Rtl 102.5 seguirà il Giro d’italia raccontando tutti i dietro le quinte
Il Trofeo senza fine è apparso durante la radiovisione in diretta dagli studi di Roma
che vada riletta, spiegata, criticata, confutata. L’accettazione o il rifiuto si fermano a priori, usando alcune categorie pregiudiziali e il criterio di appartenenza: se quell’autore, prima ancora di quel libro, è così classificato allora c’è la notizia o la cancellazione; la marchetta o lo scritto autoreferenziale. Non c’è nemmeno la lettura per rendere un buon servizio al lettore, per consigliarlo, sconsigliarlo o suggerirgli di leggere in una chiave o tramite un confronto. Di un’opera non ne parla più nessuno, se è un autore a cui si deve dare evidenza, basta l’anticipazione, il brano tratto dalla sua opera, al massimo l’intervista. Del suo libro ne parla solo lui, assoluta autarchia, faidate, che sconfina nel solipsismo.
Eppure non era la preistoria quando si confrontavano tesi realmente diverse, si giudicavano autori e libri, si mettevano uno di fronte all’altro culture divergenti. Oggi non c’è varietà di culture né tantomeno antagonismo culturale, ma c’è una soglia invalicabile che delimita la cultura dal suo contrario. Inevitabilmente la qualità decade, al suo posto vige l’aderenza ai pregiudizi. Anzi, come per la cittadinanza in Cina, c’è una sorta di cittadinanza letteraria a punti, che stabilisce se sei un buon autore e se di te si deve parlare oppure no. Nemmeno la stroncatura, che un tempo fu pure un genere letterario, si usa più, anche perché presupponeva comunque l’attenzione critica a un autore e a un libro, e la lettura della sua opera, seppure per demolirla. Ora il disprezzo è a priori: non si chiama recensione ma anatema o, all’opposto, nullaosta, fino al peana. Nel merito non si discute più. Paradossalmente era più vivo il confronto quando erano radicali le contrapposizioni, quando c’erano perfino comunisti dichiarati e fascisti sottintesi, veri rivoluzionari e autentici reazionari, piuttosto che da quando tutti si dicono liberali.
Tutto questo cosa significa? Che è finita la civiltà letteraria, la circolazione delle idee, l’arduo confronto delle differenze. O si è corretti o si è scorretti, la differenza non ha più senso né valore, c’è una soglia di accettazione e rifiuto. E sul piano culturale, cosa produce? L’avvento delle monadi e degli sciami. Ovvero, da una parte ogni autore è ridotto a una monade, senza porte né finestre, avrebbe detto Leibniz, un’entità a sé stante, non comunicante, autoreferenziale, o se preferite un’espressione più colorita e pop: ognuno se la canta, se la suona e se la balla per conto suo. Gli autori, come le parallele, non s’incontrano mai, o s’incontrano
Ieri, alla presentazione del Giro d’italia alla Farnesina, il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha nominato il Giro d’italia «ambasciatore dello sport italiano nel mondo». Subito dopo, Roberto Salamini, Responsabile marketing e comunicazione di Rcs Sport, e Paolo Pacchioni, caporedattore di Rtl 102.5, hanno portato il Trofeo senza fine negli studi romani di Rtl 102.5. Una grande emozione. Unica. La prima radiovisione d’italia, è entertainment partner della centosettima edizione del Giro d’italia. «Il Giro d’italia non solo è una corsa all’infinito, cioè in un imprecisato altrove.
Dall’altra parte c’è lo sciame: è la consorteria ideologico-mafiosa, il salottino o il circoletto, dove vige la logica del branco, composto da mucche, vitelli e vaccarielli, ovvero da autori principali, aspiranti e affiliati. I giudizi sono automatici e preventivi, come i lasciapassare e gli interdetti.
Lo sciame è il surrogato dell’intellettuale organico di un tempo, che in quel tempo detestavamo ma che oggi quasi rimpiangiamo rispetto all’intellettuale monade e allo sciame. Non è più organico a un’idea o ideologia, a una casa-madre: per restare nella civiltà dei rifiuti, al posto dell’organico
Nel piattume di oggi i «pensatori» si dividono in monadi e in sciami
vige la raccolta differenziata degli intellettuali, ciascuno nel suo sacchetto e nel suo cassonetto.
Gli alibi per giustificare questa svolta sono ancora più assurdi.
Si dice, ad esempio, che i lettori diminuiscono, la cultura non porta lettori, dunque giornali e riviste devono adeguarsi, cambiare, inseguire ciclistica famosa in tutto il mondo ma anche una piattaforma di comunicazione multicanale che comprende
nuovi target: non si rendono conto che i lettori diminuiscono anche per questo. E più i giornali perdono le loro particolarità per farsi più simili ai social, alla tv o all’epoca, e più si rendono superflui, irrilevanti. Un giornale non può essere easy dalla prima all’ultima pagina, non dev’essere generalista in toto, ma televisione, radio, sito e social, presenti ovunque nel mondo e che riescono a raggiungere tutti e a rappresentare
è fatto mettendo insieme diverse nicchie, componendo diverse aree specifiche d’interesse. In un giornale ci dev’essere la parte più pop, più comune e ci dev’essere la parte che riguarda ambiti specifici. Io per esempio, e mi scuso con chi le fa, salto le pagine sportive; perché non accettare l’idea che qualcuno salti le bene le eccellenze italiane», ha commentato Roberto Salamini a W l’italia su Rtl 102.5 Da sempre attenta allo sport e alle sue emozioni, Rtl 102.5 si prepara a vivere un’esperienza entusiasmante insieme agli appassionati di ciclismo di tutto il Paese. In diretta su Rtl 102.5, Paolo Pacchioni, che seguirà ogni tappa del Giro, ha svelato: «Sarà un’occasione per fare un viaggio attraverso l’italia, per far conoscere le bellezze del nostro Paese. Vi mostreremo tutto ciò che in tv non si vede, il dietro le quinte, migliaia di persone che ogni giorno si spostano con la carovana del Giro d’italia».
pagine culturali o gli articoli troppo difficili? Un giornale deve comporre esigenze diverse; è un bazar di alta, media e bassa rappresentazione della realtà a più livelli. Si può e si deve essere pop per venti pagine, si può e si deve essere ricercati per due pagine. E in alcune pagine va affiancata la semplicità dei fatti narrati all’acume dei commenti. La pagina culturale diventa sempre più - non è il caso della Verità, va detto - una pagina d’informazione, promozione e celebrazione, dei propri autori, inserti e supplementi. E nomi, tesi, opere rigorosamente evitati, rifiutati a priori. Mai un faccia a faccia tra chi la pensa diversamente, mai due opposti pareri messi a confronto, come si faceva un tempo. Non vi sfiora il dubbio che questa sciatta e scontata uniformità fornisca alibi a chi diserta la lettura? La stessa cosa vale per la televisione e gli altri media.
Ma al di là della stampa e della fattura dei giornali, con le sue estensioni in video, è la civiltà letteraria che tramonta per assenza di confronti, paragoni, letture incrociate. Aprite la mente, ve ne prego, non barricatevi nei prefabbricati; lo dico a tutti, non a sinistra, a destra, a questi o a quelli. Invito unanime a riconoscere le differenze e a metterle in campo.