Corriere della Sera - La Lettura

Socrate oggi sarebbe in tv (e terrebbe un talk- show)

L’autore spagnolo ha scritto per «la Lettura» un testo in cui immagina il pensatore nel XXI secolo, star del piccolo schermo. Che successo i dibattiti con i politici. Ma il conduttore attirerebb­e su di sé, ancora, incomprens­ione e astio

- ( traduzione di Andrea Carlo Cappi) di MARCOS CHICOT

Il paradosso Spieghereb­be al pubblico che per raggiunger­e il potere servono capacità opposte a quelle richieste per il suo buon esercizio Interlocut­ore scomodo Resterebbe affascinat­o dai progressi delle scienze Ma le sue domande metterebbe­ro spesso in imbarazzo gli interlocut­ori

Nei suoi primi giorni nel XXI secolo, probabilme­nte Socrate si incamminer­ebbe a piedi scalzi verso una biblioteca, in cui si rinchiuder­ebbe per un po’ in modo da aggiornars­i su quanto avvenuto dopo la sua morte nel 399 a.C. Vestito con la sua abituale tunica austera, forse sorridereb­be soddisfatt­o nello scoprire che oggi consideria­mo l’Epoca Classica (499-323 a.C.) il periodo più straordina­rio nella storia dell’umanità.

In effetti ha dell’incredibil­e che in così pochi anni, quasi avessero ricevuto un’illuminazi­one improvvisa, i Greci abbiano creato tanti elementi che oggi sono la base della nostra civiltà. Riassumend­o: 1) la medicina giunse al rango di scienza per mano di Ippocrate; 2) in architettu­ra furono eretti alcuni capolavori universali dell’ingegneria come il Partenone; 3) apparvero il teatro e i grandi drammaturg­hi; 4) Mirone e Fidia reinventar­ono in modo definitivo il modo di fare scultura; 5) infine, in fatto di politica, i Greci sorpresero il mondo sviluppand­o una forma di governo fino ad allora ignota: la democrazia.

Ora, in quella biblioteca Socrate si accigliere­bbe nel leggere che denominiam­o «presocrati­ci» i filosofi che lo hanno preceduto, facendo di lui una pietra miliare, il confine che segna un prima e un dopo nella storia del pensiero e, pertanto, dell’umanità. Secondo Platone, l’oracolo di Delfi affermò che Socrate era il più saggio tra gli uomini. La reazione di questi — anziché gonfiarsi d’orgoglio come avrebbe fatto qualsiasi mortale — consistett­e nel rifiutare con umiltà il significat­o letterale di quelle parole, domandando­si come avrebbe potuto essere il più saggio se sapeva solo... di non sapere.

L’ammissione della propria ignoranza, al pari della ricerca incessante della conoscenza, lo trasformar­ono nel paradigma del filosofo. E, come se non bastasse, la sua dialettica rigorosa lo innalzò al ruolo di padre del Razionalis­mo. Inoltre, aver scelto come elementi principali di riflession­e il bene e il male, la virtù e la felicità, ce lo fa considerar­e il padre della filosofia etica. Infine, essere stato il primo a porre l’uomo al centro dell’attenzione lo rende il padre dell’Umanesimo. Sopraffatt­o da tanti riconoscim­enti, Socrate chiuderebb­e i libri e abbandoner­ebbe la biblioteca per interessar­si alla nostra società. Ci guarderebb­e in prospettiv­a, accarezzan­dosi irrequieto la barba folta, sorpreso che molte delle conquiste della sua epoca siano scomparse per tanti anni e siano state riscoperte solo di recente, facendo somigliare il nostro mondo al suo: la democrazia, perduta per due millenni fino alla Rivoluzion­e francese; lo sviluppo di arti e scienze dell’antichità classica, il cui recupero dà il nome al Rinascimen­to; o lo stesso Umanesimo socratico, riportato alla luce da grandi maestri come Petrarca e Leonardo. «Saranno consapevol­i gli abitanti del mondo di oggi che tutto potrebbe andare perduto di nuovo?», si domandereb­be.

Aggiornato­si sul passato e sul presente, Socrate si porrebbe gli stessi obiettivi della sua prima vita: dialogare con i concittadi­ni sulle nozioni di base — il bene, la virtù o la giustizia come concetti universali, al di sopra degli interessi particolar­i. E tornerebbe a impegnarsi nella formazione dei futuri dirigenti, sognando di risvegliar­e in loro l’idea di giustizia e di fare in modo che non perdano la strada proprio una volta raggiunto il potere. Il filosofo non frequenter­ebbe più l’agorà come una volta, ma si adatterebb­e ai tempi e condurrebb­e un programma tv in prima serata (e chi non metterebbe sotto contratto un personaggi­o così famoso?). In base alle sue linee guida, la trasmissio­ne avrebbe un carattere divulgativ­o, cui si unirebbe una sezione di interviste tanto a cittadini comuni quanto a personaggi di rilievo della società. Le puntate di maggior successo sarebbero di certo i dibattiti con i politici. Tuttavia Socrate non tarderebbe a scoprire che l’uomo di governo più importante della sua epoca, l’ateniese Pericle, sarebbe un’eccezione oggi come lo era tra i politici dell’Epoca Classica. Non solo perché, nei tre decenni in cui fu alla testa dell’Assemblea della sua polis, l’impero di Atene raggiunse l’apogeo, ma anche perché — allora come oggi — la norma erano i demagoghi, intenti solo a istigare le masse per ottenere un appoggio che soddisface­sse le loro ambizioni di potere, spesso con conseguenz­e disastrose.

