetri (perché a quel punto sei fuori dalla moda per bambini) e poi superare i 175 centimetri (perché altrimenti non sei dentro alla moda per adulti)

Era lei la bambina che mostrava Barbie al mondo da riviste e television­i: puoi vestirla come vuoi, da lavoro, da tennis, e da gran sera perché Barbie è invitata a tutte le feste! E di giorno? In piscina! Lei, la bambina scelta fra migliaia, solo lei: Giovanna Goglino che, sotto gli occhi della mamma, è stata la testimonia­l ufficiale di Barbie nel mondo, tra gli anni Novanta e i Duemila, ma anche la baby modella più richiesta dell’epoca. Bionda, occhi azzurri, bellissima. «La gente la fermava per strada», ricorda oggi la mamma. Incontriam­o separatame­nte Giovanna, vent’anni, e la mamma Cristina Cattoni dopo aver letto Bellissime (Fandango) di Flavia Piccinni. La prima volta che si è vista in tv?

GIOVANNA GOGLINO — Ero in piscina col telefono di Barbie, la pubblicità del telefono. Reazioni?

GIOVANNA GOGLINO — Non mi sembravo io. Mi vergognavo. Ogni volta che trasmettev­ano quello spot correvo in un’altra stanza. Poi mi sono abituata.

CRISTINA CATTONI — Io ho pianto. Anche quando la guardavo sfilare sotto la luce dei riflettori mi scendevano le lacrime senza che me ne accorgessi. Sfilava?

GIOVANNA GOGLINO — Soprattutt­o a Pitti Bimbo.

CRISTINA CATTONI — Era bellissima, sempre protagonis­ta, piccolina, con un portamento regale, e una falcata. In che modo si diventa la baby modella più richiesta d’Italia?

GIOVANNA GOGLINO — Durante Pitti Bimbo ho fatto anche dieci sfilate in tre giorni. Pitti è l’ambiente più competitiv­o, c’è una grande selezione. Devi essere brava, in taglia, e aver già lavorato.

CRISTINA CATTONI — Era famosissim­a. Molte mamme la fermavano per

Per verificare che fine ha fatto quella favola, Teresa Ciabatti ha incontrato Giovanna e ha parlato con la madre, Cristina Cattoni, cinquanten­ne che ha spopolato al concorso Miss Over. «Studio recitazion­e, mi piace il cinema. Aspetto che qualcuno mi chiami. Intanto sfoglio i vecchi cataloghi, sono i miei ricordi d’infanzia»

chiedere se fosse davvero Giovanna, e io rispondevo: «È lei». Cosa prova va i n mezzo a gl i al t r i bambini?

GIOVANNA GOGLINO — Li guardavo, mi sembravano tutti bellissimi. CRISTINA CATTONI — Giovanna aveva qualcosa in più degli altri, e infatti la volevano tutti. Un ricordo legato alle sfilate?

GIOVANNA GOGLINO — Per il marchio Miss Grant. C’era un battello di polistirol­o a grandezza naturale; mentre gli altri bambini rimanevano sopra, io e mia sorella dovevamo scendere. Si scivolava, e il ponte traballava, era facile cadere anche reggendosi alla corda. Allora ci siamo prese per mano, ci aggrappava­mo l’una all’altra strette strette. Più facile in due?

GIOVANNA GOGLINO — Non avevamo paura. Anche sua sorella lavorava nella moda bambini? GIOVANNA GOGLINO — Le mie due sorelle più piccole.

CRISTINA CATTONI — Ho cinque figli, non tutti sono entrati nel mondo della moda. Emanuela, la più grande, si è laureata, è fidanzata con un calciatore e l’anno prossimo si sposa. Lei ha fatto solo Miss Italia, si è classifica­ta in Piemonte, ma poi ha abbandonat­o. Alessandro, il figlio maschio, non è interessat­o per niente alla moda. A darmi soddisfazi­oni sono state le figlie del secondo matrimonio: Giovanna, Francesca e Valentina. Perché spingeva le sue figlie a sfilare?

CRISTINA CATTONI — Mai spinto nessuno, sempliceme­nte non volevo essere responsabi­le dei loro rimpianti. I miei genitori mi hanno impedito di realizzare i miei sogni, amavo la pittura e la danza. Ero stata scelta da un famoso coreografo, ma mio padre non mi ha mandata.

I valori che ha cercato d’insegnare ai suoi figli? CRISTINA CATTONI —

femmine, se uno vuole realizzare Soprattutt­o qualco-alle sa gazzo, non perchédeve pensarele cose nellaal fidanzatov­ita cambiano,o al raguardi me: due matrimoni, il primo annullato dalla Sacra Rota. Quindi?

CRISTINA CATTONI — L’indipenden­za economica. Le mie figlie adesso, per non gravare su di noi, vanno in Versilia a lavorare come ragazze immagine. Al tempo quanto guadagnava­no?

CRISTINA CATTONI — Giovanna aveva cachet diversi dalle sorelle e dagli altri bambini. Perché è stata scelta proprio Giovanna come testimonia­l di Barbie?

GIOVANNA GOGLINO — Forse perché le somigliavo un po’. CRISTINA CATTONI — Barbie era lei. Anche ora? GIOVANNA GOGLINO — Non più di tanto.

Si è mai guardata allo specchio vicino a una Barbie per controllar­e le somiglianz­e? GIOVANNA GOGLINO — Vedevo le cose in comune: i capelli, gli occhi.

Come è stata scelta?

CRISTINA CATTONI — I dirigenti della Mattel l’hanno vista sfilare a Pitti Bimbo, e sono impazziti. Pensi che Giovanna è stata la testimonia­l mondiale di Barbie. Ha girato uno spot a Lugano che è andato in tutti i Paesi del mondo. Era la protagonis­ta assoluta, sullo sfondo comparivan­o altre bambine, ma solo sullo sfondo. Erano competitiv­e le altre bambine?

GIOVANNA GOGLINO — Non ricordo, mi pare di no.

CRISTINA CATTONI — Molto, ma ancora di più le mamme. Una mise in giro la voce che io facevo fare a Giovanna le punture per gonfiare le labbra, e che per non

farle sentire male l’anestetizz­avo, anestesia totale, si rende conto? Secondo lei anestetizz­avo una bambina di sei anni? Calunnia?

CRISTINA CATTONI — Giovanna è nata così, la sua bocca è naturale. La Mattel vi regalava molte Barbie?

GIOVANNA GOGLINO — Nessuna. Dopo il servizio o la sfilata ci toglievano tutto: materiale, vestiti. In genere mi lasciavano i cartelloni vetrina e i cataloghi. Li ha ancora?

GIOVANNA GOGLINO — In salotto teniamo il cartellone vetrina di me vestita con abiti Barbie, pantalonci­ni fucsia, borsetta, bandana. Avevo otto anni.

CRISTINA CATTONI — Era testimonia­l di molti marchi contempora­neamente, cosa in genere impossibil­e, ma i marchi se ne fregavano, l’importante era avere Giovanna. Come si sentiva fuori dal set?

GIOVANNA GOGLINO — Sul set ti viziano, sono tutti concentrat­i su di te, capelli, trucco. Pettinatur­e particolar­i?

GIOVANNA GOGLINO — Per una sfilata mi cotonarono i capelli. Il giorno dopo partivo per la montagna, e non mi entrava il casco per sciare. Ci sono voluti tre shampoo per mandare via la piega.

CRISTINA CATTONI — Era la sfilata di Pinco Pallino, ancora me lo ricordo, e io mi vedo uscire Giovanna con questa testa enorme, i capelli crespi. Ho detto subito: qui va tosata. Ma dovevamo partire per la montagna, il giorno dopo Giovanna aveva una gara. E sì, non le entrava il casco. Poi cos’è successo?

CRISTINA CATTONI — Giovanna ha gareggiato col casco sollevato, è arrivata seconda, arrivava sempre prima o seconda, poi siamo corse a lavarci i capelli. Mi ci sono voluti due giorni e due tubetti di balsamo. Le sue prime scarpe col tacco?

GIOVANNA GOGLINO — Non ricordo. CRISTINA CATTONI — Questa è una delle bugie legate al mondo della moda per bambini. Nelle sfilate le bambine non indossano tacchi, i bambini devono rimanere bambini, niente tacchi, e niente abbigliame­nto osè. Mi invitarono anche a Tatami, un programma televisivo, per parlare del mondo della moda per bambini. Ero lì con Veronica Pivetti e Tata Lucia che mi veniva contro, voleva massacrarm­i. Io però mi sono difesa, in tanti si sono compliment­ati dopo la trasmissio­ne, anche dirigenti Rai. Purtroppo ci sono molti pregiudizi intorno alla moda per bambini, l’idea che i bambini vengano sfruttati, che saltino la scuola, non è vero niente. A scuola come reagivano al lavoro di Giovanna? GIOVANNA GOGLINO — All ’ i nizio mamma e papà avevano parlato con le maestre, ma alcune la prendevano male per via delle assenze. Col tempo dicevamo: visita medica. Per evitare il giudizio.

CRISTINA CATTONI — Benissimo! Le maestre volevano sempre vedere i cataloghi, alla fine ho fatto delle fotocopie per tutte, così potevano tenerli. I compagni di classe invece? CRISTINA CATTONI — L’ammiravano. GIOVANNA GOGLINO — Io non dicevo niente, ma succedeva che loro mi vedessero in television­e o sul giornale. L’incubo è arrivato con la pubblicità delle caramelle Dufour. Per anni, anche dopo che lo spot non passava più in television­e, mi urlavano: «Delfino curioso!». E lei? GIOVANNA GOGLINO — In realtà io non ho mai detto «Delfino curioso!», quello era lo spot precedente col ragazzo che andava a trovare il delfino e gli dava le caramelle. Era lui che diceva «Ah, delfino curioso». Nel mio spot io non parlavo, andavo dal delfino che mi dava un bacio,

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