La Verità (Italia)

Non c’è Pasquetta senza picnic E la nostra salute ringrazia

Mangiare all’aperto, seduti sull’erba e magari servendosi con le mani, è una tradizione che in Europa dura da 300 anni e che ha ispirato grandi pittori. Ed è anche un modo, se c’è il sole, per fare scorta di vitamina D

- GEMMA GAETANI

Lunedì prossimo festeggiam­o la Pasquetta, nome popolare del Lunedì dell’angelo. Anche chiamato lunedì di Pasqua o lunedì in Albis, è il giorno successivo alla domenica in cui si celebra la Pasqua, il giorno in cui Gesù risorge. Il calendario liturgico della Chiesa Cattolica chiama questo giorno lunedì fra l’ottava di Pasqua e - a parte la Germania e altri paesi di lingua tedesca - non è un giorno di precetto. La festa di precetto nella Chiesa Cattolica è quella in cui, come da Codice di diritto canonico, «i fedeli sono tenuti all’obbligo di partecipar­e alla Messa; si astengano inoltre da quei lavori e da quegli affari che impediscon­o di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo». Quindi, se a Pasqua si va a messa, a Pasquetta no, eppure il lunedì dell’angelo è un giorno festivo anche per quella società non cristiana che comunque festeggia le festività religiose.

Succede, d’altronde, anche con altri giorni che seguono quelli festivi e di precetto nella Chiesa, come Santo Stefano, il giorno dopo Natale e il lunedì di Pentecoste che è festivo in Alto Adige e in gran parte dell’europa.

Si chiama lunedì dell’angelo perché si ricorda l’apparizion­e dell’angelo alle donne davanti al santo sepolcro. Secondo il Vangelo di Marco, Salomè, Maria di Magdala e Maria madre di Giacomo e Giuseppe si recarono al sepolcro che custodiva il corpo morto di Gesù, per imbalsamar­lo con oli aromatici, ma trovarono la pietra che lo chiudeva spostata, il sepolcro vuoto. L’angelo apparve e spiegò loro che Gesù era risorto: «Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate ad annunciare questa notizia agli Apostoli» (Mc 16,17). Nel Vangelo, questo fatto avviene nello stesso giorno di Pasqua, ma la tradizione popolare lo ha spostato al giorno dopo e dal 1949 questo «spostament­o» è stato ufficializ­zato. In quest’anno lo Stato italiano ha istituito la festa che celebra il lunedì successivo alla Pasqua, dedicata alla gita fuori porta o in un giardino o nel parco cittadino col pranzo al sacco. Pasquetta, quindi, è da molto tempo il giorno in cui si fa il picnic. Si può non farlo tutto il resto dei giorni dell’anno, ma non farlo a Pasquetta, nella concezione popolare, è quasi sacrilego. O un peccato. Non in senso cristiano, ovvio. Non fare il picnic di Pasquetta è un peccato nel senso di una bella consuetudi­ne che non si è esperita, perché il picnic è una incantevol­e pratica di contatto con la natura che esisteva già ben prima del 1949: la parola picnic, chiarament­e già in uso orale in precedenza, entra ufficialme­nte nell’oxford English Dictionary nel 1748. Di etimologia francese, picnic deriva infatti da piquenique, parola composta dal verbo piquer (prendere, rubacchiar­e, spilluzzic­are) e il sostantivo nique (piccola cosa), con riferiment­o al fatto di mangiare qualcosina prelevata dalla cucina in un contesto diverso da quello del pranzo ordinario seduti a tavola in casa e con dovizia di portate.

Il termine picnic identifica quindi il pasto consumato all’aperto in Europa da quasi 300 anni, sia il pasto consumato seduti ad una tavola all’aperto come usava fare la nobiltà dopo le partite di caccia per esempio alla volpe (tavole, naturalmen­te, gestite dalla servitù), sia il pasto consumato in riva al mare, al fiume e, ancor di più, su un bel prato tiepidamen­te assolato in primavera. Proprio come nella magnifica tela di Édouard Manet del 1863, Le déjeuner sur l’herbe (Colazione sull’erba).

Vi invitiamo a osservare l’opera di Manet, magari proprio a Pasquetta, all’aria aperta, cercando l’immagine sul vostro telefono cellulare per usare questo strumento per informarsi sulla classicità, oltre che sull’attualità. Si tratta di un ritratto a ragione divenuto un capolavoro e un’icona. E come tante icone questa tela è stata l’inizio di una serie di citazioni che sono anche seguiti, in un certo senso. C’è Déjeneur sur l’herbe (Colazione sull’erba) di Claude Monet, c’è Le déjeuner des canotiers (La colazione dei canottieri) di Renoir, c’è Colazione sull’erba di Pablo Picasso che tornerà e ritornerà sul soggetto di Manet, quasi ossessiona­to. Abbiamo davanti una catena infinita, viva ancora in epoca recente, pensiamo alla stupenda scultura di John Seward Johnson II del 1994, Déjeuner déjà vu (Colazione già vista, la traduzione non rende il gioco di parole del titolo dell’opera in lingua francese) oppure alla brillante e suggestiva performanc­e trentennal­e di Daniel Spoerri, Déjeuner sous l’herbe (Colazione sotto l’erba), un vero picnic al tavolo con un menù decisament­e artistico (ragù di pitone, mammelle affumicate, bistecche di proboscide d’elefante, polmoni di vitello, trippe, piedini) e poi il

Le uova alla scozzese, che in lingua inglese si chiamano scotch eggs o egg balls o anche scottish eggs, sono una bella e ricca ricetta inglese che si presta ad essere consumata in varie circostanz­e, picnic compreso. Pare che l’ideazione di questa ricetta sia di Fortnum & Mason nel 1738, mentre secondo altre tesi sarebbero una ricetta del XIX secolo del ristorante William J. Scott & Sons di Whitby, Yorkshire, cosiddette scotch eggs nel senso di uova di Scott e non scozzesi. Chissà. Inoltre, avrebbero avuto una copertura di pasta di pesce piuttosto che di carne di salsiccia. Secondo altri l'etimologia non riguardere­bbe né un luogo, la Scozia, né un cognome, ma una modalità di cottura: «scorch eggs» cioè «uova bruciate» perché cotte a fuoco vivo. Ripetiamo: chissà. Ma intanto impariamo a prepararle. Ecco la ricetta dal sito Internet Negroni www.negroni.com che spiega: «polpette di salsiccia con un cuore di uovo alla coque,

seppellime­nto sottoterra di tavolo, piatti e avanzi, era il 1983, seguito da uno scavo archeologi­co che li riportasse alla luce nel 2010.

A Pasquetta, nella raffiguraz­ione artistica, non celebriamo molto il picnic, ma, in un certo senso, lo celebriamo facendolo. Tutti, non soltanto i nobili. Il picnic, infatti, è diventato quasi un pasto a sé, un modo e insieme un mondo da mangiare e per mangiare, autonomo rispetto a colazione, pranzo, cena, spuntino e brunch, una modalità di mangiare che ha tutta una sua filosofia e un universo di prodotti ad esso dedicato, come ad esempio il cesto per picnic con piatti, tovaglioli e posate dedicati, anche se per molti la filosofia del picnic prevedereb­be di mangiare esclusivam­ente con le mani. Voi per che filosofia propendete? Pensate che Peck, la nota gastronomi­a milanese, «con l’obiettivo di riconcilia­re il rapporto tra cibo e natura», come spiegano sul sito, ha ideato da qualche tempo Peck-nick, il picnic «en plein air», che si acquista nella sede Peck di Citylife e si può consumare nel vicino parco. Servizio disponibil­e dal martedì alla domenica, si prenota il cestino, che si può riempire con un menù picnic scelto tra 6 formule a disposizio­ne oppure alla carta con tutti i prodotti disponibil­i alla gastronomi­a ed enoteca del negozio, si ritira e poi si riporta vuoto, successiva­mente al picnic. Il cesto di vimini include, oltre alle pietanze, coperta, posate, tovaglioli e bicchieri: tutto l’occorrente per vivere un’esperienza di qualità, unendo in un rito antico il piacere del cibo alla natura, dice ancora il sito. Nel parco di Villa Necchi alla Portalupa, a Gambolò (Pavia), si sta svolgerà il Picnic di Pasquetta 2024 consumando il cestino scelto on line scegliendo tra Cestino Classico, Cestino Vegetarian­o, Cestino Bambini. Nello spazio Mare culturale urbano, a Milano, sempre a Pasquetta si svolgerà invece il pic nic comunitari­o nella piazza coperta di cascina torrette: «Prepara i tuoi piatti preferiti e mangiali con noi, troverai tavoli condivisi e sceglierai dove sederti. Metteremo tutto il necessario per accogliert­i al meglio con amic*, parenti o con chi vuoi trascorrer­e una splendida giornata. Per la consumazio­ne delle bevande il nostro staff ti aspetta al bar, che sarà aperto tutto il giorno, come la gastronomi­a, per offrirti crocchè, panuozzi o una fetta di torta in caso finiscano improvvisa­mente in caso di una fine imprestiva delle provviste del tuo picnic. Nel nostro book crossing trovi diversi giochi in scatola, ma ti invitiamo anche a portarli da casa per trascorrer­e momenti all’insegna della condivisio­ne con la nostra comunità! Non mancherà musica dal vivo e tanta animazione!». E in ogni parte d’italia sappiamo che ci saranno picnic di qualsiasi tipo e concezione in corso.

Dovremmo fare più picnic, non soltanto a Pasquetta. Perché? Perché mangiare fuori nel senso di fuori in mezzo alla natura fa bene. Lo fa in particolar modo dopo il buio e la poca permanenza all’esterno tipica dell’inverno che ci siamo lasciati alle spalle la settimana scorsa entrando ufficialme­nte nella stagione della primavera. Stare en plein air, proprio come i protagonis­ti della tela di Manet, magari baciati in pieno dal sole, ci ricarica di vitamina D, una vitamina fondamenta­le per ossa forti, per regolare il fosforo nel sangue e anche per fortificar­e il sistema immunitari­o. Si tratta di una vitamina liposolubi­le che stipiamo nel fegato per poi rilasciarl­a quando il corpo ne ha bisogno: la assumiamo in forma di ergocalcif­erolo tramite il cibo - quel poco che la ha come latte e i suoi derivati, verdure verdi, uova, fegato e alcuni pesci, da ciò l’uso tradiziona­le dell’olio di fegato di merluzzo. Il colecalcif­erolo, invece, è la vitamina D che il nostro corpo sintetizza, per esempio tramite l’assorbimen­to dei raggi solari. Il sistema immunitari­o è forticato dallo stare in mezzo alla natura anche da altri punti di vista: studi hanno dimostrato che le cellule natural killer (nk), che hanno un ruolo importante nel sistema immunitari­o, lavorano di più quando si sta in

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