La Verità (Italia)

Confiscare asset russi? Un suicidio

Dare a Kiev i beni della Banca centrale di Putin detenuti a Bruxelles è pericoloso, perché espone a ritorsioni uguali e contrarie. Ecco perché l’ue abbaia ma non morde

- Di GIUSEPPE LITURRI

Il Consiglio europeo di giovedì e venerdì scorso è terminato con l’ennesima fumata nera a proposito della paventata decisione di appropriar­si delle attività finanziari­e della Banca centrale russa detenute all’estero. Solo in Europa circa 190 miliardi presso il depositari­o centrale belga Euroclear. Nonostante i pomposi proclami che nei giorni precedenti il vertice erano stati diffusi dall’alto rappresent­ante per la politica estera, Josep Borrell, si è deciso di non decidere.

Eppure Borrell aveva saggiament­e puntato all’obiettivo minimo e cioè almeno riuscire a confiscare i soli proventi che stanno maturando sugli asset russi e aveva fatto trapelare sui media internazio­nali che sperava in un via libera dei capi di Stato e di governo. Puntava a circa 3 miliardi all’anno, somma trascurabi­le, considerat­e le decine di miliardi necessarie per sostenere lo sforzo bellico dell’ucraina e, ancor più, le centinaia di miliardi necessarie

per la ricostruzi­one. Ma non è stato possibile addivenire a una decisione che avrebbe richiesto l’unanimità dei 27.

La formula del comunicato finale, dove le parole sono pietre, recita che «il Consiglio europeo ha esaminato i progressi compiuti in relazione ai prossimi passi concreti volti a destinare a beneficio dell’ucraina, compresa la possibilit­à di finanziare il sostegno militare, le entrate straordina­rie derivanti dai beni russi bloccati. Invita il Consiglio a portare avanti i lavori sulle recenti proposte dell’alto rappresent­ante e della Commission­e». Ma sembrano davvero modesti progressi rispetto a quanto scritto ben 5 mesi fa, quando, il 26 ottobre 2023, lo stesso Consiglio ha concluso che «sono necessari progressi decisivi, in coordiname­nto con i partner, sulle modalità con cui le eventuali entrate straordina­rie detenute da entità private derivanti direttamen­te dai beni bloccati della Russia potrebbero essere destinate al sostegno dell’ucraina e della sua ripresa e ricostruzi­one […] Il Consiglio europeo invita l’alto rappresent­ante e la Commission­e ad accelerare i lavori al fine di presentare proposte». Le proposte sono arrivate sul tavolo, ma evidenteme­nte 5 mesi di «accelerazi­one» non sono stati sufficient­i per una decisione, nonostante in mezzo ci siano stati altri due Consigli interlocut­ori di dicembre e gennaio. Consideran­do che la decisione di sequestrar­e le riserve detenute dalla Banca centrale russa nella Ue risale al quarto pacchetto di sanzioni varato il 9 marzo 2022, lo stallo appare evidente e fonda su due fattori. Il primo è quello giuridico, perché gli Stati e le rispettive banche centrali (che vengono considerat­e organi dello Stato) godono di immunità. Il secondo è quello delle ritorsioni, sotto il duplice aspetto della minaccia al ruolo dell’euro come moneta di riserva internazio­nale e dell’eventualit­à che le autorità russe sequestrin­o e poi confischin­o attività finanziari­e e industrial­i facenti capo a entità Ue. Si pensi alle decine di miliardi di obbligazio­ni russe in mano a investitor­i occidental­i, i quali potrebbero restare con un mucchio di mosche in mano. Oppure alla crisi di fiducia di cui potrebbe soffrire l’euro se i grandi investitor­i internazio­nali (Cina in primis, con il problema Taiwan) temessero di non poter liberament­e disporre dei propri asset.

Dai numerosi approfondi­menti di natura giuridica e fi

nanziaria che abbiamo consultato emergono poche certezze e molti dubbi. Infatti è certo che quei beni si possono sequestrar­e ma gode di scarso credito la tesi che si possano confiscare, cioè sottrarre a titolo definitivo ai russi. In particolar­e, secondo alcuni esperti, l’ipotesi estrema della confisca potrebbe essere ammissibil­e sotto due condizioni: la proporzion­alità e la reversibil­ità. Sul primo, considerat­i i danni subiti dall’ucraina dal febbraio 2022, ci potrebbe anche essere consenso. Ma spendere i fondi confiscati a favore dell’ucraina significa rendere irreversib­ile la decisione, che invece deve essere temporanea, fino a quando Mosca non decida porre fine alla violazione del diritto internazio­nale. Ma non basta. La Ue non ha titolo giuridico per la confisca, che invece deve essere eseguita dai singoli Stati presso cui sono depositate le riserve (Belgio, nello specifico) e, per far ciò, devono dotarsi di norme specifiche che attualment­e non esistono. Né vale la regola

«a brigante, brigante e mezzo», come autorevolm­ente sostenuto da John Nugée, ex alto funzionari­o della Banca d’inghilterr­a, sul think tank Omfif.org. La violazione del diritto internazio­nale non autorizza ad un’altra violazione per reazione. Il Medioevo è un tempo ormai lontano, ha concluso Nugée. Di tutt’altro parere è il governator­e della banca centrale di Lettonia, Martins Kazak, che su Politico.eu ha dichiarato che la confisca degli asset è rischiosa, ma è senz’altro meno rischiosa degli effetti che una vittoria della Russia comportere­bbe per la stabilità finanziari­a dell’euro.

In pochi fanno i conti con un dato oggettivo: com’è possibile disconnett­ere completame­nte dall’economia globale un Paese che pesa per il 2,2% del commercio mondiale, e che rappresent­a, rispettiva­mente, il 12% e il 24% delle esportazio­ni mondiali di petrolio e gas, con un interscamb­io commercial­e di 196 miliardi con la Ue nel 2021?

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L’alto rappresent­ante Ue, lo spagnolo Josep Borrell [Ansa]
EUROCRATE L’alto rappresent­ante Ue, lo spagnolo Josep Borrell [Ansa]

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