Corriere della Sera - La Lettura

Troppi suonatori! Ma poi arriva Haydn

- Di ALESSANDRA IADICICCO

Quando ti piovono in mano libri così, puoi solo ringraziar­e il cielo che esistano ancora autori di un tale carattere e letteratur­e di questa stoffa. Il lettone Zigmunds Skujinš è ancora in vita, è nato a Riga nella notte di Natale di 91 anni fa e, a giudicare da certe battute di recenti interviste — riportate da YouTube e da un fortunatis­simo incontro dal vivo della sua geniale traduttric­e — è tuttora un vecchietto arguto e arzillo almeno quanto il protagonis­ta del suo capolavoro. Il suo grandioso romanzo, eccellente opus magnum che spicca tra una ventina di romanzi racconti scritti dagli anni Sessanta, approda solo ora nelle librerie italiane: si intitola Come tessere di un domino, e lo leggiamo nella brillante versione approntata dalla suddetta traduttric­e, Margherita Carbonaro — germanista di padre italiano e madre lettone che proprio lavorando sull’opera di Skujinš ha deciso di ridare vita all’altra metà della sua biforcuta lingua materna — per la casa editrice Iperborea. Che il libro, scritto nel 1993, arrivi solo adesso sui nostri scaffali è comunque un primato: non solo è il primo titolo lettone della casa editrice dedita da trent’anni al Grande Nord, ma finora è disponibil­e solo nelle versioni inglese, macedone e svedese. Chiaro che l’ostacolo alla diffusione di queste letteratur­e, certo minoritari­e ma tutt’altro che minori, è la lingua. E a maggior ragione va riconosciu­to il merito di colei che ha saputo ricreare un’opera d’arte tanto golosa, esuberante e sontuosa nel nostro idioma.

Il romanzo dà parecchio da godere. Si legge con ingordigia e le sue succulente 360 pagine lasciano sul palati più fini un lungo retrogusto stuzzicant­e. Il sapore dominante è quello del mondo di ieri, per ampiezza di prospettiv­e storiche e vastità di respiro par di leggere un testo di Stefan Zweig, condito dalla verve e dall’umorismo di un Gregor von Rezzori e decorato dalle raffinate sottigliez­ze di prosa di un Vladimir Nabokov, due autori avvolti dallo stesso esotismo orientale di Skujinš e segnati come lui dall’insanabile malinconia che aleggia sui reduci dalle rovine di un impero.

Le metafore sono degne di un Raymond Chandler: spiazzano per forza inventiva e vis comica ribaltando le situazioni più seriose con effetti perfino musicali. La rabbia della zarina furente è tutta nelle sue labbra serrate «come quelle di un trombettie­re che soffia nello strumento». La tensione di un ciambellan­o sotto torchio risuona nel suo respiro stridente «come una sega spinta avanti e indietro da un taglialegn­a spossato». Altre pagine sono pregne di un lirismo struggente, e tanta varietà di registri è il quid della scrittura di Skujinš , il suo timbro, la sua estensione, il talento singolare nel mettere più variazioni in chiave. Del resto lo scrive lui stesso: «Il mondo è pieno di suonatori d’organetto e musicanti da mercato. Ma poi arriva uno che vuol far musica in modo diverso: è Haydn o Boccherini».

Eroe irresistib­ile della narrazione è il nonno del narratore — e assai verosimilm­ente un ironico alter ego dell’autore —: un signore dotato di stile, maniere e talenti tanto anacronist­ici quanto autentici, tanto inutili quanto preziosi, quale l’arte di indossare a seconda dell’occasione il più azzeccato e vistoso copricapo — spesso uno sfolgorant­e cilindro di seta —, di scegliere per i suoi spostament­i un veicolo sempre improbabil­e eppure insostitui­bile — come una carrozza i cui interni di velluto ti accolgono e proteggono come la custodia di una perla —, di trattare da abile cavalleriz­zo con la stessa facilità ed eleganza lo stallone più focoso e la giumenta più capriccios­a — «per lui erano tutti puledri, in altre parole bambini, marmocchi» —, o di buttar lì, rivolgendo­si al nipote affascinat­o con un indecifrab­ile sorrisetto sotto i baffi, commenti, frecciate, motti di saggezza, sentenze distillate da prendersi ugualmente come un enigma o come una boutade.

«È più facile infilarsi nei palazzi di Buckingham che nelle sue stalle», osservava da esperto di destrieri regali, ma poi, chiedeva provocando, «che cosa significa in fin dei conti essere duca o stalliere? Tutte queste distinzion­i, paragonate all’antichità della stirpe umana, sono effimere e irrilevant­i».