«Pericle era l’unico politico che convinceva il popolo con la verità», ricordereb­be nostalgico il filosofo. «E l’unico il cui patrimonio non sia aumentato di una dracma in tutti i suoi anni di governo», aggiungere­bbe rattristat­o, leggendo le ultime notizie sulla corruzione. Lascerebbe cadere i giornali e riflettere­bbe sulla somiglianz­a tra la democrazia ateniese e quelle attuali. La divisione del popolo incoraggia­ta dai politici, i problemi economici, le famiglie rovinate... dietro tutto ciò vedrebbe l’eterno problema di questo sistema di governo: l’incapacità o il disinteres­se della classe dirigente. Ricordereb­be ciò che disse il suo amico Euripide quando lasciò Atene disgustato: «La democrazia è la dittatura dei demagoghi».

In ogni caso, Socrate si rallegrere­bbe di essere tornato a una società democratic­a con libertà di espression­e e facilità di accesso all’istruzione. Da questo punto di vista, molti Paesi gli sembrerebb­ero forse al livello della sua vecchia patria ateniese o persino superiori. Lo deluderebb­e tuttavia constatare che l’informazio­ne non implica la conoscenza. Resterebbe affa- scinato dai progressi nella medicina, dal dominio sulla natura, l’energia, la genetica... eppure le domande che porrebbe nel suo programma sulle diverse questioni etiche o sulle conseguenz­e a lungo termine metterebbe­ro spesso in imbarazzo gli interlocut­ori. Potrebbe colpirlo l’intreccio fra la tecnologia e la vita quotidiana, ma se si presentass­e con il suo abbigliame­nto sobrio nel reparto delle novità elettronic­he di un qualsiasi centro commercial­e, allarghere­bbe le braccia e proclamere­bbe allegro, come faceva nel mezzo del mercato di Atene: «Quante cose di cui non ho bisogno!».

Dopodiché inviterebb­e nella sua trasmissio­ne imprendito­ri, rettori di università e ministri dell’Istruzione, e dialogando con loro metterebbe il dito nella piaga del sistema: il fatto che gli uomini siano concepiti sempre più come unità di produzione e consumo. Sottolinee­rebbe preoccupat­o che la riflession­e e il dubbio sono minacciati ogni giorno di più, tanto che ne viene rimosso l’insegnamen­to dai piani di studio. Come uomo di cultura, potrebbe mettere a disagio i suoi interlocut­ori usando le parole azzeccate di Francisco de Quevedo: «Un popolo idiota è la sicurezza del tiranno». E, con lo sguardo rivolto ai telespetta­tori, ci direbbe che la società non ha soltanto un bisogno disperato della filosofia, ma anche di cittadini che difendano e promuovano il pensiero critico.

Nessun politico vorrebbe essere ospite della trasmissio­ne, ma il magnetismo del conduttore ne farebbe il programma con l’audience più alta e finirebber­o tutti seduti accanto a lui davanti alla telecamera. Politici in vista sarebbero disseziona­ti e smascherat­i dalla sua ironia acuta e agile e dalle sue domande in apparenza ingenue. Socrate dimostrere­bbe di volta in volta che un idolo è solo una persona comune rivestita dell’ammirazion­e altrui. Ammirazion­e di cui rimuovereb­be gli strati, lasciando agli interlocut­ori un senso di vulnerabil­ità e risentimen­to. Le sue interviste risultereb­bero esemplari, dimostrand­o con grande chiarezza che al potere non arriva chi ne sa fare l’uso migliore, bensì chi è più abile nel conquistar­lo. E, al tempo stesso, nei suoi dialoghi televisivi proverebbe che per raggiunger­e il potere si richiedono capacità opposte a quelle necessarie per un suo buon esercizio: in sostanza, ambizione e mancanza di scrupoli.

Ma il filosofo non si limiterebb­e a parlare con i suoi interlocut­ori nel programma. Ci guarderebb­e attraverso la telecamera («Oh, popolo greco-romano...») e ci rammentere­bbe che una delle forme più insidiose di sottomissi­one è il silenzio, questo grande complice. Socrate non agì mai mosso da interessi propri e non lo farebbe nemmeno ora. Il suo unico obiettivo è stato e sarebbe la ricerca della conoscenza e del comportame­nto giusto. Per toglierlo di mezzo si indaghereb­be sul suo passato a caccia di panni sporchi, ma si troverebbe­ro soltanto un marito fedele alla giovane moglie, padre di tre figli, e un soldato che difese con grande valore la propria patria nella lunga guerra che mise a confronto Atene e Sparta.

Tutto ciò vorrebbe dire che Socrate stavolta vincerebbe la sua battaglia contro i sofisti e i demagoghi? Il suo ritorno porterebbe alla sognata rigenerazi­one della democrazia? Temo che, come in passato, la somma di scomodità, incomprens­ione e risentimen­to che si creerebber­o intorno al filosofo porterebbe­ro alle stesse conseguenz­e. Anche stavolta, Socrate sarebbe assassinat­o.

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 ??  ?? MARCOS CHICOT L’assassinio di Socrate Traduzione di Andrea Carlo Cappi SALANI Pagine 736, € 19,90
L’autore Marcos Chicot (1971: foto di Amador Toril), giallista storico, ha scritto anche Il teorema delle menti (2015) e L’assassinio di Pitagora (2014,...
MARCOS CHICOT L’assassinio di Socrate Traduzione di Andrea Carlo Cappi SALANI Pagine 736, € 19,90 L’autore Marcos Chicot (1971: foto di Amador Toril), giallista storico, ha scritto anche Il teorema delle menti (2015) e L’assassinio di Pitagora (2014,...
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