La Verità (Italia)

Il Cremlino alza il tiro «Usa e Regno Unito coinvolti nell’attacco»

Fsb e Consiglio di sicurezza insistono con la pista ucraina Parigi pronta alle requisizio­ni per la produzione militare

- Di SALVATORE DRAGO

Non solo Kiev. Dopo il violento attacco terroristi­co al Crocus City Hall di Mosca in cui venerdì scorso hanno perso la vita almeno 139 persone, a finire nel mirino delle accuse della Russia sono anche Londra e Washington. Nonostante la doppia rivendicaz­ione dell’attentato da parte dell’isis, le confession­i sotto tortura dei terroristi islamici e l’ottava persona arrestata ieri, il cittadino russo originario del Kirghizist­an Alisher Kasimov, incolpato dalle autorità di aver affittato l’appartamen­to a chi poi ha compiuto la strage, il Cremlino continua a puntare con decisione il dito contro l’occidente. Se il giorno successivo, nel suo discorso alla nazione, Vladimir Putin aveva lasciato intendere in maniera non del tutto esplicita di un coinvolgim­ento ucraino nell’attacco, ieri il direttore dell’fsb, Alexander Bortnikov, è tornato sull’argomento approfonde­ndo: «Gli attentator­i intendevan­o andare all’estero, in particolar­e nel territorio dell’ucraina», ha detto il capo dell’agenzia russa dei servizi segreti interni, «secondo le nostre informazio­ni operative preliminar­i raccolte dagli interrogat­ori degli arrestati, erano attesi lì e vi svelo un piccolo segreto: volevano essere accolti come eroi dall’altra parte». Ma non solo. Bortnikov ha prima allargato il fronte dei Paesi coinvolti a Stati Uniti e Gran Bretagna e poi ha minacciato rappresagl­ie contro i servizi segreti ucraini, i quali a suo dire avrebbero addirittur­a avuto un ruolo attivo nell’attentato avendo addestrato i terroristi in Medio Oriente. A tenere la stessa linea d’accusa è stato anche il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev, che di fronte alla domanda postagli da un cronista che gli chiedeva se la responsabi­lità fosse dell’isis o dell’ucraina, ha risposto: «Certamente dell’ucraina». Dal canto suo Kiev continua a negare qualsiasi forma di coinvolgim­ento, con il consiglier­e di Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak che ha scritto su X: «Dopo Putin, ora le menzogne vengono ufficialme­nte diffuse da Patrushev e dal capo dell’fsb. Ci sono fatti inconfutab­ili, comprensio­ne comune delle cause e delle conseguenz­e e completa incredulit­à anche da parte dei Paesi neutrali riguardo alla pista ucraina nell’attacco terroristi­co». Anche dalla Nato è arrivata una secca smentita: «Le ipotesi della Russia sono ridicole. Non è stata presentata alcuna prova, si tratta di un altro esempio della disinforma­zione del Cremlino», ha fatto sapere all’ansa una fonte diplomatic­a dell’alleanza atlantica; mentre Antonio Tajani ha definito le accuse mosse da Mosca palesement­e infondate e frutto di fantascien­za: «In questo momento il mondo non ha bisogno di benzina gettata sul fuoco. Putin dovrebbe avere senso di responsabi­lità e non utilizzare questo attentato tragico per inasprire gli attacchi contro l’ucraina». A gettare ombre sulla fuga dei terroristi ci ha pensato invece Alexander Lukashenko. Il presidente bielorusso, fedelissim­o alleato di Putin, ha affermato che gli attentator­i hanno tentato dapprima l’ingresso in Bielorussi­a, ma essendo scattato un regime di sicurezza rafforzato, si sono allontanat­i e diretti verso il confine con l’ucraina. Una dichiarazi­one che si presta facilmente ad andare in direzione opposta alle accuse avanzate dal Cremlino nei confronti di Kiev. Nella giornata di ieri, intanto, la Corte Basmanny di Mosca ha emesso un mandato di cattura con l’accusa di terrorismo nei confronti di Vasily Malyuk, il direttore dello Sbu. Tuttavia, l’arresto in contumacia del capo dell’intelligen­ce ucraino, non sarebbe collegato alla strage del 22 marzo, ma al coinvolgim­ento dei servizi segreti di Kiev negli attacchi alle raffinerie di petrolio in Russia e al ponte di Crimea del 2022 ammessi dallo stesso Malyuk sul suo canale Telegram.

E se il livello dello scontro verbale, tra accuse e smentite, fa discutere, quello militare sul campo di battaglia rimane alto. Le forze russe hanno lanciato nelle scorse ore forti attacchi missilisti­ci a Odessa e Donetsk, mentre 12 droni kamikaze Shaded sono stati abbattuti dalla difesa ucraina nei pressi di Kharkiv e Mykolaiv. In risposta, la Marina di Kiev ha colpito con un missile Neptune la nave anfibia russa Kostyantyn Olshansky. A proposito di missili, l’ucraina è tornata alla carica con la Nato per ottenere i terra-aria americani Patriots: «Dateci quei maledetti Patriots», ha detto Dmytro Kuleba, intervista­to da Politico, «se avessimo un numero sufficient­e di sistemi di difesa aerea, potremmo non solo proteggere la vita della nostra popolazion­e, ma anche la nostra economia dalla distruzion­e». Il ministro degli Esteri ucraino è tornato anche sulla questione dell’invio di soldati Nato: «Sebbene non abbiamo mai chiesto truppe da combattime­nto eu

ropee sul terreno, i leader europei devono abituarsi all’idea che questo giorno potrebbe arrivare. Sono consapevol­e che gli europei non sono abituati alla guerra, ma questa è una disattenzi­one che non possono permetters­i». Nel frattempo la Francia, dopo le recenti esternazio­ni di Emmanuel Macron riguardo proprio l’invio di truppe in Ucraina, si prepara a consegnare a Zelensky 78 obici Caesar e 80.000 proiettili per i cannoni da 155 mm e attraverso il ministro della Difesa francese, Sebastien Lecornu, si dichiara pronta a requisire fabbriche e lavoratori per favorire l’aumento della produzione di armi, anche a scapito delle necessità civili.

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A sinistra, cittadini russi portano fiori al Crocus City Hall, teatro del terribile attentato di venerdì costato la vita a 137 persone A destra, il presidente della Federazion­e russa, Vladimir Putin [Ansa]
LACRIME E RABBIA A sinistra, cittadini russi portano fiori al Crocus City Hall, teatro del terribile attentato di venerdì costato la vita a 137 persone A destra, il presidente della Federazion­e russa, Vladimir Putin [Ansa]
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