Il diritto all’aborto ignora le evidenze della scienza
L’aborto è soppressione di una vita in condizione e fase prenatale. Una vita individuale umana, con una sua distinta identità, che ha avuto inizio con il concepimento, ovvero la singamia: l’unione dei due gameti, del padre e dalla madre, dalla cui fusione è generato un individuo, con una singolarità genomica totalmente altra dal padre e alla madre. [...]
È un’evidenza scientifica, fatta valere dalle scienze biogenetiche, per le quali fin dal concepimento siamo in presenza di un essere umano con un genotipo (patrimonio genetico) suo proprio. Esse si esprimono affermando che, dalla fusione dei gameti, ha origine un individuo appartenente alla specie homo sapiens: un individuo umano, dunque, un «io» nella unicità del suo essere e potenzialità delle sue facoltà, il quale – posto nelle condizioni di sviluppo – esprimerà sé stesso lungo le progressive età della vita. Il solo fatto di esistere implica che siamo stati embrioni e feti, le prime due fasi dell’unico e invariabile decorso vitale. Non variato neppure dalla nascita, con cui si acquista la personalità giuridica non l’identità umana, acquisita con il concepimento. Facendo ciascuno a ritroso il cammino della vita, perviene al suo stadio iniziale, che gli fa riconoscere e dire: quella piccolissima cellula, quel minuscolo esserino, che mia madre ebbe cura di custodire e non abortire, «ero io». Propriamente parlando, non esiste l’embrione, non esiste il feto: esiste qualcuno allo stato embrionale, qualcuno allo stato fetale.
[20 marzo 2024]