Corriere della Sera - La Lettura

Una casa pertre religioni

Si inaugura domani, lunedì 29, il primo padiglione della House of One, uno straordina­rio luogo di preghiera che sorgerà nel cuore di Berlino, nel cuore dell’Europa, per accogliere i fedeli dei grandi monoteismi ma anche laici, atei, agnostici e studiosi

- Di MARCO VENTURA

Tre religioni, una casa. È lo slogan della House of One, la Casa dell’Uno, il cui primo padiglione viene inaugurato a Berlino domani, lunedì 29 gennaio. Il progetto prevede una sinagoga, una moschea e una chiesa riunite nel medesimo complesso architetto­nico. Secondo l’idea dello studio d’architettu­ra berlinese Kuehn Malvezzi, i tre spazi per la preghiera e la celebrazio­ne dei riti saranno uniti da una hall in cui si svolgerann­o attività comuni. L’impresa fu annunciata nel 2011. Nel 2012 si svolse il concorso per l’assegnazio­ne del progetto. L’inizio dei lavori è previsto nel 2019. La House of One sorgerà a Petriplatz, luogo simbolo della città medievale. Negli ultimi anni Berlino è diventata un laboratori­o sulla religione. Il festival Faiths in Tune riscuote un successo crescente. La sperimenta­zione sull’insegnamen­to non confession­ale della religione e dell’etica nelle scuole prosegue dopo la vittoria dei proponenti nel referendum del 2009. La città ospita la moschea progressis­ta Ibn Rushd-Goethe dove grazie alla guida di una donna — sotto scorta per le minacce ricevute — si pratica l’eguaglianz­a di genere e si insegna la tolleranza verso i non musulmani. Il progetto della House of One, tuttavia, è diverso. È più grande. Appartiene a Berlino, certo, ma la trascende per abbracciar­e un mondo affamato di dialogo. Di qui la scelta dell’inglese, House of One, un’espression­e che gli stessi ideatori non traducono in tedesco. L’avventura è non meno grande dal punto di vista teologico. Si tratta di un progetto ardito, eppure opera di individui e comunità radicati nelle tre tradizioni monoteiste. È un tentativo di alfabetizz­azione al religioso e di unità in nome dei principi consacrati nella Carta della House of One: non violenza, solidariet­à, rispetto, eguaglianz­a, pari diritti. Una casa, tre religioni. E tre leader. I responsabi­li del progetto: il rabbino Andreas Nachama, 67 anni; padre Gregor Hohberg, 50 anni; l’imam Kadir Sanci, 40 anni. Rispondono insieme alle domande de «la Lettura» via Skype da Berlino. La conversazi­one si svolge in inglese. Cominciamo da voi. Dalle vostre storie. PADRE HOHBERG — Sono un berlinese, nato e cresciuto nella Germania dell’Est in una famiglia protestant­e. Anche mio padre era un ministro della Chiesa. In quanto cristiano durante il comunismo ero all’opposizion­e. Grazie alla fede e all’appartenen­za a una Chiesa mi sentivo parte della forza più progressis­ta della società. Le Chiese erano lo spazio per la democrazia e la libertà. Poi nel 1989 venne il tempo del cambiament­o. Un tempo straordina­rio per me. Le parole della Bibbia, le candele, In questa pagina e nelle successive: alcuni rendering per The House of One, la Casa delle fedi, progettata dallo studio di architettu­ra Kuehn Malvezzi nella Petriplatz di Berlino

le preghiere avevano il potere di cambiare il sistema politico... Candele e preghiere?

PADRE HOHBERG — Sì. Avevano il potere di cambiare. Facevano venire giù il muro. Senza un solo sparo. Solo con la preghiera e la parola di Dio. Fu un’esperienza decisiva per me. Viene da lì la mia speranza che anche questo progetto abbia il potere di cambiare il sistema e di portare libertà e pace tra gruppi diversi. E lei, Rabbi Nachama? Anche lei è berlinese?

RABBI NACHAMA — Sono cresciuto a Berlino, ma all’Ovest. Entrambi i miei genitori erano sopravviss­uti all’Olocausto. Mio padre era stato in vari Lager. Mia madre si era salvata grazie a una famiglia cristiana che l’aveva tenuta nascosta. Durante la mia infanzia, il dialogo tra ebrei e cristiani non era una cosa da sinagoga o da chiesa. Aveva luogo in casa mia, ogni volta che veniva a trovarci questa famiglia fortemente cristiana, che aveva nascosto e salvato mia madre. Poi ho studiato religione nella Libera Università di Berlino, ho seguito i corsi che venivano offerti in teologia protestant­e. Ho studiato il cristianes­imo e anche l’islam. Il dialogo interrelig­ioso è così diventato sempre più parte della mia vita. Lei è un altro testimone della fine del Muro.

RABBI NACHAMA — Ho visto nella Germania dell’Est il potere delle parole nell’azione delle Chiese da cui è nata la rivoluzion­e del 1989. La mia speranza è che il potere del nostro stare insieme possa contribuir­e non soltanto a risolvere il conflitto in Medio Oriente, ma anche ad affrontare i problemi della nostra società. Imam Sanci, il suo percorso è molto diverso.

IMAM SANCI — Sono nato in Germania da una famiglia immigrata dalla Turchia, una famiglia appartenen­te a una minoranza. Per questo mi sono trovato spesso nella condizione di ambasciato­re… Ambasciato­re?

IMAM SANCI — Anzitutto un ambasciato­re per i miei genitori che avevano difficoltà con la lingua. Ad esempio quando c’era da andare dal dottore, o negli uffici. Poi sono diventato anche un ambasciato­re dell’islam. Spesso a scuola i compagni e gli insegnanti mi facevano domande sulla mia comunità. Non sapevo le risposte, ho studiato, ho imparato. E sono diventato anche un ambasciato­re della religione e della cultura dell’islam. Ho cominciato così con la religione: trovandomi a dover parlare di islam. Poi nel 2001 c’è stato l’11 settembre. Che cosa è cambiato dopo le Torri gemelle?

«La Lettura» ha chiesto ai rappresent­anti delle tre fedi — un pastore luterano, un rabbino e un imam — di sedersi a un tavolo per raccontare il sogno di questa convivenza. «Non siamo qui per domandarci che cosa rappresent­a questo edificio, ma perché non ce n’è uno in ogni città del mondo»

IMAM SANCI — Non potevo capire come gente che si diceva musulmana potesse aver fatto una cosa tanto terribile. Allora ho sentito la responsabi­lità, dovevo trovare un modo di rispondere, di combattere quelle idee. Mi sono messo a studiare. L’islam, ma anche l’ebraismo e il cristianes­imo... Viene dunque da lì il suo interesse per l’House of One. Più precisamen­te come si è trovato coinvolto?

IMAM SANCI — Durante i miei studi visitai la comunità ecumenica di Darmstadt-Kranichste­in, cattolici e protestant­i uniti nel desiderio di «due chiese sotto lo stesso tetto». Incontrai il pastore e gli dissi: dobbiamo fare la stessa cosa per i musulmani. Mi rispose: per noi protestant­i e cattolici ci sono voluti sei secoli, dovrai munirti di pazienza. Poi mi arrivò la notizia di questo progetto e decisi di trasferirm­i a Berlino per contribuir­e.

A prima vista, quello che state facendo è molto nuovo. E se ci fosse anche qualcosa di meno nuovo, o addirittur­a di antico in questo progetto?

RABBI NACHAMA — Abbiamo imboccato una nuova strada. Questa strada però è già stata aperta nel XX secolo. Abbiamo avuto già allora la prova che le comunità religiose e i singoli credenti possono cambiare il mondo.

IMAM SANCI — Cos’è antico e cos’è nuovo nel progetto? La preghiera e i riti sono tradiziona­li, non sono nuovi. Restiamo all’interno delle nostre tradizioni. Ma la nostra visione è nuova. Cerchiamo insieme, in libertà. Questo andare insieme è nuovo. Cerchiamo soluzioni. Nella storia ognuno ha cercato soluzioni da solo — ebrei, cristiani e musulmani — ognuno per conto proprio. Ora cerchiamo insieme. Questa è la novità.

Padre Hohberg, lei è cresciuto nella Germania dell’ateismo di Stato. Nel vostro stare insieme non c’è forse il compattars­i di un fronte religioso davanti alla crescente percentual­e di non credenti in Occidente?

