Il trucco degli inglesi per i baby trans A 17 anni «curati» come maggiorenni
Due madri denunciano il Servizio sanitario britannico perché temono che porti le figlie minori in strutture per il cambio di sesso dedicate agli adulti. «I vulnerabili trattati per disforia senza indagini psicologiche»
Il Servizio sanitario inglese trascinato in tribunale perché avvierebbe al «cambio di sesso» giovani di 17 anni come fossero già adulti, incurante delle cautele dovute ai minorenni, tanto più se soggetti a disagi mentali. È quanto succede a seguito dell’iniziativa di due madri le quali, appunto, hanno querelato il Nhs acronimo di National health service - preoccupate per le sorti delle loro ragazze; le due infatti, hanno entrambe figlie adolescenti, dichiarate «vulnerabili», interessate a un intervento chirurgico per il «cambio di sesso», e temono che già al compimento del diciassettesimo anno, in barba ai protocolli, costoro possano essere indirizzate alle cliniche per adulti e, quindi, essere avviate a procedure chirurgiche e farmacologiche senza tanti complimenti.
Del resto, a suffragio di questo scenario le donne hanno sottoposto all’alta Corte un dato eloquente, e cioè che già nel 2019 i diciassettenni rappresentavano il 18% delle persone in cura presso le cliniche di genere per adulti, risultando addirittura il gruppo per età più numeroso. La chiusura, a seguito dei noti scandali, del centro Tavistock ha poi fatto sì che ora tutti i minori interessati al «cambio di sesso» siano seguiti da altre strutture che hanno pazienti anche adulti; il punto è che il servizio sanitario dovrebbe osservare delle precauzioni che esso stesso si è dato, soprattutto in certi casi. Lo scorso giugno, infatti, l’nhs ha pubblicato delle nuove linee guida per i servizi di genere in cui riconosce che «esiste una maggiore prevalenza di disturbi dello sviluppo neurologico» tra le migliaia di giovani in attesa di «cambio di sesso»; conseguentemente, i medici britannici sono ora chiamati a effettuare una valutazione psicologica dei pazienti di età pari o inferiore ai 18 anni, proprio per capire se il loro autismo - o altre condizioni come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) - possano essere alla base della loro richiesta di transizione di genere.
Il fatto è che simili, preventive cautele non valgono per i pazienti adulti, e vi sarebbero diciassettenni trattate come maggiorenni. Di qui l’azione legale delle due madri, preoccupate all’idea che alle loro figlie venga concesso di prendere «decisioni che cambiano la vita» senza un’adeguata valutazione di come le loro condizioni mentali stiano influenzando o abbiano influenzato il desiderio di transizione. Una di queste due madri, Anna Castle, ha denunciato come «tutti questi bambini, tutte queste persone vulnerabili, appena dicono di pensare di essere del sesso opposto trovano istituzioni e organizzazioni pronte a dire che hanno una disforia di genere» senza «garanzie e indagini preliminari per capire se» procedere con l’iter di transizione sia «effettivamente necessario o meno».
Suffraga queste parole una testimonianza - anch’essa ora nelle mani dei giudici e vista dal Telegraph - resa dal dottor Karl Neff, endocrinologo a capo del National gender service irlandese, secondo cui esiste «una grande discrepanza» tra come l’nhs segue i pazienti adulti e i protocolli della sua clinica dato che in materia di «cambio di sesso» in Inghilterra, come detto poc’anzi, non esiste «una valutazione specialistica obbligatoria della salute mentale». Nella sua dichiarazione, Neff ha sottolineato anche come su questi versanti la prudenza non sia mai troppa perché «la pratica clinica nell’assistenza sanitaria legata al genere appare controversa» perché, così com’è, «la base di prove è scarsa e spesso compromessa per gravi pregiudizi». Staremo a vedere quale decisione prenderà l’alta Corte.
Intanto, un portavoce del Sistema sanitario inglese, quasi ammettendo l’esistenza di criticità nella prassi attuale, ha fatto sapere che quest’anno avrà luogo una nuova revisione delle linee guida dei «servizi di genere per adulti, che includerà un ampio processo di coinvolgimento e consultazione pubblici». Non va tuttavia dimenticato quanto La Verità ha già rilevato sull’atteggiamento della Sanità inglese, che se da un lato da aprile stopperà la somministrazione di bloccanti della pubertà ai minori interessati alla transizione di genere, dall’altro nelle sue ultime linee guida ha dato il nullaosta ai trattamenti con estrogeni o testosterone - i cosiddetti ormoni per l’affermazione di genere - per i giovani dai 16 anni in su.
Dopo il già citato scandalo della Tavistock, la clinica dove venivano trattati persino bimbi di 3-4 anni, e nonostante il dietrofront sui blocker, il Regno Unito non ha insomma del tutto abbandonato la strada del transgenderismo tra i giovani. Al punto, quando capita, da trattare chi ha ancora 17 anni e un disagio mentale come un adulto perfettamente sano. Nell’ottica arcobaleno, per il «cambio di sesso» non è mai troppo presto.