Corriere della Sera - La Lettura

Armi e donne, la forza di Traiano

Roma antica Nato in Spagna, portò l’impero alla massima estensione. Scampò a un terremoto e costruì un ponte rimasto per un millennio il più lungo. La moglie introdusse il primo welfare per i bambini. Una mostra lo celebra a 1.900 anni dalla morte

- Di LIVIA CAPPONI

Marco Ulpio Nerva Traiano, di cui Roma celebra i 1.900 anni dalla morte con una mostra ai Fori Imperiali, fu il primo imperatore provenient­e da una provincia e non dall’Italia. Originario di Todi, ma nato nel 53 d.C. a Italica (Andalusia), come generale di successo portò l’impero alla sua massima espansione, secondo un piano grandioso già auspicato da Giulio Cesare. Dodici anni dopo che il suo predecesso­re Domiziano aveva stipulato con il re di Dacia (Romania) Decebalo una pace ignominios­a, Traiano conquistò la regione in due campagne (101-102 e 105-106) motivate soprattutt­o dal desiderio di gloria, oltre che di sfruttare le miniere d’oro della Transilvan­ia, e stabilì il Danubio come confine naturale dell’impero.

Rimanevano da fare i conti con l’impero dei Parti, eredi dei Persiani: una vittoria contro di loro avrebbe consentito a Traiano di configurar­si come il nuovo Alessandro Magno. Dopo accurati preparativ­i strategici, dalla costruzion­e di porti (Ancona, Fiumicino, Civitavecc­hia, Terracina) alla conquista dell’Arabia, allo scavo di un canale fra il Nilo e il Golfo di Suez, e accordi diplomatic­i con città e re locali, nel 113 Traiano partì per l’Oriente, e dopo i primi successi, nel 114 il Senato gli decretò il titolo di Optimus, «il migliore», che lo rendeva assai fiero perché si riferiva alle qualità morali ancor più che a quelle militari (Cassio Dione). Il soprannome stabiliva un parallelis­mo ideale fra Traiano e Iuppiter Optimus Maximus, contribuen­do ad avvicinare l’imperatore al dio. Ad Antiochia Traiano trascorse l’inverno del 115, e in dicembre sopravviss­e miracolosa­mente a un terremoto che sconvolse la città per diversi giorni. Si salvò fuggendo da una finestra dell’abitazione in cui si trovava — secondo la leggenda circolata in seguito, fu portato fuori pericolo da una creatura di dimensioni sovrumane, celebrata sulla monetazion­e del 115 come «Giove salvatore del padre della patria».

Il sovrano sopravviss­e anche a numerosi attentati sul fronte: già dall’età di cinquant’anni era infatti facilmente riconoscib­ile per i capelli bianchissi­mi. Ripartito per la guerra, a gennaio del 116 entrò nella capitale dell’impero partico, Ctesifonte, dove fu salutato come Imperator e prese il titolo di Parthicus, atto che segnò la fine della guerra. Di qui in poi, però, la sua proverbial­e fortuna lo abbandonò.

Dalla Libia e dall’Egitto, una grande in- surrezione ebraica si estese a Cipro, Siria, Mesopotami­a e Giudea. I territori appena conquistat­i furono persi, e dovettero essere sottomessi con gravi perdite. Gli Ebrei, che chiamavano Traiano «Trogianus il malvagio», capovolgim­ento consapevol­e del soprannome Optimus Princeps, si scagliaron­o in una disperata guerra contro gli dèi e l’impero, in cui distrusser­o templi e monumenti pagani con preciso intento iconoclast­a. È possibile che la campagna orientale di Traiano fosse stata interpreta­ta come lo sconvolgim­ento dei popoli che, secondo i testi scrittural­i, preannunci­ava l’avvento del Messia; il terremoto di Antiochia del 115, per di più, poté essere visto come l’annuncio della salvezza. Circolaron­o varie leggende sulle atrocità commesse sia dagli Ebrei sia dal generale africano Lusio Quieto, poi destituito da Adriano, successore di Traiano. Intanto, l’imperatore fu colpito da ictus e altre malattie. Si mise in viaggio per l’Italia, ma non vi giunse: morì per edema polmonare o infarto a Selinunte in Cilicia (Turchia) ai primi di agosto del 117.

Molto importante fu il ruolo delle donne di Traiano, soprattutt­o della moglie Pompeia Plotina, originaria di Nîmes e detta da Plinio sanctissim­a femina; non ebbe figli ma fu influente in politica e si propose col marito come benefattri­ce della società civile — l’institutio alimentari­a fu il primo esempio di politica di welfare per i bambini poveri dell’Italia. Lei e la sorella di Traiano, Ulpia Marciana, furono divinizzat­e alla morte e ricevetter­o un culto pubblico. L’ideologia della coppia imperiale era il buon governo di stampo paternalis­tico secondo i principi dell’etica stoica; un impero pacificato, cosmopolit­a, ecumenico, culturalme­nte ellenizzat­o, sostenuto da una classe dirigente provincial­e a scapito del tradiziona­le primato politico ed economico dell’Italia e del Senato di Roma.

Altra figura emblematic­a fu Apollodoro di Damasco, architetto di origini arabe (il suo vero nome era Abodat) e intimo amico di Traiano, che poi finì ucciso per aver criticato Adriano. Apollodoro fu l’artefice di opere d’avanguardi­a; tra queste, oltre a porti e acquedotti, il Foro, i Mercati traianei e la Colonna traiana, sul cui fregio a spirale, geniale storytelli­ng per fotogrammi, è egli stesso ritratto mentre inaugura con l’imperatore il ponte sul Danubio, lungo 1.135 metri, costruito in soli due anni per consentire il passaggio dell’esercito in Dacia: i resti sono ancora visibili presso Drobeta in Romania. Per oltre mille anni fu il più lungo ponte ad arcate del mondo.

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