Trattori in piazza, Bruxelles cede ancora
Gli agricoltori bloccano il centro della capitale belga, dove si erano riuniti i ministri europei. Il vertice decide di modificare la Pac venendo incontro alle piccole aziende: un altro tassello del Green deal che salta, dopo lo stop alla legge sul ripristino della natura
Quando si dice un ambiente ostile. A Bruxelles si sfarina sotto i colpi della contestazione dei contadini il Green deal ormai ridotto a un ipotetico blocco dei motori endotermici al 2035 e alla gabella sulle case. Per gli italiani è in parte un successo anche ideale. Se Ursula von der Leyen avesse ascoltato una delle «prediche inutili» di Luigi Einaudi, il nostro primo presidente della Repubblica di cui si celebra il centocinquantenario, avrebbe saputo che bisogna conoscere, discutere e poi deliberare. Invece, affascinata da Greta Thunberg e messa sotto scacco da Frans Timmermans, primo «azionista» dei socialisti indispensabili per la maggioranza Ursula, la presidente della Commissione ha varato un Green deal insostenibile.
Ottenendo due risultati. Ha fatto diventare l’ambiente ostile all’europa e una consistente parte dell’europa ostile all’ambientalismo dogmatico. Ha puntato alla rinaturalizzazione, demonizzando ogni attività umana, travestendola da transizione che è cosa diversa: significa evoluzione. Ora che cerca voti per la riconferma - il Ppe è freddino su questa ipotesi - l’afflato verde sparisce anche se lei si ostina a ripetere che il Green deal va salvato. Ieri non la pensavano così le migliaia di agricoltori che sono arrivati a Bruxelles con 250 trattori e hanno preso d’assedio i palazzi della Commissione dove si stava svolgendo l’agrifish, la riunione dei ministri agricoli, che ha preso atto della necessità di cambiare la Pac. Sono state varate delle semplificazioni che interessano le piccole imprese: circa il 65% di quelle europee che però valgono il 10% della terra coltivabile. Segno evidente che la Pac è stata scritta sotto dettatura ideologica e non tenendo conto dei dati reali.
A Bruxelles la mobilitazione è stata indetta da Via Campesina, dai comitati francesi, belgi e olandesi che riuniscono i piccoli agricoltori, smentendo chi dice che la protesta dei trattori è solo nell’interesse degli allevamenti intensivi e dei latifondisti. Le modifiche alla Pac dicono l’esatto contrario: chi protesta è troppo piccolo per sopportare il peso della burocrazia e il costo dei divieti e i ministri dei 27 hanno esentato dagli obblighi chi ha meno di dieci ettari. Il ministro italiano Francesco Lollobrigida ha insistito anche per una moratoria fiscale.
Ieri a Bruxelles gli agricoltori hanno lanciato uova marce, patate, petardi contro i ministri, hanno circondato i palazzi dell’eurocrazia, hanno cercato con i trattori di forzare i blocchi della polizia che ha risposto con idranti e lacrimogeni e sbarrando la metropolitana agli accessi Maelbeek e Schuman. Gli agricoltori hanno incendiato copertoni e scaricato quintali di letame in tutto il centro di Bruxelles dove gli scontri sono proseguiti fino al tramonto. Il bilancio provvisorio è di tre feriti – tra questi un fotoreporter – e un arresto. Quella di ieri è stata la terza «presa» di Bruxelles da parte dei trattori dopo le manifestazioni del primo e del 26 febbraio. Le Soir, primo quotidiano belga, titolava: «Le proteste dei contadini fanno arretrare l’europa». In effetti quella dell’agrifish è una consistente marcia indietro. Vengono modificate le condizionalità (le regole da rispettare per accedere ai contributi agricoli). Viene concessa la facoltà ai diversi Stati di derogare alla rotazione dei terreni, alla copertura del suolo e al mantenimento del paesaggio, quello che la Ue vuole devastare con pannelli fotovoltaici e pale eoliche. David Clarinval, vice primo ministro belga che ha la presidenza di turno di Agrifish, prevede che nella tarda primavera queste misure siano ratificate.da parte italiana c’è una certa soddisfazione espressa dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Restano in piedi però molti vincoli del Farm to Fork anche se l’ideologismo verde ha subito una bruciante sconfitta. Il regolamento sul ripristino della natura non passa e se ne parlerà probabilmente nel prossimo Parlamento, dopo il 9 giugno quando si tengono le elezioni europee che sono un forte deterrente per le fughe in avanti ambientaliste. È successo che nell’incontro tra gli ambasciatori (servono per spianare la strada ai provvedimenti) sulla Nrl (nature restoration law) non si è raggiunta la maggioranza qualificata (55% dei Paesi e 65% dei cittadini) e dunque la legge non può andare all’approvazione. Contro si sono espresse oltre all’italia, che è la capofila del no, Olanda, Svezia, Polonia con l’aggiunta in zona Cesarini dell’ungheria e l’astensione di Finlandia, Belgio, Austria.
Nonostante un dirigibile che è stato fatto volare sopra Palazzo Chigi per chiedere il sì dell’italia la viceministra all’ambiente e Sicurezza, Vannia Gava, ha dichiarato che l’italia sostiene l’obiettivo di tutelare e riparare gli ecosistemi, ma non contro gli interessi europei, italiani e in particolare agricoli. La legge era già stata avversata da un’inedita alleanza tra popolari, conservatori, parte dei macroniani e Id il gruppo in cui c’è anche la Lega, che però è stata sconfitta nell’aula di Strasburgo a fine febbraio. Due giorni fa durante il Consiglio dei ministri per l’ambiente questa alleanza si è rafforzata e la legge è stata bloccata anche, o soprattutto, per gli impatti negativi che avrebbe sul settore agricolo e agroalimentare. Nonostante il Commissario all’ambiente Virginijus Sinkevicius ne solleciti ancora l’approvazione perché sostiene «ne va dell’interesse e del prestigio europei» con tutta probabilità il provvedimento sarà accantonato. Toccherà al nuovo Parlamento ricominciare da capo.