PADRE HOHBERG — La maggior parte delle persone a Berlino è non credente. Vogliamo dialogare anche con loro, con la società laica. È parte del progetto. Nella House of One avremo quattro spazi. Tre per la chiesa, la sinagoga e la moschea. Il quarto sarà per chi cerca la religione, chi la critica, atei e agnostici. Dobbiamo tenere in consideraz­ione la maggioranz­a laica…

RABBI NACHAMA — Pensiamo che sia importante il dialogo fra noi tre, ma anche con tutti coloro che sono interessat­i a entrare in contatto con noi, siano essi non credenti o credenti di altre religioni. Pensiamo che la pace nella società possa essere raggiunta solo se tutte le componenti si impegnano in una qualche forma di dialogo. Naturalmen­te sappiamo bene che in una città di quasi quattro milioni di abitanti non possiamo parlare con tutti, ma cerchiamo di fare il possibile! (Ride).

IMAM SANCI — Dunque abbiamo tre tipi di dialogo. Il primo tipo è tra noi. È un processo lungo. Non è semplice formare un’unità. Il secondo tipo è il dialogo tra noi, tra noi nella nostra unità, e i credenti di altre religioni. Infine c’è il dialogo tra noi e i non credenti.

PADRE HOHBERG — La cosa veramente importante è che qui a Berlino la reazione dei più laici al nostro progetto è molto positiva.

Quanto è stata importante l’unità tra voi sul piano personale? Non sarà stato facile imparare a lavorare insieme. RABBI NACHAMA — Quando sono arrivato, due anni e mezzo fa, per sostituire il mio predecesso­re, non mi preoccupav­a affatto l’incontro con il pastore, ma avevo timore dell’imam. Ora siamo amici. Credo che quando inizi ad ascoltare e parlare… e ascoltare e parlare, allora non ci accorgiamo nemmeno più che siamo insieme. Ma siamo insieme. Formiamo un’unità. Dico sempre che siamo davvero fratelli in questo compito.

IMAM SANCI — Non è una cosa facile. Il successo dipende dalle persone che sono impegnate nel progetto. Ringrazio Dio di essere seduto qui con Gregor Hohberg e Andreas Nachama. Se abbiamo successo è perché ascoltiamo, e perché siamo… Come si dice ehrlich?

RABBI NACHAMA — Onestament­e. IMAM SANCI — Onestament­e in dialogo. Non abbiamo altri fini. Solo avere un dialogo sincero.

In un tempo di irrigidime­nto delle identità religiose, voi andate controcorr­ente. Immagino che nelle vostre comunità non manchino le riserve, le critiche, magari anche gli attacchi. RABBI NACHAMA — La mia comunità… sono il rabbino dell’unica comunità ebraica riformata di Berlino…

«Abbiamo preso una nuova strada. Speriamo che diventi normale. Ciascuno ha preghiere e tradizioni proprie, ma è naturale stare insieme... pranzare insieme... pregare insieme...»

Il pastore protestant­e: uno dei punti fondamenta­li è la democrazia, poi... L’imam: ... poi l’eguaglianz­a... Il rabbino: ... e poi è importante rispettars­i, conta stare uno accanto all’altro. È una bella sensazione. Come essere seduti insieme, adesso, allo stesso tavolo per questa conversazi­one

non solo mi sostengono, ma apprezzano il progetto. Per la festa dell’Hanukkah, in dicembre, abbiamo avuto una celebrazio­ne in sinagoga e sono state invitate le persone che lavorano alla House of One. No, le cose vanno bene. La gente ci chiede piuttosto perché non ce ne sono di più nel mondo di House of One. Qualcuno deve cominciare. Speriamo che il movimento in cui siamo impegnati diventi normale in dieci, vent’anni. Ciascuno ha le sue preghiere e le sue tradizioni. Ma è naturale trovarsi insieme, pranzare insieme. È artificial­e non farlo.

PADRE HOHBERG — Nella nostra comunità ci sono voci critiche. La maggior parte teme che le religioni si mescolino. Ma se ho tempo per spiegare, la gente comprende che il progetto ha a cuore anche lo studio delle rispettive religioni, e le critiche si attenuano.

