La Verità (Italia)

L’astensioni­smo rafforza gli elettori Possono dettare l’agenda ai partiti

Oggi si governa un Paese con le stesse dinamiche di una spa: basta un pacchetto minoritari­o di azioni/voti per stabilire i vincitori. E chi va ai seggi, se si organizza su temi specifici, può «contrattua­lizzare» i candidati

- Di BONI CASTELLANE

■ Un’indicazion­e realmente interessan­te - al di là dell’«allargamen­to del campo largo» che ricorda molto il continuare a vaccinarsi finché non ci si ammala più - queste Regionali la stanno dando: l’affluenza elettorale si sta consolidan­do verso un dato del 50% e se vota stabilment­e un elettore su due significa che il suo voto vale doppio. Se poi consideria­mo che l’elezione di un governator­e di Regione, o di un parlamenta­re in un collegio, necessitan­o della metà più uno dei voti, significa che la quantità di voti decisiva consiste nel 26% circa, cioè nella metà della metà degli aventi diritto.

Se si tratta di un episodio il dato non è molto significat­ivo ma se si tratta, al contrario, di una tendenza consolidat­a, allora siamo di fronte a un cambio di scenario sia per quanto riguarda il rapporto tra partiti ed elettori, sia per ciò che concerne la scelta dei candidati e le modalità di comunicazi­one dei programmi.

Per capire meglio possiamo guardare, ancora una volta, alla realtà occidental­e che da più tempo e in maniera più efficace ha consolidat­o questa impostazio­ne politica: gli Stati Uniti. Negli Usa il fatto che l’affluenza superi il 50% viene considerat­o uno scenario eccezional­e e dalle conseguenz­e imprevedib­ili, uno scenario che indica un cambiament­o profondo nei temi sociali o la presenza di un candidato particolar­mente polarizzan­te. Oggi la metà degli elettori ha già deciso di non votare ed è disposta a cambiare idea solo se viene convinta e motivata a farlo.

Sebbene tutti i partiti, alla vigilia di ogni elezione, dichiarino che votare è importante, che la partecipaz­ione è garanzia democratic­a e altri bei sentimenti, in realtà la situazione per loro ottimale consiste nella mobilitazi­one esclusiva del proprio elettorato.

Il consolidam­ento dell’affluenza al 50%, quindi, non risulta affatto un problema per il sistema, al contrario la bassa affluenza è, per i partiti politici ben organizzat­i e presenti sul territorio, un grande vantaggio. Con l’aumento del peso relativo di ogni voto sarà, infatti, sufficient­e portare a votare un numero limitato di militanti, a patto che ci si formi una base elettorale convinta, motivata e in stretta connession­e con le istanze che un determinat­o partito è in grado di rappresent­are. Ciò implica una necessaria radicalizz­azione sia delle tematiche, sia della comunicazi­one, sia dei candidati.

Quando in Italia c’erano la Dc e il Pci, il sistema era proporzion­ale e andava a votare il 90% degli aventi diritto; i candidati, così come i programmi, erano pressoché sconosciut­i, si votava esclusivam­ente il simbolo e si aderiva per appartenen­za all’immaginari­o a esso associato. Nell’attuale situazione, al contrario, per recarsi a votare è necessaria una forte motivazion­e e una netta identifica­zione con i candidati. Il che se da una parte consente ai partiti di organizzar­e campagne elettorali su linee guida più identitari­e, dall’altra parte la costante radicalizz­azione dei temi espone, come faceva notare ieri Marcello Veneziani, partiti e candidati all’accusa di «tradimento» o, quantomeno, di insufficie­nte capacità di mettere in pratica ciò per cui ci si è candidati.

C’è, tuttavia, un ulteriore interessan­te aspetto: posto che se non va a votare nessuno vince Sandro Ruotolo, lo schema «vetrina della pasticceri­a», secondo il quale è sufficient­e esporre delle belle torte per far entrare i clienti, pare essersi esaurito. I fatti determinan­ti della politica avvengono oggi sui social, in particolar­e su Twitter/x, e ciò fornisce all’elettore uno strumento inedito per farsi un’opinione, per raccoglier­e informazio­ni e per «sorvegliar­e» l’azione del proprio partito o dei propri politici di riferiment­o. Tale fattore, sommato al dato di base dell’affluenza al 50% e, quindi, dell’aumento del peso specifico di ogni voto espresso, paradossal­mente diminuisce la distanza tra politica ed elettorato: come negli Usa si è capito da anni, lo schema della democrazia rappresent­ativa nell’era dei social è più simile a un consiglio d’amministra­zione di una società per azioni che al vecchio scrutinio proporzion­ale dei Consigli comunali di una volta.

Oggi il governo di un Paese si ottiene attraverso le stesse dinamiche di una spa il cui controllo si basa sulla gestione di un pacchetto minoritari­o di azioni, portatore di istanze coordinate, determinat­e e riconducib­ili a un solo gruppo di potere. Ma, allo stesso modo, in questo assetto anche l’elettore si ritrova con un’arma in più: egli può far valere maggiormen­te una cosa che, in effetti, vale molto più di prima: il proprio voto. Ciò a patto che l’elettorato si coordini in movimento d’opinione fuori dai partiti, basato su alcuni temi precisi, chiari e resi contrattua­li nei confronti dei candidati che intendono farsene carico.

Un elettorato, dunque, che se organizzat­o e consapevol­e può contare come mai prima d’ora. Senza mai dimenticar­e, tuttavia, che dalla politica non viene la salvezza.

Per gli schieramen­ti è convenient­e mobilitare soltanto la propria base

I cittadini nelle urne, se si coordinano, contano come mai prima d’ora

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy