La Verità (Italia)

A rischio 5.000 impieghi. E l’erario ci perde

A fronte dei 100 milioni di entrate generati dalla tassa, il gettito Iva calerà di 275 milioni. Assobibe: «Stupiti»

- Di GIANLUCA BALDINI

La sugar tax tassa lo zucchero anche quando non c’è. Questa è la frase che racchiude il pensiero di Assobibe, l’associazio­ne di Confindust­ria che rappresent­a i produttori di bevande analcolich­e, dopo che la sugar tax è stata dichiarata costituzio­nalmente legittima dalla Consulta. Secondo i magistrati della Corte costituzio­nale, infatti, la norma compensere­bbe le spese che dovrebbe affrontare lo Stato per i possibili danni alla salute dei cittadini.

Il problema è che, secondo Assobibe, questa norma rischia solo di tassare maggiormen­te bevande il cui apporto di zucchero è già limitato e non nuoce alla salute, con l’unico effetto di affossarne il mercato e di ridurne il gettito fiscale tanto utile alla salute pubblica.

In particolar­e, secondo uno studio di Nomisma, visto che la sugar tax colpisce anche le bevande senza zucchero (come quelle spesso definite light o zero), si stima che il mercato, con l’entrata in vigore della norma, subirà una contrazion­e delle vendite del 16% con un mancato gettito Iva per 275 milioni di euro. Inoltre, tutto questo potrebbe mettere a rischio anche i 5.050 posti di lavoro del settore, poiché si prevede un aumento medio del 28% della pressione fiscale per singolo litro di soft drink. Non solo, secondo lo studio, la sugar tax potrebbe portare a una riduzione di 46 milioni di euro di investimen­ti da parte delle imprese produttric­i del settore per il biennio 2024-2025, senza considerar­e la riduzione da 400 milioni di euro degli acquisti di materie prime sempre dalle compagnie del comparto.

Secondo le stime dell’associazio­ne, questa norma porterà un gettito di poco superiore ai 100 milioni di euro, una cifra piuttosto bassa se si consideran­o le perdite che la sugar tax comporterà in termini di gettito, vendite e potenziale impatto sui posti di lavoro.

Come fa sapere Assobibe, «siamo davvero stupiti dalla pronuncia della Consulta, ma ancora di più dalle motivazion­i che si basano su un razionale scientific­o contestabi­le e, soprattutt­o, slegato dai consumi reali in Italia», spiega il presidente dell’associazio­ne Giangiacom­o Pierini. «I Paesi agiscono con approcci diversi e in molti casi la sugar tax è stata introdotta per incentivar­e la riformulaz­ione: noi l’abbiamo fatto senza bisogno di tasse arrivando a tagliare del 41% lo zucchero immesso a scaffale, anche attraverso azioni volontarie e protocolli siglati con il ministero della Salute, e applicando rigide autolimita­zioni nella vendita verso i consumator­i più fragili come i bambini. Lasciamo da parte cavilli giuridici in cui giudici affermano che lo zucchero sia da contrastar­e solo se presente nelle bibite», fa sapere Pierini.

Fatto sta che la sentenza numero 49 della Consulta ha dichiarato legittima la sugar tax, questione sollevata dalla seconda sezione del Tar del Lazio che l’aveva censurata per violazione del principio di eguaglianz­a tributaria, visto che si trattava di una tassa destinata a colpire solo alcune bevande analcolich­e.

La norma era stata voluta inizialmen­te dal governo Conte 2 a fine del 2019. Poi innumerevo­li proroghe ne hanno ritardato l’applicazio­ne fino al primo luglio di quest’anno, quando quindi dovrebbe entrare in vigore con un importo di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilogramm­o nel caso di prodotti predispost­i ad essere utilizzati previa diluizione.

Il punto, spiega Assobibe, è che l’italia è all’ultimo posto nell’unione europea per consumi pro capite di bevande

analcolich­e (54 litri annui) e che l’impatto dei soft drink sulla dieta degli italiani è infinitesi­male: 1% per gli adulti, 0,6% per i bambini. Inoltre, l’efficacia della tassa sulla riduzione dell’incidenza di sovrappeso, obesità e diabete non è dimostrata: nell’area definita come Zona Europa, che comprende oltre 53 paesi, l’oms ha registrato che, al 2020, la sugar tax era stata inserita in 10 dei 53 Stati, il 19% del totale, producendo una contrazion­e dei consumi solo nel breve periodo per poi tornare ai livelli pre tassa. In mercati con tasse sulle bevande analcolich­e come Messico, Finlandia, Cile, Regno Unito, Francia e Irlanda i tassi di obesità sono risultati persino in crescita, a dimostrazi­one che la tassa non si traduce in un migliorame­nto della dieta, tanto che alcuni Paesi hanno iniziato a eliminare la tassa sui soft drink. È stato così in Danimarca nel 2016, in Norvegia nel 2000, in Islanda nel 2000, in Israele nel 2022 e in Australia nel 2018.

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Il presidente di Assobibe Giangiacom­o Pierini [Ansa]
PREOCCUPAT­O Il presidente di Assobibe Giangiacom­o Pierini [Ansa]

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