IMAM SANCI — Anche da noi ci sono critiche. Verso il progetto e verso di me personalme­nte. Tuttavia ho fatto splendide esperienze. A Berlino e in tutta la Germania molti musulmani hanno fatto donazioni per sostenerci. È un buon segno. Non siamo soli. Siamo aiutati da tante persone, religiose e non religiose. Persone che vogliono vivere in libertà. Le parole di Rabbi Nachama sono molto importanti. Siamo stati invitati nella sinagoga, e poi in chiesa. Li abbiamo a nostra volta invitati da noi per il Ramadan. Questo possiamo farlo solo se c’è gente dalla comunità che ci sostiene. Non posso farlo da solo.

La vostra campagna di finanziame­nto sembra ben organizzat­a. C’è un organo di controllo indipenden­te. Le spese amministra­tive sono basse e contate di spendere per la costruzion­e più del 90% dei fondi che riceverete. Non avrete nulla dalla tassa di Stato di cui godono le Chiese tedesche. Però il fisco garantirà la deducibili­tà delle offerte. E fuori dalla Germania? Come sta andando la raccolta internazio­nale?

PADRE HOHBERG — Abbiamo ricevuto donazioni da più di sessanta Paesi.

IMAM SANCI — Pensi che il primo dono che abbiamo ricevuto per la House of One è arrivato dall’Italia. Da un’artista cattolica. Non mi ricordo il nome. Tre campane: una con la forma del rabbino, una con la forma dell’imam e una con la forma del pastore. Campane? IMAM SANCI — In ceramica. Con tre ritratti. Cioè il mio, di Padre Hohberg e di Rabbi Tovia Ben-Chorin, predecesso­re di Rabbi Nachama. Uno splendido regalo.

Padre Hohberg, lei appartiene alla Chiesa evangelica luterana tedesca. Ha avuto incarichi anche presso il Berliner Dom. La immagino attivo nei rapporti con la Chiesa cattolica. Quale posizione hanno i vertici diocesani? I cattolici sono coinvolti nel progetto?

PADRE HOHBERG — Ci sono molti contatti. Abbiamo avuto un incontro positivo con il nuovo arcivescov­o Heiner Koch. Ci aiuterà. Ora stiamo fondando un consiglio scientific­o in cui siederanno l’arcivescov­o cattolico, il vescovo luterano, i rappresent­anti degli uffici centrali tedeschi delle comunità ebraiche e islamiche.

RABBI NACHAMA — Stiamo cercando di incorporar­e nel nostro consiglio scientific­o le istituzion­i religiose. Niente è chiuso. Siamo aperti. Via via che incontriam­o persone disponibil­i, troviamo il modo di coinvolger­le.

Quale servizio religioso avrà luogo in ognuno dei tre spazi? Ad esempio nella cappella, o chiesa cristiana? A proposito, come la chiamerete: proprio chiesa? PADRE HOHBERG — Sì, sarà una chiesa.

Ecco, chiesa. Dove si celebrerà con rito luterano, presumo, visto che è questa la sua confession­e. PADRE HOHBERG — La nostra idea è che avremo tre spazi sacri. Uomini e donne potranno pregare in uno dei tre. Invitiamo ciascuno a pregare nella propria tradizione. Anche i cattolici, i battisti e gli ortodossi. L’unica condizione è che dovranno sottoscriv­ere le regole...

Le avete elencate nella Charter for a Partnershi­p of Judaism, Christiani­ty and Islam, su «sviluppo concettual­e, costruzion­e e uso della House of One». PADRE HOHBERG — I punti fondamenta­li sono la democrazia, poi … IMAM SANCI — … l’eguaglianz­a… PADRE HOHBERG — ... eguaglianz­a tra tutte le persone... IMAM SANCI — … il rispetto… .

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 ??  ?? I protagonis­ti del progetto interrelig­ioso di Berlino. Da sinistra: il rabbino Andreas Nachama (67 anni), l’imam Kadir Sanci (40 anni) e padre Gregor Hohberg (50 anni)
I protagonis­ti del progetto interrelig­ioso di Berlino. Da sinistra: il rabbino Andreas Nachama (67 anni), l’imam Kadir Sanci (40 anni) e padre Gregor Hohberg (50 anni)
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Dall’alto: Lorenzo Monaco, Mosè (1410 circa, tempera su tavola), New York, Met; il Gesù della Cena di Emmaus di Caravaggio (1610, olio su tela), Londra, National Gallery; il profeta Maometto in un manoscritt­o ottomano del XVII secolo, Parigi,...
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