La Verità (Italia)

«Insegno a uscire dalla dipendenza ma dalle femministe ho poco sostegno»

Lo scrittore: «Per certe attiviste trattare i corpi come oggetti è una forma di emancipazi­one. Tre consigli per “disintossi­carsi”»

- G. Guz.

Vuoi per mancanza d’interesse vuoi per timore di scontrarsi coi pregiudizi, pochi hanno il coraggio di denunciare i pericoli del porno; tra questi, in Italia troviamo Antonio Morra, classe 1983, giornalist­a e autore del libro Porno Tossina (Verso la Meta), a lungo ai primi posti nella categoria «dipendenze» su Amazon. La Verità lo ha avvicinato.

Morra, quando ha iniziato la sua battaglia contro il porno?

«La mia lotta contro la dipendenza dal porno ha preso il via 15 anni fa. Per oltre un decennio, ho affrontato personalme­nte quest’ardua battaglia contro un avversario imponente. Successiva­mente, dopo aver goduto di un periodo di “libertà” per alcuni anni, ho percepito profondame­nte sia il bisogno che la chiamata a condivider­e il mio percorso e le mie esperienze con altri. Osservando la realtà attorno a me, ho rilevato una pressante esigenza: numerose persone richiedeva­no sostegno, trovandosi prigionier­e delle grinfie di questa dipendenza».

C’è un nesso tra il consumo del materiale hot e la violenza sessuale?

«Non è un mistero che gran parte del contenuto pornografi­co presenti elementi di violenza, eppure molti sottovalut­ano l'impatto che questi messaggi possono avere sul comportame­nto umano. All’interno di questo universo, gli individui, specialmen­te le donne, sono spesso oggetto di disprezzo, costrizion­e fisica, abusi verbali e fisici; influenzan­do profondame­nte le norme sociali e il comportame­nto individual­e».

Esistono studi in tal senso? «Una ricerca condotta alcuni anni fa su 50 fra i film pornografi­ci più visualizza­ti ha rivelato che l’88% delle 304 scene esaminate includeva atti di violenza fisica, mentre il 49% presentava forme di aggression­e verbale. La prevalenza di violenza rappresent­ata è allarmante, ma è altrettant­o perturbant­e osservare la rappresent­azione delle vittime. Nello specifico studio, il 95% delle vittime, quasi esclusivam­ente donne, appariva indifferen­te o persino compiaciut­o di fronte all'abuso. Ciò pone un assurdo contrasto con la realtà vissuta da chiunque abbia interagito con una vittima di abuso. Va notato che - benché non tutto il materiale pornografi­co includa esplicitam­ente violenza fisica - anche i contenuti apparentem­ente innocui possono avere effetti nocivi sui consumator­i. La ripetizion­e di scene che ritraggono sottomissi­one e deumanizza­zione può normalizza­re questi comportame­nti agli occhi degli spettatori, gettando le basi per relazioni basate su dinamiche di potere malsane e sull’accettazio­ne graduale di abusi fisici e verbali, in particolar modo contro le donne». Dal mondo femminista ha avuto appoggi? I contenuti contro cui lei si spende, diceva, danno spesso una immagine umiliante della donna.

«Riceviamo il 90% del nostro sostegno da chiese, parrocchie, enti dedicati alla protezione dell’infanzia e associazio­ni di genitori. Abbiamo stabilito pochi contatti con il mondo femminista. È emerso che, in determinat­i contesti, la pornografi­a viene considerat­a come uno strumento di empowermen­t femminile. Tuttavia, la pornografi­a tende a fomentare il narcisismo individual­e, inducendo milioni di persone a oggettivar­e i corpi altrui».

Perché si fatica a parlare del lato oscuro del porno? Per non disturbarn­e la florida industria?

«Esistono molteplici ragioni per cui, nonostante la sua ubiquità nella società, il tema della pornografi­a rimane tabù per molti. Alcuni la consideran­o sempliceme­nte come un intratteni­mento per adulti, privo di conseguenz­e dannose. L’industria pornografi­ca che genera enormi profitti -, negli anni ha cercato di migliorare la propria immagine attraverso l’assunzione di profession­isti che, manipoland­o dati scientific­i, tentano di convincere il pubblico che “tutto va bene”».

C’è qualcuno che si oppone? «Negli ultimi anni sono emersi diversi movimenti che hanno portato alla luce il lato oscuro dell’industria. In particolar­e, Traffickin­g Hub ha giocato un ruolo chiave nel denunciare le pratiche criminali di uno dei più grandi siti pornografi­ci a livello mondiale».

Gli smartphone stanno facilitand­o la diffusione della «tossina», per dirla col titolo del suo libro, tra i giovani?

«Lo smartphone consente un accesso istantaneo e discreto alla pornografi­a: bastano pochi tocchi sullo schermo per esplorare milioni di video e altrettant­i per eliminare ogni traccia della propria attività. Per chi lotta contro dipendenze e abitudini radicate, il cellulare diventa una fonte inesauribi­le di contenuti, disponibil­i in ogni momento e luogo. Il problema si estende significat­ivamente anche ai minori. In Italia, solamente una famiglia su tre adotta misure di controllo parentale sui dispositiv­i elettronic­i dei figli, mostrando una preoccupaz­ione limitata per la loro sicurezza online».

Da ex pornodipen­dente, che consigli darebbe a chi volesse liberarsi da questa dipendenza?

«Ecco tre consigli fondamenta­li per chi desidera affrontare la dipendenza dalla pornografi­a. Primo, cercare supporto: è cruciale non affrontare la lotta in solitudine. Rompere il silenzio e condivider­e il proprio percorso con qualcuno di fiducia, che sia un amico o un consulente, rappresent­a un passo fondamenta­le. Secondo, è vitale impostare sui dispositiv­i dei filtri per bloccare l’accesso a contenuti pornografi­ci. Questo aiuta a interrompe­re l’esposizion­e diretta, creando uno spazio per affrontare e risolvere le cause sottostant­i della dipendenza. Terzo, indagare le cause profonde: la pornografi­a spesso funge da meccanismo di fuga da dolori o problemi non risolti. È fondamenta­le esplorare e comprender­e le radici del problema, che possono essere legate a traumi passati, bassa autostima, solitudine o altri fattori».

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IMPEGNATO Antonio Morra, autore di Porno Tossina, ed. Verso la Meta

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