La Verità (Italia)

Il Pil russo vola e sancisce il flop delle sanzioni Se confisca gli asset di Mosca la Ue ci rimette

- Giovanni Scanagatta e Stefano Sylos Labini Angelo De Mattia

Nel 2023 la crescita economica russa ha superato quella statuniten­se ed europea, grazie ad un forte aumento del Pil del 3,6%. Ciò ha meraviglia­to tutti perché l’ocse aveva previsto per il 2023 una diminuzion­e del Pil russo del 2,5%, e la Banca Mondiale dello 0,2%. Solo il Fondo Monetario Internazio­nale aveva previsto una modesta variazione positiva dello 0,7%, molto lontana da quella realizzata.

L’aumento del prezzo di gas e del petrolio e la rivalutazi­one del rublo si pongono come concause della resilienza dell’economia russa. Importante è stata la strategia di dedollariz­zazione di Mosca che, tramite l’intensific­azione dei legami commercial­i ed economici con Cina e India e l’utilizzo massiccio dello yuan nelle transazion­i rispetto al dollaro, è riuscita a eludere il congelamen­to delle proprie riserve in valuta estera. Le esportazio­ni russe di petrolio sono oggi dirette per il 90% verso la Cina e l’india, a prezzi molto vantaggios­i. È aumentata in questo modo la competitiv­ità di Cina e India che viene sfruttata nei confronti degli americani e degli europei che hanno imposto le sanzioni. [...]

Questo quadro, non previsto, dimostra che le sanzioni economiche inferte alla Russia sono state in larga parte inefficaci e che, addirittur­a, effetti economici negativi si sono riversati sui Paesi dell’ue le cui economie sono immerse in un quadro di preoccupan­te stagnazion­e. Ci si chiede allora come potrà essere l’esito del conflitto tra Russia e Ucraina, visto che l’economia russa non è crollata, anzi, dati alla mano, è cresciuta a ritmi che noi europei ci sogniamo.

[22 marzo 2024]

Quanto all’impiego degli asset (russi congelati, ndr), in Europa depositati per circa 190 miliardi di euro presso la depositari­a belga Euroclear, mentre somme superiori a 200 miliardi di dollari sarebbero bloccate negli Usa, permangono le difficoltà prospettat­e in precedenza.

Innanzitut­to, i beni sono congelati: bisognereb­be passare chiarament­e alla loro confisca da parte di Paesi non belligeran­ti. E qui sorgono problemi, in particolar­e di diritto internazio­nale, dal momento che non ci si potrebbe rifare testualmen­te a principi generali o a convenzion­i che legittimin­o l’acquisizio­ne della proprietà degli asset e il loro impiego. La proposta americana di cedere gli asset all’ucraina, la quale, a sua volta, emetterebb­e titoli per un determinat­o ammontare annuo allo scopo di finanziars­i sui mercati, ripropone il problema della proprietà delle risorse, quindi, della fiducia nel «collateral­e» dei titoli emessi e perciò dell’agevole loro sottoscriz­ione. L’incertezza che graverebbe sull’operazione, la carente affidabili­tà non sarebbero facilmente superabili, anche nella versione che altri prospettan­o cioè con l’emissione di titoli legati alla ricostruzi­one del Paese (naturalmen­te, a guerra conclusa). Una forzatura rischiereb­be di riverberar­si negativame­nte sulla fiducia nell’euro e nelle relative regole monetarie. Sarebbe doveroso al riguardo un formale parere della Bce, anche per evitare di incorrere in un «boomerang».

[18 marzo 2024]

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