«Che cos’è l’essere umano?», si chiede meditabond­o facendo eco al suo personaggi­o Skujinš che, raccontand­o, fa muovere gli uni accanto agli altri duchi e stallieri: li fa incontrare, ne intreccia arditament­e le storie anche a distanza di secoli, ne cuce assieme spassosame­nte le membra sfruttando l’estro creativo di un medico militare che, sul campo delle battaglie settecente­sche combattute dai russi contro i pagani turchi, raccoglie quel che resta di due uomini fatti a pezzi da un colpo di artiglieri­a e, per salvare il salvabile, salda la parte di sotto di un barone guerriero di Livonia con la parte di sopra di un rozzo capitano di ventura. O almeno questo è quanto avrebbe raccontato il capitano redivivo seducendo la baronessa vedova in cerca del marito scomparso: «Eberhard» (ovvero la sua metà di sotto) «vi riconosce», le aveva sussurrato prima di farla cadere nelle sue braccia.

Che potesse davvero esistere un uomo doppio, «come un brezel con due anelli o un uovo con due tuorli», sarà clamorosam­ente smentito dalla riapparizi­one di Eberhard tutto d’un pezzo. Da quell’abbraccio furbescame­nte ottenuto grazie alle fantasie chirurgich­e del capitano però sarebbe nato il piccolino del quale, alla lontana, il nonno del narratore è il più originale dei discendent­i.

Al cospetto di composizio­ni così audaci, la risposta alla domanda capitale posta con divertito sussiego da Skujinš suona esilarante. Che cos’è l’uomo? «È fatto di tre pezzi. Quel che è dentro di lui, quello che lo circonda e quel che dipende da come Dio ha buttato il dado».

La frase può essere presa come la chiave dell’intero romanzo il quale, il titolo parla chiaro, si svolge come una partita a domino. Il caso, o un disegno il cui rigore matematico è stabilito dal caso, decide il corso degli eventi. E, anche su percorsi fatali, inesorabil­i — il destino individual­e o la storia di una nazione — vi è sempre un ampio margine lasciato alla sorpresa. Tanto più avvincente risulta la partita, o la lunga cavalcata che — «schizza il fango, turbina la polvere, la diligenza divora le distanze con l’avidità di un predatore» — conduce il lettore di Skujinš dal XVIII secolo dei corsetti che tagliano le schiene delle dame, delle voluminose crinoline erette come bastioni di difesa, dei Lumi, della Rivoluzion­e e dell’occultismo del conte Cagliostro, fino al XX secolo dei diodi, dei transistor, delle automobili e dell’improvvisa riapparsa sulla carta geografica della repubblica indipenden­te di Lettonia.

Seguendo fino alla fine, con la serietà impeccabil­e di chi gioca, o con la sovrana attenzione di chi si regge in groppa a un cavallo, i percorsi a ghirigori dell’autore, si approda — premio finale — alla più beffarda e rivelatric­e delle conclusion­i: «Giudicare secondo logica è un tragico errore. L’ordine del mondo non è banalmente logico». Nei momenti decisivi si può incontrare quello che ci si aspetta con la stessa incomputab­ile probabilit­à con cui si può rovesciare sul tavolo la carta o la tessera vincente.

 ??  ?? La «Nuvola» progettata da Massimilia­no Fuksas all’Eur di Roma dove da mercoledì 6 a domenica 10 si svolgerà la sedicesima edizione di Più libri più liberi: 550 appuntamen­ti e oltre mille autori invitati (foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini)
La «Nuvola» progettata da Massimilia­no Fuksas all’Eur di Roma dove da mercoledì 6 a domenica 10 si svolgerà la sedicesima edizione di Più libri più liberi: 550 appuntamen­ti e oltre mille autori invitati (foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini)
 ??  ?? ZIGMUNDS SKUJINŠ Come tessere di un domino Traduzione e postfazion­e di Margherita Carbonaro IPERBOREA Pagine 364, € 10,50
L’appuntamen­to Zigmunds Skujinš presenterà il suo libro a Più libri più liberi venerdì 8 dicembre in Sala Elettra, alle 18.30,...
ZIGMUNDS SKUJINŠ Come tessere di un domino Traduzione e postfazion­e di Margherita Carbonaro IPERBOREA Pagine 364, € 10,50 L’appuntamen­to Zigmunds Skujinš presenterà il suo libro a Più libri più liberi venerdì 8 dicembre in Sala Elettra, alle 18.30,...
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