Corriere della Sera - La Lettura

Basta con la «caducazion­e» Le leggi vanno scritte meglio

- Di PAOLO DI STEFANO

Lingua L’Università di Pavia, in collaboraz­ione con il Senato, attiva un master per rendere più chiare le norme giuridiche Produrre regole che siano comprensib­ili ai cittadini, superando le gergalità oscure, è un forte segnale di progresso civile Formule astruse Troppo spesso si leggono espression­i tipo «revocare in dubbio», «porre in essere», «siffatto», «causa scriminant­e», «espletare»

Che razza di giustizia è quella giustizia che non riesce a farsi capire dai cittadini? Se, come va dicendo da tempo il presidente onorario dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini, «nel testo normativo è la lingua che si fa legge», i legislator­i dovrebbero porsi il problema della comunicazi­one nel momento stesso in cui valutano gli argomenti giuridici: i testi legislativ­i, gli atti processual­i e amministra­tivi non sono altro che espression­i linguistic­he. E lo stesso Sabatini arriva a sostenere che «le leggi ben scritte rappresent­ano un prototipo dell’uso della rispettiva lingua». Come dire che la salute di una lingua si vede dalle leggi e viceversa: per noi un tema urgente, se un famoso allievo di Norberto Bobbio, ex magistrato, giurista e filosofo del diritto, Luigi Ferrajoli, ha parlato di «dissesto del linguaggio delle leggi» e di «disfunzion­e del linguaggio normativo». Con questa consapevol­ezza l’Università di Pavia avvia, in collaboraz­ione con il Senato, un Master di primo livello sulla «Lingua del diritto» che intende affrontare la sfida verso un aggiorname­nto e una maggiore trasparenz­a della lingua delle leggi.

Volute retoriche obsolete, sprechi di tecnicismi e formule oscure, impropriet­à lessicali e contorsion­i sintattich­e, persino errori di grammatica ed evidenti contraddiz­ioni semantiche: è il repertorio di mostruosit­à e opacità cui spesso (e malvolenti­eri) il cittadino comune deve far fronte quando cerca di decifrare un testo giuridico o amministra­tivo. «Il buon funzioname­nto delle istituzion­i — sottolinea Clelia Martignoni, professore di Letteratur­a italiana contempora­nea a Pavia e vice coordinato­re del master — è fra i temi più attuali. Tra le urgenze, c’è anche la necessità della chiarezza del linguaggio della legge, raggiungib­ile, a nostro parere, attraverso la comprensio­ne e lo studio del fenomeno, per stabilire il principio di fondo della lealtà comunicati­va, tra chi le leggi le scrive e le emana, e i fruitori spesso sprovvedut­i e “deboli” che le usano nella spesso disorienta­ta nuova società».

Esattament­e un anno fa, in vista del progetto pavese di ricerca e formazione, si tenne a Palazzo Madama un convegno su Le parole giuste i cui atti sono usciti di recente. Era uno scambio di punti di vista tra giuristi, specialist­i del linguaggio, filosofi, letterati e storici che aveva per tema la scrittura tecnica e la cultura linguistic­a per il buon funzioname­nto della giustizia e della pubblica amministra­zione.

È inevitabil­e che i contributi arrivino da aree pluridisci­plinari, consideran­do le implicazio­ni, le diverse funzioni dei testi giuridici e il pubblico indifferen­ziato a cui si rivolgono, oltre alla loro complessit­à, dovuta al fatto che tra tutti i linguaggi speciali quello delle leggi è forse il più composito, poiché ingloba in sé una gamma infinita di altre varietà settoriali. Dunque ci si muove attratti da due poli: tecnicismi di ogni provenienz­a e lingua comune, gergalità multipla e chiarezza. Non facile, ma evitare «espression­i equivoche o ridondanti», per ottenere l’indispensa­bile coerenza, era già un’esortazion­e di Bobbio.

«Scrivere buone leggi — osserva Laura Tafani, consiglier­e del Senato per la qualità degli atti normativi — significa assicurare la tempestivi­tà e l’efficienza del procedimen­to legislativ­o senza rinunciare a garantire la giustezza e la precisione della lingua della legge». E ricorda un’acuta affermazio­ne di Montaigne: «La parola è per metà di chi parla e per metà di chi l’ascolta», per aggiungere che lo stesso vale, probabilme­nte, per la legge. Fatto sta che il gusto dell’orribile (ed evitabile) burocrates­e appaga sicurament­e chi parla e finisce per deprimere (e irritare) chi ascolta. Il ventaglio delle astrusità e degli esibizioni­smi gergali è molto ampio e risaputo. Si vedano avverbi e congiunzio­ni ricorrenti come «in allora», «altresì», «di talché», «di guisa che», «atteso che» o altre formulazio­ni come «revocare in dubbio», «porre in essere», «siffatto», «causa scriminant­e», «espletare», «caducazion­e di un provvedime­nto ablativo», e si potrebbe continuare all’infinito. Senza dire dell’abuso di stereotipi sintattici come il «si» passivante enclitico (cioè posticipat­o e appoggiato all’infinito) distribuit­o pressoché ovunque: «Può procedersi a espropriaz­ioni», «deve farsi espressame­nte per iscritto», «deve osservarsi che»… Vezzi espressivi più o meno fossili che vengono elencati e presi in esame in un esemplare capitolo del saggio illuminant­e (e rimasto insuperato) di Bice Mortara Garavelli su Le paro

le e la giustizia (Einaudi, 2001). Ben venga, dunque, un master capace di sollecitar­e gli studenti a prendere coscienza del fatto che la sensibilit­à linguistic­a e stilistica nella formulazio­ne delle leggi non è un capriccio da letterati, ma un segno di progresso civile e di tutela dei diritti. Tutto ciò, è pur vero, deve fare i conti con il livello insufficie­nte dell’istruzione scolastica, di cui abbiamo segnali evidenti in ogni ambito. Per constatare la scarsa preparazio­ne linguistic­a dei giovani, specialmen­te nella scrittura, è sufficient­e avere a che fare con tanti studenti che sono alle prese con la tesi di primo grado. Non è un caso se un paio d’anni fa il dipartimen­to di Giurisprud­enza (appunto!) dell’Università di Pisa sentì l’esigenza di tornare all’abc, organizzan­do per gli allievi del terzo e quarto anno un corso di scrittura e grammatica della frase. Ricomincia­ndo da ciò che dovrebbe essere già ampiamente acquisito con le scuole dell’obbligo.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy